Organi di informazione sul libro paga dei ministeri e sfiducia da parte dei cittadini nei media del paese concorrono a fare della Bulgaria un simbolo del peggioramento della libertà d'espressione in Europa
(Originariamente pubblicato da Mediapol, media partner del progetto ECPMF)
La presenza crescente di propaganda politica e corporativa nei media della Bulgaria è la spia più evidente della trasformazione in corso negli assetti della proprietà dei media nel paese.
Sul mercato si osserva l'aumento dei cosiddetti “quasi-media”, agenti di propaganda e pubblicazioni pro-governative che portano avanti campagne di diffamazione contro politici, giornalisti e testate che “non seguono la linea ufficiale”.
Sono queste le conclusioni principali sullo stato dei media in Bulgaria nel rapporto annuale 2016 del Dipartimento di Stato USA sullo stato dei diritti umani, pubblicato nelle scorse settimane.
I ministeri possono “mettere sul libro paga” i media
Nel rapporto viene citato l'indice sulla sostenibilità dei media redatto annualmente da IREX (International Research and Exchanges Board), secondo il quale in Bulgaria si continuano a registrare seri problemi legati alla proprietà dei media.
“L'aspetto più preoccupante è che la pressione corporativa e politica, parallelamente alla mancanza di trasparenza e alla crescente concentrazione della proprietà dei media e della distribuzione, così come il controllo governativo sulla ripartizione delle risorse e sul supporto economico agli editori, contribuiscono seriamente a limitare il pluralismo dell'informazione nel paese”, si legge nel rapporto del Dipartimento di Stato.
Nello stesso, si cita uno studio dell'Associazione dei giornalisti europi (AEJ-Bulgaria) secondo cui la “cultura della pressione ai danni di giornalisti” limita in modo strutturale la libertà di espressione nel paese. Il 72% dei giornalisti intervistati sono stati testimoni di pressioni su colleghi, e il 67% riconosce che i politici interferiscono pesantemente nel loro lavoro. Nel 2016, l'AEJ ha denunciato che le istituzioni pubbliche possono “mettere a libro paga” i mezzi di informazione e influire sui contenuti editoriali grazie a norme e regolamenti che permettono l'allocazione diretta di risorse pubbliche per acquistare visibilità su pubblicazioni cartacee ed elettroniche, senza bisogno di gare d'appalto.
Nel rapporto del Dipartimento di Stato vengono citati alcuni casi particolarmente scottanti: la pressione esercitata attraverso multe e sanzioni da parte dell'ex direzione della Commissione per il controllo finanziario (KFN) nella persona di Stoyan Mavrodiev nei confronti del gruppo editoriale “Ikonomedia”, che pubblica i quotidiani “Dnevnik” e “Kapital”, il caso del giornalista Stoyan Trenchev, picchiato nella cittadina di Pomorie, la lettera dell'ex ministro della Cultura Vezhdi Rashidov contro il giornalista della tv pubblica BNT Georgi Angelov, il licenziamento da “Nova Televiziya” del caricaturista Chavdar Nikolov, la causa intentata dalla “InvestBank” contro il reporter Ivan Bakalov e numerosi altri episodi simili.
Bulgaria, “simbolo del peggioramento della libertà di espressione”
Su trasparenza e regolamenti che riguardano la proprietà dei media a livello europeo, nel 2013 fece molto parlare della cosiddetta “Iniziativa europea sui media”, che sperava di raccogliere un milione di firme a livello UE.
Obiettivo dell'iniziativa era utilizzare la possibilità, prevista dai Trattati di Lisbona, di far approdare di fronte alla Commissione europea una proposta legislativa, grazie al supporto di almeno un milione di cittadini europei provenienti da almeno sette paesi Ue diversi.
Nel 2014 però la campagna si è chiusa senza successo, dopo aver raccolto soltanto 204.812 firme. I promotori dell'iniziativa, l'associazione “European Alternatives” pose però in evidenza che in Bulgaria, “paese simbolo del peggioramento della libertà di espressione”, le firme raccolte erano state moltissime, ben al di sopra delle aspettative.
I bulgari non hanno fiducia nei propri media
Recentemente anche l'organizzazione internazionale “Reporter senza frontiere” (RSF) ha pubblicato un ampio approfondimento nel quale vengono criticate “le serie limitazioni alla libertà di stampa in Bulgaria”.
La maggioranza dei media bulgari sono nelle mani di una cerchia ristretta di imprenditori, che in stretta collaborazione con esponenti politici dettano la linea editoriale delle testate, si legge nella pubblicazione. Secondo “Reporter senza frontiere”, il governo compra la fedeltà dei media attraverso sussidi alla stampa, soprattutto grazie ai fondi europei. A causa di questi problemi, negli ultimi anni la Bulgaria è crollata dal 35simo al 113simo posto nella classifica della libertà di stampa redatta dall'organizzazione, e nonostante la sua membership piena nell'UE resta dietro a paesi come Ucraina, Kosovo e Uganda.
“Un segnale preoccupante è il fatto che oggi solo un cittadino bulgaro su otto dichiara di avere fiducia nei media. L'UE deve insistere - in modo molto più deciso di quanto non abbia fatto finora - affinché l'esecutivo di Sofia distribuisca i contributi finanziari che arrivano da Bruxelles in modo davvero trasparente. Il governo dovrebbe rispettare i principi dell'Ue in termini di pluralismo e libertà professionale e indipendenza dei giornalisti”, sostiene il direttore di “Reporter senza frontiere” Cristian Mihr.
I giornalisti in Bulgaria sono spesso soggetti a limitazioni nel proprio lavoro come risultato delle forti pressioni politiche ed economiche. La stessa sopravvivenza di molti media dipende dalle entrate pubbliche, attraverso cui l'esecutivo influenza la linea editoriale e premia i “media amici”, sostiene RSF. Una parte importate di tali risorse economiche arriva proprio dai fondi Ue, come recentemente ha dimostrato in modo convincente l'Organizzazione dei media per l'Europa Sud-orientale (SEEMO). Secondo l'organizzazione, tra il 2007 e il 2012 in Bulgaria sono stati distribuiti 3,6 milioni di euro a testate giornalistiche in modo tutt'altro che trasparente, con una netta predilezione accordata a quotidiani, radio e tv filo-governativi.
Un'inchiesta giornalistica del giornalista di Dnevnik, Spas Spasov, ha mostrato come nel giro di due anni in dieci municipalità sono stati distribuiti altri 1,4 milioni di euro in fondi europei con cui le amministrazioni si sono assicurate un atteggiamento “comprensivo” da parte dei media locali.
Un pugno di imprenditori controllano la maggior parte dei media in Bulgaria, e li utilizzano per perseguire i propri fini, soprattutto economici. I problemi con la rete di intrecci, dipendenze e mancanza di trasparenza trovano la loro espressione più riconoscibile nel caso di Delyan Peevski, l'editore più influente del paese. La sua “Nova Balgarska Mediyna Grupa” (Nuovo gruppo mediatico bulgaro), secondo RSF ha mantenuto stretti rapporti con tutti gli esecutivi succedutisi negli ultimi anni a Sofia.
“Oggi l'editore e deputato possiede la maggioranza dei quotidiani locali e nazionali, come “Telegraf”, “Monitor”, “Politika”, alcuni dei portali d'informazione più letti “Blitz”, “Pik”, (anche se Peevski non ne è ufficialmente il proprietario), così come la televisione nazionale Kanal 3 (anche questa detenuta in modo non ufficiale). In aggiunta, Peevski controlla gran parte del sistema di distribuzione dei quotidiani e come imprenditore resta uno degli acquirenti di pubblicità più influenti in Bulgaria”, argomenta ancora RSF.
Secondo “Reporter senza frontiere”, la struttura profonda dell'impero mediatico che Peevski ha costruito insieme a sua madre, Irena Krasteva, continua ad essere avvolta dal mistero, nonostante la decisione presa dai due nell'agosto 2015 di rendere pubblici i nomi dei media di cui sono proprietari. In molti casi il modello di gestione estremamente complesso e la presenza di “compagnie-civetta” rendono estremamente difficile risalire al vero proprietario dei media a mezzo stampa o elettronici.
RSF sostiene che le norme di trasparenza in Bulgaria sono poco efficaci e vengono applicate in modo insufficiente. La situazione non è cambiata dopo l'entrata in vigore nel 2014 di una legge che prevede che le persone giuridiche, registrate in paradisi fiscali esteri, non possano controllare media in Bulgaria. Secondo molti osservatori, con tale norma sono stati colpiti soprattutto i concorrenti dello stesso Peevski sul mercato dei media.
“I legami tra Peevski e le élite politiche sono estremamente visibili. I prestiti che hanno permesso al tycoon di creare il suo impero mediatico sono arrivati soprattutto dalla Korporativna Targovska Banka (Banca corporativa commerciale) dove all'epoca dei fatti lo stato bulgaro aveva depositato la maggior parte dei propri attivi. Al tempo i media di Peevski erano estremamente vicini al governo (una coalizione guidata dal Partito socialista) e critici dell'allora sindaco di Sofia Boyko Borisov. Quando però lo stesso Borisov divenne primo ministro, gli stessi media sono passati bruscamente dalla sua parte, facendo da altoparlante ai successi del suo governo e attaccando ai limiti della diffamazione i suoi oppositori, senza rinunciare a intimorire quei giornalisti che osavano criticare i rapporti tra Peevski e il governo”, sostiene RSF.
Le pressioni più gravi, contro i quotidiani
Il controllo politico sui media e le pressioni da parte della politica e dei circoli economici sulla linea editoriale dei media sono i principali problemi per la libertà di espressione in Bulgaria, secondo un rapporto sul pluralismo mediatico presentato dalla Fondazione “Democrazia mediatica” alla fine del 2016.
Il rapporto denuncia un alto grado di controllo politico sul settore dei media a mezzo stampa, rischio moderato rispetto alle televisioni e basso nel caso delle emittenti radio. “Editori ed altri soggetti economici esercitano regolarmente pressione sulle linee editoriali”, è l'opinione di Neli Ognyanova, professoressa di Diritto dei media all'Università “Sv. Kliment Ohridski” di Sofia.
Secondo il rapporto della Fondazione “Democrazia mediatica”, pur esistendo norme contro le ingerenze politiche sul lavoro dei giornalisti, la proprietà diretta o indiretta dei media da parte di uomini politici non è esplicitamente vietata o almeno limitata dalla legge.
“In Bulgaria al momento esistono due televisioni di partito, “Alfa TV” e “SKAT”, mentre sei quotidiani sono ufficialmente proprietà del deputato Delyan Peevski. Sono evidenti casi sistematici di conflitto di interessi tra editori, partiti di governo e gruppi politici. Le influenze politiche interessano sia i media nazionali che quelli locali. Nel contesto di alto grado di controllo sui media a mezzo stampa, almeno l'agenzia stampa nazionale (BTA), finanziata con denaro pubblico, gode fama di essere politicamente indipendente”, conclude il rapporto.
Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto
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