A Sofia dal 2011 esiste un museo che raccoglie memorabilia del periodo comunista e opere d'arte bulgare realizzate tra il 1944 e il 1989. Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Nel gennaio 2010 lo scultore Vezhdi Rashidov, ministro per la Cultura Bulgaro, con l’appoggio di intellettuali e politici che lamentavano l’assenza di uno spazio che ricordasse il periodo socialista in Bulgaria, propose di dedicare un museo sull'arte totalitaria.
Nel 2008 e nel 2009, la National Art Gallery di Sofia aveva curato due mostre (“Painting from an epoch” e “Images from the underground”) che esibivano opere d’arte di proprietà degli ormai defunti Comitato Centrale del Partito Comunista Bulgaro e del Comitato Centrale dell’Unione Democratica Comunista Giovanile (Komsomol), ma nessuno aveva pensato, prima di allora, di dedicare al periodo alcuna mostra permanente.
Atti di dissacrazione ironica dell’arte socialista si erano già avuti nei mesi precedenti: nel giugno 2011 un gruppo di impavidi e satirici studenti aveva avuto il coraggio di ridipingere l’austero memoriale dedicato all’Armata Rossa di Sofia rivestendo i soldati ritratti sulla base del monumento con costumi delle icone pop americane: Superman, Babbo Natale, Capitan America, McDonald’s… Non una dissacrazione dell’eroismo dei soldati russi, a detta degli autori della bravata, ma una “rivisitazione” dell’idea di eroi appartenenti alla loro generazione.
Del resto, sin dall’inizio degli anni Novanta, all’indomani della caduta del regime socialista, in tutta la Bulgaria si erano succeduti atti di vandalismo e distruzione delle opere prodotte durante il periodo socialista e nel 1999 lo stesso governo democratico aveva deciso la demolizione del mausoleo di Georgi Dimitrov, il leggendario e intoccabile segretario del Partito Comunista Bulgaro tra il 1946 e il 1949.
Fu quindi anche per evitare la dispersione e la scomparsa del patrimonio artistico del periodo che, per diversi mesi, Rashidov girò per la Bulgaria raccogliendo cimeli dell’era socialista, portandoli a Sofia arrangiandoli all’interno del futuro museo.
Durante l’estate 2011, poche settimane prima dell’apertura, si aprì un intenso dibattito su come dovesse essere chiamata l’esposizione. Il Partito Socialista Bulgaro, erede del Partito Comunista, spinse il ministero della Cultura a cambiare il nome da Museo sull’Arte Totalitaria a Museo di Arte Socialista.
Ed il museo, costato 1,5 milioni di euro, fu inaugurato il 19 settembre 2011, alla presenza dello stesso primo ministro e del sindaco della città.
Non sono mancate e non mancano tuttora, le critiche all’iniziativa, dedicata ad un periodo, a detta dei detrattori, che dovrebbe essere riposto nell’oblio e, sempre secondo loro, voluta per rivalutare l’idea socialista.
I giudizi più negativi sono arrivati, naturalmente, dai movimenti politici schierati a destra. Il partito di Unione delle Forze Democratiche (SDS) di Bozhidar Lukarski, afferma che il vero intento del museo è la riabilitazione del periodo socialista ed un tentativo di riscrivere la storia, rimproverando la mancanza di qualsiasi accenno sulla natura criminale del regime socialista bulgaro.
Paradossalmente, però, il museo contiene anche opere di artisti censurati dal regime socialista per la loro tendenza a rappresentare l’arte in una veste occidentale e formalista, come Alexander Zhendov e Nikola Tanev.
Tra i critici più accesi c’è l’artista Adriana Chernin, la quale definisce il museo un “non museo”, ma solo una rassegna d’arte di quel periodo.
Il Museo è diviso in tre parti: un parco che ospita un’ottantina di sculture del periodo, una parte interna con quadri e busti ed una sala dove viene proiettato un documentario.
La parte più apprezzata dai visitatori è sicuramente il parco, dominato da due enormi statue, una di Lenin che si ergeva nel centro di Sofia e una di Dimitrov. Attorno ad esse altre opere, disposte apparentemente senza alcun criterio logico, che ritraggono soldati dell’Armata Rossa, lavoratori, agricoltori. Non mancano busti di membri delle famiglie al potere, come quello di Lyudmila Zhivkova, la discussa figlia del leader Todor Zhivkov, artista essa stessa, ma anche attratta dalle religioni e dalle arti esoteriche, passione che attirò su di lei critiche da parte dei comunisti più ortodossi.
Ciò che lascia disorientati i visitatori è la totale assenza di un percorso guidato, un itinerario che possa in qualche modo accompagnare ed orientare la visione delle opere in esso presenti. Le sculture nel parco non seguono alcuna logica nella loro disposizione e mancano anche didascalie approfondite che indichino la storia, la funzione, le circostanze in cui esse furono create.
La sala interna è meglio organizzata, almeno per quanto riguarda la disposizione iconografica: immagini di Stalin, Mao Zedong, dei padri del socialismo bulgaro e internazionale sono disposti a gruppi, ma anche qui la carenza di informazioni è una lacuna difficile da colmare.
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