Il settore energetico in Bulgaria sta attraversando una fase di profonda trasformazione, tra la necessità di procedere alla decarbonizzazione e quella di svincolarsi dai tradizionali legami con la Russia. Ne abbiamo parlato a Sofia con l’esperta Kostantsa Rangelova
In Bulgaria assistiamo a due importanti sviluppi nel settore energetico: da un lato il processo di decarbonizzazione, dall'altro i tentativi di emanciparsi dalla dipendenza dalla Russia. A che punto siamo oggi in questi due processi? Sono in qualche modo interconnessi?
Nell'ultimo anno, la Bulgaria ha compiuto progressi significativi nei suoi sforzi di decarbonizzazione, nonostante una debole politica istituzionale. Uno degli sviluppi chiave dell'ultimo anno è stata una vera e propria rivoluzione nell'energia solare: nel 2019 la capacità solare in Bulgaria era di un gigawatt, ora è di oltre tre. E la quota di energia solare nel mix elettrico di questo giugno era del 25%, mentre era solo del 12% un anno fa a giugno. L'industria solare in Bulgaria sta crescendo molto rapidamente, contribuendo così alla creazione di energia elettrica verde, prodotta localmente e in sostituzione parziale dei combustibili fossili importati dalla Russia.
E le altre energie rinnovabili?
Nel 2023, il 66% dell'elettricità prodotta in Bulgaria proveniva da fonti non fossili. Ciò comprende tutte le energie rinnovabili come solare, eolica e idroelettrica, ma anche nucleare e bioenergia. Quest'anno assisteremo ad una quota ancora maggiore di fonti pulite, principalmente a causa della forte crescita dell'energia solare già menzionata. Il problema chiave nel supportare la decarbonizzazione industriale è che questa deve andare di pari passo con l'elettrificazione nel settore. Le industrie che attualmente utilizzano il gas devono passare all'elettricità, con l'adozione di pompe di calore industriali, in particolare per i processi a bassa temperatura che possono facilmente sostituire il gas naturale con l'elettricità.
Negli ultimi anni abbiamo assistito a complicati negoziati tra Bruxelles e Sofia sulla "transizione giusta" nelle regioni carbonifere, come Stara Zagora, Kystendil e Pernik. Oggi la Bulgaria è l'unico membro dell'UE che sta ancora negoziando il suo Piano nazionale per l'energia e il clima (NECP) 2021-2030. Come descriveresti la situazione attuale?
Sofia ha avuto un approccio cauto e incentrato sullo status quo per quanto riguarda il processo di transizione giusta. La Bulgaria è uno dei paesi che avrebbe dovuto ottenere una delle quote maggiori del Fondo per una transizione giusta e utilizzarla per accelerare un giusto processo di decarbonizzazione. Era una grande opportunità per il paese che, sfortunatamente, sta subendo forti ritardi. Anche in assenza di scelte politiche, tuttavia, la transizione ha continuato a procedere. Le centrali elettriche a carbone hanno ridotto la loro quota nel mix elettrico nazionale, indipendentemente dalla politica, a causa dei processi economici. E questo processo continuerà: entro i prossimi 5-10 anni, la produzione di energia elettrica a carbone probabilmente diminuirà in modo significativo in Bulgaria. Il Just Transition Fund è importante perché può semplificare tale processo sia per la forza lavoro che per le imprese, sostenendo l'occupazione e gli investimenti verdi parallelamente a questo sviluppo.
Sofia alla fine ha inviato il suo piano a Bruxelles?
Si tratta di un negoziato ancora in corso e per la Bulgaria rimane il rischio di perdere i fondi dell'UE. Ciò che è fondamentale è la volontà politica da entrambe le parti di trovare un accordo. L'altro aspetto chiave è comunicare di più con le comunità locali e informarle su cosa significhi una transizione giusta.
Ma perché il processo è stato ritardato così tanto?
Il problema principale era che la Bulgaria voleva procedere ad una transizione giusta senza alcuna vera transizione, e accedere ai fondi senza un piano per eliminare gradualmente il carbone. La mancata accettazione del fatto che questa transizione deve avvenire - e che il carbone verrà gradualmente messo da parte - ha impedito che la questione venisse discussa a livello politico e che si coinvolgessero le comunità locali. Non a caso abbiamo avuto enormi proteste quando i piani per una transizione giusta avrebbero dovuto essere presentati inizialmente. Queste proteste hanno rappresentato un riflesso della mancanza di qualsiasi dialogo politico tra governo e comunità locali.
Come pensi che sia la transizione dal punto di vista dei cittadini e dei lavoratori nelle aree più interessate dal processo?
Avremmo dovuto spiegare a questi lavoratori che hanno già un set di competenze trasferibili ad altri settori, e poi creare per loro nuovi posti di lavoro. Ci sono molte opportunità, dall'energia verde al lavoro vero e proprio di dismissione delle centrali a carbone, di bonifica dei siti inquinati. Coinvolgerli in questo processo era fondamentale, ma non è successo, motivo per cui i lavoratori sono diventati ostaggi del processo.
Secondo alcuni, per la Bulgaria è rischioso abbandonare completamente l'estrazione del carbone e le centrali termoelettriche, soprattutto ora che, con l'invasione russa dell'Ucraina, il settore energetico nella regione è diventato molto più fragile...
In Bulgaria abbiamo il carbone, ma anche l'energia solare ed eolica, fonti energetiche rinnovabili e più economiche del primo. Attualmente abbiamo una sovra-capacità di carbone, soprattutto se l'eolico e il solare continueranno a crescere. Finora il paese è stato un grande esportatore di elettricità, ma le esportazioni sono diminuite perché i paesi vicini come la Grecia stanno importando sempre meno, dopo aver investito a loro volta in eolico e solare. I mercati in cui la Bulgaria esporta elettricità - principalmente basata sul carbone - si stanno quindi riducendo, il che significa che le nostre centrali termoelettriche non hanno un mercato in cui operare. In una certa misura, alcune centrali a carbone potrebbero continuare a funzionare fino al 2030, ma poi non saranno più in grado di competere sul mercato.
Nel frattempo, ci sono piani per aggiungere due nuovi reattori alla centrale nucleare di Kozloduy. Quale ruolo avrà l'energia nucleare in Bulgaria in futuro?
L'energia nucleare ha ancora un ruolo importante nel mix elettrico della Bulgaria: nel 2023, il nucleare rappresentava il 40% dell'elettricità generata nel paese. Continuerà a essere un fattore importante negli anni a venire. Tuttavia, ci vorranno dai 15 ai 20 anni prima che i nuovi reattori nucleari siano operativi, quindi non risolveranno i nostri problemi nel breve termine. Nel frattempo, dobbiamo agire molto, molto più velocemente sulla decarbonizzazione.
Come sta cambiando il settore energetico per la gente comune in Bulgaria? Quali sono le principali sfide?
Ci sono due problemi chiave che dobbiamo affrontare in Bulgaria a livello di consumatori. L'efficienza energetica è sicuramente uno di questi: abbiamo molti edifici molto vecchi e inefficienti che devono essere ristrutturati, mentre gli standard per i nuovi edifici devono essere molto più severi per garantire che siano più efficienti dal punto di vista energetico. D'altro canto, abbiamo una diffusa povertà energetica: a seconda della misura, la povertà energetica in Bulgaria potrebbe raggiungere fino al 30% della popolazione o anche di più. Questi problemi sono fortemente interconnessi: perché anche le persone che hanno entrate più solide possono comunque essere povere in termini energetici perché vivono in un edificio scarsamente isolato che rende le loro bollette energetiche molto salate. Il Fondo europeo per il clima sarà cruciale: questi fondi devono essere destinati ad affrontare la povertà energetica sia sostenendo misure di efficienza energetica, sia costruendo energia solare o eolica.
Dall'inizio dell'invasione russa su vasta scala la Bulgaria sta supportando l'Ucraina nel settore energetico. Come?
Nel breve termine, la Bulgaria sta dando una mano esportando elettricità, ma anche carburante, verso l'Ucraina. Nel lungo termine, se guardiamo al futuro oltre la guerra, ci sono molte opportunità di cooperazione tra i due paesi. Una di queste è l'energia nucleare: Sofia e Kyiv stanno negoziando l'acquisto da parte dell'Ucraina di due reattori di fabbricazione russa, acquistati dalla Bulgaria per la centrale elettrica poi abortita di Belene e non più necessari, che l'Ucraina potrebbe utilizzare per espandere la capacità della centrale di Khmelnytskyi. Ci sono anche molte opportunità di collaborare con Kyiv nelle energie rinnovabili, poiché l'Ucraina ha un enorme potenziale in termini di eolico offshore, solare, ecc.
Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto "Energy4Future" cofinanziato dall’Unione europea (Ue). L’Ue non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto. La responsabilità sui contenuti è unicamente di OBC Transeuropa. Vai alla pagina "Energy4Future"
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