Domenica 6 novembre i cittadini della Bulgaria andranno alle urne: oltre all'elezione del capo dello stato, si vota anche per tre referendum promossi da uno showman televisivo
Il prossimo 6 novembre i cittadini bulgari sono chiamati alle urne per eleggere il nuovo capo dello stato. In Bulgaria il presidente, seppur eletto direttamente, ha soprattutto funzioni di controllo e rappresentanza, eppure i risultati della tornata elettorale potrebbero avere ricadute importanti su uno scenario politico inquieto. Oltre alle presidenziali, le urne si aprono anche per una serie di referendum popolari che potrebbero modificare il sistema elettorale e la formula di finanziamento pubblico ai partiti.
Una novità di rilievo di queste elezioni è rappresentata dall'introduzione dell'obbligo di voto, che dovrebbe alzare notevolmente il tasso di affluenza alle urne, tradizionalmente piuttosto basso in Bulgaria. L'obbligo di recarsi alle urne ha spinto i parlamentari ad aggiungere per la prima volta sulla scheda l'opzione "non supporto nessuno dei candidati". Opzione che però ha provocato non poche complicazioni, a causa del suo carattere ambiguo (le schede così votate saranno considerate valide per l'affluenza, ma scartate nel successivo conteggio dei voti), tanto da costringere i parlamentari a rinunciare ad una lunga vacanza pre-elettorale e a tornare in aula per apportare modifiche d'urgenza alle regole elettorali a poche settimane dal voto.
Sfida a due?
I pretendenti alla carica di presidente sono alcune decine: secondo i sondaggi, però, ad avere reali possibilità di vittoria sono Tsetska Tsacheva, attuale presidente del parlamento di Sofia e candidata di GERB, il movimento di centro-destra oggi al governo e Rumen Radev, ex comandante in capo dell'aeronautica militare e candidato del Partito socialista bulgaro, principale forza di opposizione. I due, secondo le previsioni della vigilia, godono di un ampio margine sugli altri contendenti, e dovrebbero sfidarsi al secondo turno, dato per certo dalle principali agenzie demoscopiche.
La candidatura della Tsacheva, che parte con i favori del pronostico, almeno per il primo turno, è stata particolarmente laboriosa. Dopo che nel maggio scorso l'attuale presidente Rosen Plevneliev, eletto a fine 2011 con l'appoggio del premier Boyko Borisov, ha annunciato di non volersi candidare ad un secondo mandato, GERB ha faticato non poco ad individuare un nome da proporre come suo possibile successore.
Tra i papabili alla carica sono stati indicati a lungo i popolari sindaci di Sofia e Burgas, Yordanka Fandakova e Dimitar Nikolov, così come il vice-premier Tomislav Donchev. Alla fine però, la scelta è caduta sulla Tsacheva, considerata una fedelissima del premier Borisov.
Il Partito socialista, reduce da un periodo di forte appannamento dei consensi, ha deciso invece di puntare su una figura esterna al mondo politico e dei partiti. Il candidato scelto, l'ex generale Rumen Radev, fino all'estate scorsa ha ricoperto il ruolo di comandante delle forze aeree bulgare, dopo una vita dedicata alla carriera militare e nessun intervento diretto nella vita politica del paese. In passato Radev è entrato in conflitto con Borisov sulle scelte relative al possibile rilancio dell'ormai marginale aviazione militare bulgara, per arrivare poi a dimettersi poco prima di accettare la candidatura presidenziale.
Il dibattito
La Tsacheva, prima donna a ricoprire la carica di presidente del parlamento, ha dalla sua la potente struttura di GERB, così come un profilo istituzionale rodato, ma viene ritenuta una figura poco carismatica e troppo dipendente da Borisov. In molti la ritengono una candidata debole, giudizio in parte confermato dalle mosse dello stesso premier. Dopo le prime reazioni all'annuncio della candidatura, infatti, Borisov ha minacciato di dimettersi nel caso la Tsacheva non raggiungesse almeno il secondo turno, nel tentativo evidente di gettare tutto il suo peso politico sul proprio candidato.
Il generale Radev, da parte sua, conta sulla possibilità di presentarsi come tecnico esterno prestato alla politica, pur presentandosi per un partito, quello socialista, ancora percepito come uno dei cardini dello status quo in Bulgaria.
Divisi dalle casacche politiche, i due principali pretendenti hanno però faticato a mostrare idee e posizioni realmente alternative. Il loro primo dibattito televisivo non ha registrato momenti di adrenalina, e si è concentrato soprattutto sulle priorità nella politica estera bulgara, intorno ai tre vettori principali che oggi definiscono la posizione di Sofia nel mondo, Unione europea, Russia e Turchia (quest'ultima innanzitutto riguardo alla gestione dei fenomeni migratori).
E' il rapporto con Mosca l'unico ad aver generato qualche scintilla, almeno a livello simbolico. Alla domanda "di chi è la Crimea'" la Tsacheva a risposto parlando di "invasione e gravissima violazione da parte della Russia", mentre Radev ha glissato rispondendo laconicamente "il destino della Crimea dipende dal popolo [di Crimea]". Accusato dai propri avversari di "russofilia", Radev ha però ribadito la sua fedeltà all'asse euro-atlantico, aggiungendo però che "essere filo europei non significa dover essere anti russi".
I referendum
Oltre a scegliere un nuovo capo di stato, i cittadini bulgari sono chiamati anche ad esprimersi su tre referendum. I quesiti riguardano l'introduzione di un sistema elettorale maggioritario a due turni, l'introduzione dell'obbligo di voto (in realtà, come visto, già in vigore da queste elezioni presidenziali), e la limitazione del finanziamento pubblico ai partiti ad un lev (50 centesimi di euro) per ogni voto valido ricevuto alle parlamentari.
I tre referendum non sono stati lanciati da una forza politica, ma dal più noto showman bulgaro, Slavi Trifonov, mattatore incontrastato della tv dall'inizio degli anni '90 e protagonista dal 2000 dello "Slavi Trifonov Show", trasmissione in onda ogni sera sul principale canale privato "bTV", che rilegge in chiave satirica i fatti del giorno, senza rinunciare ad esprimere esplicitamente la propria posizione sui temi di politica e attualità.
Trifonov e i suoi collaboratori, con l'aiuto del palcoscenico televisivo, hanno deciso di lanciare una serie di referendum con l'obiettivo di rivoluzionare il sistema istituzionale e (forse) di lanciarsi nell'agone politico grazie al trampolino fornito dal piccolo schermo. Tre dei sei referendum originariamente proposti, forse quelli potenzialmente più impattanti (dimezzamento del numero dei parlamentari, introduzione del voto elettronico, elezione diretta dei prefetti regionali), sono stati però bocciati dalla Corte costituzionale.
Fino ad oggi l'istituto referendario, introdotto solo da alcuni anni in Bulgaria, ha prodotto pochi effetti sul quadro politico e istituzionale, limitato soprattutto dai bassi tassi di affluenza. Con l'introduzione del voto obbligatorio, questa volta le speranze del comitato referendario aumentano notevolmente: nel caso della probabile vittoria del sì, anche la Bulgaria potrebbe registrare la trasformazione di un brillante uomo di spettacolo in leader politico anti-sistema.
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