La morte di due sorelle a distanza di 12 giorni una dall'altra, entrambe operaie della "Euroshoes" fabbrica di proprietà italiana, ha aperto inquietanti interrogativi sulle condizioni di lavoro nello stabilimento. L'editoriale di Georgi Gospodinov, uno dei più noti scrittori contemporanei in Bulgaria
Georgi Gospodinov - Dvenvnik
Traduzione a cura di Bulgaria-Italia
Due operaie sono morte in un mese in una fabbrica italiana di scarpe a Dupnitza. L'ispettorato del lavoro ha minacciato seri controlli sulle condizioni di lavoro nell'azienda. Ecco due frasi che per il lettore medio bulgaro suonano più banali che scandalose. Siamo abituati che le istituzioni e gli organi di controllo dello Stato intervengano sempre post mortem. Come se solo la morte fosse in grado di accendere la lampadina rossa nell'istituzione competente e di provocare una certa sollecitudine degli enti di controllo. Una simile mentalità condanna in questo caso l'ispettorato del lavoro di comportarsi come un carro funebre oppure come pronto soccorso fatalmente in ritardo, che arriva solo per accertare la morte del paziente.
Detto semplicemente, non è più facile e più normale che gli organi ispettivi facciano controlli seri nelle aziende quando i dipendenti sono ancora in vita? E' un segreto di Pulcinella che in centinaia di aziende di scarpe e di abbigliamento, disperse nelle regioni di frontiera del paese, spesso a capitale straniero, le condizioni di lavoro non rispondono a nessuna legislazione sul lavoro. Si parla di orari di lavoro di 12, 14 o 16 ore, emissioni nocive, stipendi bassi. Si ammette che molti proprietari di simili aziende si sono comperati il diritto di non subire dei controlli.
Il problema però ha anche un'altra faccia. E in certo senso è la faccia più scura per la società. Nessuno o quasi nessuno dei lavoratori che si trovano in queste condizioni osa lamentarsi, protestare, segnalare agli organi oppure fare causa al datore di lavoro. La regola non scritta è che ogni malcontento viene pagato con la perdita del lavoro. E proprio in queste regioni, dove abbondano simili aziende, la disoccupazione è massacrante. Conosco una donna anziana dalla provincia che lavora in una stireria con una paga giornaliera di 1 (un) leva (cioè 0,50 euro circa). Ma è grata che ha un lavoro.
Vorrei scrivere che ci manca la cultura della protesta, ma prima di tutto dobbiamo ammettere che ci manca la procedura della protesta, provata e funzionante. Chi tra i lavoratori in queste condizioni può essere sicuro che la sua denuncia verrà analizzata in fretta, in maniera giusta e senza pesanti conseguenze per se stesso.
Un po' di tempo fa un mio amico di è trovato in un negozio di abbigliamento particolarmente a buon mercato a Newcastle. Ha comprato vestiti al "chilogrammo". Tornando a casa dalla famiglia di inglesi che lo ospitava, ha espresso la sua soddisfazione. I padroni di casa hanno subito indovinato di quale negozio si trattasse e hanno disapprovato, scuotendo la testa. Gli hanno detto che nessuna persona per bene acquista in quel posto, perché le merci provenivano da paesi dove viene impiegato lavoro infantile e femminile a buon mercato. Se non sbaglio, si trattava della Malaysia. Il mio amico si è sentito veramente a disagio e non si è mai messo quel capotto che ha poi regalato ad un senzatetto di piazza "Slavejkov" che a sua volta non voleva accettare perché era completamente nuovo.
Ci sono vari modi per protestare. E varie culture della protesta.
Georgi Gospodinov è uno dei più letti scrittori contemporanei in Bulgaria. Autore delle raccolte di poesia "Lapidarium", "Il ciliegio di un popolo", "Lettere a Gaustin", del romanzo "Romanzo naturale" e della raccolta di racconti "E anche altre storie". I suoi libri sono tradotti in varie lingue, fra cui inglese, francese, tedesco, ceco. E' redattore di "Gazzetta letteraria".
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