Cartellone a Banjaluka “Non voglio che mio figlio finisca sullo spiedo” firmato “una mamma pecora anonima”

Cartellone a Banjaluka “Non voglio che mio figlio finisca sullo spiedo” firmato “una mamma pecora anonima”

“VivaBiH” è la prima organizzazione che si batte per i diritti degli animali registrata in Bosnia Erzegovina. Dal 2016, attraverso progetti e campagne mediatiche, persegue la completa abolizione dei sistemi che sfruttano tutti gli animali, promuovendo il veganismo. Un’intervista

21/10/2021 -  Nicola Dotto

Ai lati delle principali arterie della Bosnia Erzegovina sono apparsi negli ultimi mesi degli enormi cartelloni pubblicitari con in primo piano un agnellino affianco alla sua mamma pecora, la quale sconsolata supplica: “Non voglio che mio figlio finisca sullo spiedo” (Ne želim da moja beba ide na ražanj), sottofirmato “una mamma pecora anonima” (anonimna majka ovca). La campagna, promossa da “VivaBiH” a difesa della vita degli animali, ha suscitato non poche polemiche specie nella comunità religiosa della Federazione che l’ha tacciata addirittura di “islamofobia”; di questo e di abitudini alimentari abbiamo parlato con i membri della stessa organizzazione.

Che cos’è il “veganismo” e quali sarebbero le ragioni per eliminare la carne dalla nostra dieta? Quanto è difficile essere vegani nella regione balcanica?

Il veganismo è uno stile di vita che esclude, quanto più possibile, lo sfruttamento degli animali. Le ragioni del veganismo sono tante, ma le principali sono da ricercare sicuramente nell’etica, nell’ambiente, nella salute e nella fame. Quello che noi, come organizzazione, ci sforziamo di fare è far vedere alla società queste ragioni attraverso i nostri progetti. Come esseri umani siamo diventati apatici e non pensiamo a ciò che ci viene servito su un piatto. Consciamente o inconsciamente però prendiamo decisioni ogni giorno e l’alimentazione è una delle nostre decisioni essenziali: è sano per noi e per il nostro ambiente? Abbiamo una scelta migliore?

Essere vegani nei Balcani è sicuramente possibile; l’offerta di ristoranti, caffè, pub e negozi è in aumento e oggi abbiamo molti sostituti della carne e dei latticini a prezzi accessibili. Solo quest’estate a Sarajevo sono stati aperti due nuovi locali esclusivamente vegani, il che dimostra che la domanda esiste e continuerà a crescere nel tempo man mano che sempre più persone diventeranno consapevoli delle conseguenze dell’utilizzo di prodotti animali.

Quali sono i falsi miti e forse i pregiudizi sulla dieta vegana? Cosa significa “carnismo”?

Ci sono molti pregiudizi e falsi miti sul veganismo. Quelli che incontriamo più spesso sono che nell’alimentazione dei vegani mancano le proteine, che noi mangiamo solo insalata, che la dieta vegana non è saziante o gustosa e che abbiamo sempre fame, che il cibo vegano è costoso quindi la maggior parte della popolazione non può permetterselo, che non è possibile essere vegani senza aggiungere vari integratori, che generalmente non siamo sani e che ci ammaleremo a causa del nostro modo di mangiare, ecc. Ce ne sono davvero tanti di pregiudizi nella nostra società ed è attraverso il nostro lavoro che cerchiamo di sfatarne molti. Inoltre, ci adoperiamo per far conoscere alle persone il termine “carnismo”.

Il carnismo è un sistema di credenze violento che si manifesta in una violenza cosciente e pianificata contro gli animali ed è, sfortunatamente, il sistema di credenze da cui è guidata la maggior parte della popolazione mondiale in modo per lo più completamente inconsapevole. Adottiamo infatti i principi del carnismo fin da piccoli e li diamo per scontati, senza pensarci, perché siamo convinti che altrimenti non si può e non è giusto. Il carnismo assume che il consumo di prodotti animali sia del tutto normale e che alcuni animali siano semplicemente destinati al cibo e che questo sia lo stato naturale della società. I prodotti che mangiamo oggi vengono preparati prima, quindi le persone non devono affrontare il processo che serve per ottenere quel cibo. Tuttavia, quando le persone vedono con i propri occhi l’uccisione degli animali e il modo in cui vengono prodotti la carne o i latticini non possono poi più mangiare quella cosa perché si scontrano con la brutalità dell’intero processo. Il carnismo ti impedisce di pensare e ti porta alla cosiddetta dissonanza cognitiva, per cui le persone semplicemente si rifiutano di accettare e di confrontarsi con le proprie azioni. Attraverso le nostre iniziative cerchiamo di liberare la nostra società da queste catene avvicinandola a uno stile di vita vegano che non prevede una colpa inconscia per le nostre scelte.

Il team di VivaBiH

The VivaBiH team

Come è nata l’idea della campagna “Anonimna majka”  e qual è il suo scopo?

Campagne pubblicitarie simili ad “Anonimna majka” si sono rivelate molto importanti e di successo, specialmente quella che abbiamo lanciato contro l’industria lattiero-casearia; abbiamo quindi ora deciso di lanciarne un’altra che renda finalmente consapevoli le persone sul numero di animali che vengono uccisi per finire a girare sullo spiedo nelle nostre feste e su quanto gli stessi provino dolore e soffrano per la loro prole.

Specificatamente ci siamo concentrati sul ruolo della madre perché crediamo che la maggior parte della società non sia consapevole del fatto che l’agnello è davvero il figlio di qualcuno e ha una madre che se ne prende cura, da cui viene brutalmente allontanato per essere ucciso e finire in un banchetto per farci mangiare e divertire. La campagna specifica consiste in una serie di immagini che mostrano le vittime dell’azione umana, in particolare le madri degli animali. Con questa iniziativa, che continueremo nel prossimo periodo, vogliamo incoraggiare le persone a pensare e dimostrare loro quanto sia brutale e disumano il trattamento che riserviamo agli animali.

Quali sono state le reazioni nell’opinione pubblica? È vero che avete ricevuto anche messaggi pieni di odio e qualcuno vi ha accusato di “islamofobia”?

La campagna “Anonimna majka” è stata lanciata il 7 luglio in tutta la Bosnia Erzegovina, molto prima quindi della festa del “ʿīd al-aḍḥā” (festa dello sgozzamento), e il suo obiettivo non era in alcun modo legato a questa festa religiosa musulmana. Le reazioni alla campagna sono state diverse e abbiamo ricevuto un numero uguale di commenti positivi e negativi. Tuttavia, i commenti negativi sono sempre i più letti e hanno prevalso sui social. Particolarmente popolare è stata la dichiarazione dell’imam di Sarajevo, Muhamed ef. Velić , che ci ha accusato di attaccare i sentimenti dei musulmani.

Riteniamo però che la campagna sia stata irragionevolmente associata a questa festa. Né sui cartelloni pubblicitari, né in alcun testo sul nostro sito e sui social network, abbiamo guardato in modo negativo a nessuna religione, né è mai stato il nostro obiettivo. Siamo molto dispiaciuti di essere accusati di islamofobia perché cerchiamo di essere molto diretti e siamo chiaramente contrari a qualsiasi tipo di discriminazione, inclusa l’islamofobia.

Si può allora affermare che il veganismo è in accordo con la religione, in questo caso l’Islam?

Sì, il veganismo non si oppone a nessuna religione, poiché nessuna religione ordina che la carne deve essere mangiata. Ogni religione impone che dobbiamo proteggere la nostra salute, così come la salute della Terra, quindi, tenendo presente che il veganismo è il miglior modo individuale per proteggere la salute di noi stessi e del nostro pianeta, possiamo concludere che come tale è in accordo con la religione.

Abbiamo affrontato brevemente il tema in una tavola rotonda in cui abbiamo discusso del veganismo nelle religioni monoteistiche e abbiamo anche toccato il tema del sacrificio degli animali in nome dell’Islam. L’Islam ordina sì un sacrificio, tuttavia, non è detto che questo sacrificio debba essere per forza un animale. Il sacrificio deve essere una rinuncia a qualcosa di prezioso e caro o a cui è difficile rinunciare (vizi o cose del genere). Pertanto, invece del sacrificio di un animale, il “ʿīd al-aḍḥā” può prevedere anche una donazione in denaro alle mense sociali, ai malati, alle persone in difficoltà, ecc.

Novak Đoković ha certamente contribuito molto a rendere il veganismo più visibile nella regione balcanica; esiste un personaggio del genere in Bosnia? Che ruolo ha la scuola e l’educazione in tutto questo?

Se pensiamo a personaggi di fama mondiale, in Bosnia non abbiamo nessuno come Novak Đoković; lui però è molto conosciuto anche nel nostro paese ed è un ospite frequente qui. La maggior parte delle persone sa che è vegano e noi lo consideriamo una personalità molto importante soprattutto perché sfata il pregiudizio che i vegani non possono essere atleti dato che non assumono abbastanza nutrienti.

Naturalmente crediamo che la scuola sia un luogo molto importante per l’educazione alimentare, e pensiamo che l’introduzione di una sana dieta vegana sia fondamentale, soprattutto quando si parla di scuola elementare. È importante che i bambini sappiano come mangiare correttamente. Al momento non abbiamo avviato alcun tipo di collaborazione con le scuole, anche se l’anno prossimo inizieremo con dei laboratori dove si discuterà dell’importanza di una dieta vegana. Una delle nostre partner, Danira Šabić (Danni's Little Kitchen), sta seguendo dei laboratori con i bambini nelle scuole materne in cui insegna loro come preparare facilmente un pasto vegano; sembra abbiano molto successo e i bambini ne sono felicissimi. Riteniamo che sia molto importante organizzare tali progetti e speriamo di averne ancora di più in futuro.

Durante la pandemia abbiamo organizzato molte tavole rotonde e workshop online che si sono rivelati molto efficaci nel sensibilizzare l’interesse per il veganismo tra le persone, e cerchiamo sempre di avere un programma educativo di qualità nonché di rispondere a tutte le domande che ci fanno i nostri amici. Tra i progetti più grandi ci sono le ricerche che conduciamo relative alle abitudini alimentari dei cittadini del nostro paese, dopo le quali prevediamo che il numero di vegani aumenti, e le campagne istituzionali a cui stiamo lavorando in collaborazione con dei ristoranti al fine di introdurre più opzioni alimentari in ristoranti, caffè e pub e contribuire così allo sviluppo del veganismo in Bosnia Erzegovina e oltre.


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