Yakoruda (© FOXARTBOX/Shutterstock)

Yakoruda (© FOXARTBOX/Shutterstock)

Alla scoperta del sud-ovest della Bulgaria in treno: un angolo di Europa dimenticato dal turismo di massa, dove si ergono le vette più alte della penisola balcanica

10/08/2020 -  Francesco RaseroMarco Carlone

Dalle finestrelle ricavate nel tetto, si scorge una corona di cime innevate. A Bansko, nella Bulgaria sud-occidentale, l’aria dell’alba è ancora decisamente frizzante.

Sulla Ulica Glazne, la via di ciottoli che taglia il centro del paese, si vedono solo case di montagna e qualche piccolo albergo . Nulla in confronto ai resort sciistici che cospargono i fianchi dei monti a pochi chilometri, dove si espandono le piste da sci della Coppa del mondo. In fondo alla strada, nel silenzio del mattino, un fischio deciso rompe la quiete.

Il Treno dei Rodopi: 120 km tra scorci mozzafiato

È il Treno dei Rodopi, una ferrovia che attraversa la lunga vallata del fiume Nestos dal borgo di Dobrinisthe fino alla città di Septemviri, sul fiume Maritsa: 120 chilometri di tragitto percorsi in circa 6 ore, tra sferragliamenti e scorci mozzafiato, in luoghi dove spesso la mano dell’uomo si fatica a vedere.

Quale mezzo migliore per godersi senza fretta una natura così lussureggiante? Il piccolo trenino rosso , che si perde nel verde dei pini, garantisce da prima della Seconda guerra mondiale un servizio essenziale per i valligiani del luogo.

Le locomotive a vapore di un tempo sono solo un vecchio ricordo: oggi delle piccole macchine Diesel costruite in Germania negli anni ’60 tirano i convogli, ma a bordo l’atmosfera retrò è rimasta pressoché la stessa.

Dal cuore turistico alle zone rurali

Salendo in carrozza dal capolinea di Dobrinishte, in pochi minuti si arriva a Bansko. Centro sciistico frequentatissimo d’inverno ed estate, Bansko è oggi il vero cuore turistico montano della Bulgaria. Da questo centro si apre un comprensorio sciistico che conta circa 75 chilometri di piste battute nel cuore del Parco Nazionale dei monti Pirin.

Il boom turistico ha mutato decisamente l’aspetto della cittadina, che ora è circondata da resort, chalet in stile svizzero e grandi strutture che mal si conciliano con la natura circostante. Ma basta lasciarsi alle spalle Bansko di qualche chilometro per tuffarsi in uno scenario completamente differente.

Dopo aver fermato a Razlog, il trenino procede ballonzolando sulle sue vecchie rotaie, e comincia a fermarsi in piccole stazioni, alcune delle quali nel nulla più totale. Sulle strade sterrate – come sulla statale – che di tanto in tanto si avvicinano al treno si vedono carretti a cavallo, in primavera nei campi le donne seminano a mano e gli aratri raramente sono tirati da un trattore. L’economia locale si basa infatti soprattutto su una piccola agricoltura di famiglia , il turismo qui è un lusso pressoché sconosciuto.

Bulgaria in treno, tra moschee e abeti

Compaiono presto le forme sinuose e slanciate delle moschee: qui i minareti svettano indisturbati al fianco degli abeti, imitandone la silhouette.

Un villaggio sui monti Rodopi (© Bildagentur Zoonar GmbH/Shutterstock)

Tra queste montagne vivono infatti migliaia di bulgari di religione islamica, spesso chiamati in maniera dispregiativa Pomaks. Molti di loro hanno una duplice impronta etnica, in cui l’identità locale di provenienza turca si mischia a quella bulgara ed europea.

Per scoprire l’origine della loro particolare carta d’identità bisogna tornare indietro nel tempo fino al periodo Ottomano, durante cui molti locali furono convertiti all’Islam.

La stazione più alta di tutti i Balcani

Dal paese di Yakoruda la ferrovia inizia la sua vera arrampicata verso il valico di Avramovo, la stazione più alta di tutti i Balcani con i suoi 1.267 metri sul livello del mare.

Passando in mezzo ai boschi, i binari si attorcigliano su loro stessi con curve elicoidali, viadotti e gallerie. Alla stazioncina di valico, una donna anziana inforca il fieno di fianco al capostazione, che esce coprendosi la gola. Nonostante le geometrie delle montagne siano arrotondate, l’aria è ben fredda.

Dopo il valico i binari esplorano anfratti lontani da tutto, dalle strade, dai paesi. Toccano luoghi incontaminati, fermano in stazioncine raggiungibili solo con stradine sterrate, distanti chilometri dalle prime case. Sui marciapiedi delle fermate, i capostazione spalettano al macchinista per far proseguire il viaggio al convoglio.

Benvenuti al centro termale di Velingrad!

A Velingrad il treno si ferma qualche minuto in più: la città è il capoluogo della media valle, nonché uno dei centri termali più noti della Bulgaria.

Intorno al suo centro le sorgenti d’acqua calda sgorgano tra gli abeti e le radure; in città tra hotel, piscine e bagni pubblici ce n’è per tutti i gusti e le tasche. Oltre alle strutture private –più costose– sono presenti i caratteristici bagni municipali, ancora vissuti dai velingradesi nelle pause di relax.

Velingrad può essere il punto di sosta ottimale per interrompere la cavalcata ferroviaria, riposare e riprendere il giorno dopo la via dei binari verso l’ampio fondovalle del fiume Maritsa.

Il treno rosso prosegue verso il capolinea

Dopo Velingrad la linea continua la sua dolce discesa, il paesaggio muta lentamente: le fitte pinete si colorano di toni più caldi, boschi di latifoglie e arbusti punteggiano il paesaggio che scorre dietro il finestrino.

Le ultime propaggini dei Rodopi si spianano verso la pianura, i binari si infilano in un’ultima gola nei pressi di Tsepina, dopodiché la valle si apre.

A Septemviri, il capolinea, il treno incontra il suo fratello maggiore, la linea ferroviaria a scartamento ordinario Sofia–Plovdiv. È la storica direttrice dove un tempo passava l’Orient Express da Calais a Istanbul.

Da qui la città di Plovdiv, capitale europea della cultura nel 2019, è a soli 45 minuti di viaggio.

Il viaggio slow è finito… ma domani si riparte!

Il macchinista scende, i passeggeri pure. La piccola locomotiva anche oggi va a riposo, dopo aver macinato per l’ennesima volta il suo lungo tragitto. A fianco, un treno rapido per Varna, sul Mar Nero, sfreccia spettinando i passeggeri in attesa.

La locomotiva rossa parte stanca verso il deposito e spegne il suo motore borbottante. Di fianco a lei, nel deposito, dorme una vecchia locomotiva a vapore tedesca, usata di tanto in tanto per qualche treno turistico.

Due “vecchiette” che, nel 2020, ancora tengono botta a servizio di una piccola comunità, che grazie al suo trenino riesce ad avere un collegamento con il resto del paese.

Webdoc

Questo articolo è tratto dal webdoc “Voices from the East ”, realizzato da Marco Carlone, Francesco Rasero ed Eleonora Anello nell’ambito del progetto europeo “Frame, Voice, Report! ”. Nei Balcani le tematiche legate ambientali sono rimaste in fondo alle agende pubbliche per lungo tempo, nonostante secondo l’IPCC l’Europa centro-orientale sia il primo grande “banco di prova” di fronte agli effetti della crisi climatica nel Vecchio Continente. Voices from the East vuole raccontare le cause e gli effetti dei cambiamenti climatici nei Balcani, nonché alcune strategie di contrasto e adattamento partite dal basso come i piccoli festival indipendenti di cinema ambientale di quest’area: veri e propri presidi eco-culturali nella sensibilizzazione locale di queste tematiche.


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