Per l'artista, l'unica arma di difesa contro la censura, in ogni tempo è luogo, è il proprio talento. E' quanto sostiene Nikolay Volev, autore negli anni '80 di alcuni tra i titoli più "scomodi" per il passato regime, ma oggi critico del forte disinteresse delle nuove istituzioni verso il settore
Quali sono le principali differenze nel fare cinema in Bulgaria prima e dopo l'89?
Quella più importante è rappresentata dal fatto che nel vecchio regime lo stato supportava la produzione cinematografica nazionale, con forme di sussidi quali esistono in Europa e non, ad esempio, in America. C'erano fondi speciali pubblici per il cinema, come forma d'arte che non può auto-sostenersi, visto che è realizzata in una lingua, come quella bulgara, che ha un mercato potenziale di spettatori piuttosto limitato. Non sono molti, a livello mondiale, gli spettatori che avrebbero interesse a guardare un film girato in bulgaro. Questo supporto finanziario porta alla grande differenza nella quantità di film prodotti prima e dopo l'89. Durante il vecchio regime si producevano in media 22-25 film l'anno per il grande schermo, più altri 30-40 per la televisione. Questi numeri rappresentavano un livello di produzione molto buono per un paese delle dimensioni della Bulgaria, un livello che io definirei ottimale, perché dava la possibilità di produrre alcuni film di buona fattura. Naturalmente non tutti i film erano belli, ma il livello sostenuto di produzione garantiva una visibilità molto maggiore, e la Bulgaria aveva un certo successo a livello di cinema mondiale...per lo meno nei circoli cinematografici che si interessano ad una cinematografia intesa come prodotto culturale e non solo commerciale, anche se le due cose non sono del tutto separate. Dopo il cambiamento di regime, c'è stato un lungo periodo di brusco calo del numero di film prodotti. Per un decennio, si è arrivati a fare al massimo due film l'anno, e in alcuni anni nessun film bulgaro è stato prodotto. Questa situazione ha rappresentato una vera catastrofe per l'industria cinematografica, soprattutto in un paese come la Bulgaria, che non ha una lunga tradizione nel campo del cinema. In Bulgaria una vera industria cinematografica è nata soltanto negli anni '50, grazie all'aiuto dei russi. Per questo il crollo nel livello di produzione è stato catastrofico. Oggi si può parlare di una leggera ripresa. Si fanno circa 5-6 film l'anno, che pongono l'industria cinematografica bulgara sulla soglia del cosiddetto "minimo esistenziale".
Nel passato regime lo stato forniva i mezzi finanziari e le risorse umane per la cinematografia. Cosa chiedeva in cambio agli specialisti del settore? Quali erano i fini che si proponeva di raggiungere con questo tipo di investimenti?
C'erano senza dubbio elementi di propaganda, ma questi erano più forti durante gli anni '50 e '60, e in parte durante gli anni '70. Col tempo il fine propagandistico è andato scemando, e ha lasciato il posto soprattutto a quello umano, realizzare cioè prodotti d'arte, che fossero vicini ai problemi della gente, senza un legame diretto a fatti congiunturali, alla politica del partito o alle richieste del mondo politico. Naturalmente c'era un conflitto ininterrotto tra questi due poli, ma il conflitto aumentava senza soluzione di continuità il territorio della libertà espressiva. Posso dire che, negli anni '80, era già possibile realizzare film contro il volere di alcuni degli uomini di potere, anche se questi erano a conoscenza di come si sviluppavano questi progetti...In generale, chiunque ordini un prodotto, desidera raggiungere un determinato scopo. Se si tratta di un produttore americano, questo scopo sarà il successo al botteghino, se si tratta di uno stato totalitario, sarà invece la difesa e la diffusione dei propri valori e interpretazione del mondo. Il padrone ha sempre determinate richieste, ma anche gli uomini di cinema hanno la propria voce in capitolo. E l'eterno conflitto tra questi diversi punti di vista può anche far nascere cose positive.
Quali erano i mezzi attraverso cui un cineasta poteva ritagliarsi suoi spazi di libertà?
L'unica arma a disposizione di chi fa cinema, e degli artisti in generale, allora come adesso, è il talento. Se un'opera è fatta con talento, la sua difesa è sempre molto più agevole. Quando invece è schematica, tendenziosa, quando non ha verità, non ha tensione, allora viene facilmente controllata. Se lo stato vuole istruire ideologicamente la gente attraverso il cinema, il risultato non viene ottenuto, perché la gente si accorge dell'imbroglio, non ci crede. Per questo quando invece si dà la possibilità ai prodotti cinematografici di essere basati sul talento, e di raccontare in modo sincero ed onesto, allora questi si elevano sopra l'ideologia e si avvicinano a quell'aspetto umano che l'arte è chiamata a preservare.
D'altra parte questa libertà di espressione aveva i suoi limiti. Lei ha potuto toccarli varie volte, come con il suo "Margarit i Margarita" (Margarit e Margarita). Come agiva la censura?
La censura, fortunatamente, agiva soltanto a film girato. Quindi se qualcuno decideva di imbrogliare la censura, almeno nella fase di produzione, questo era possibile. Io personalmente l'ho fatto per due volte. La censura cominciava il suo lavoro, come dicevo, una volta che il film era finito, perché se la sceneggiatura approvata era scritta in un certo modo, il film alla fine poteva presentarsi molto diverso da quanto era stato presentato all'inizio. Il controllo non era del tipo che viene esercitato, per esempio, nel sistema americano, dove il produttore segue passo passo la realizzazione del film, e controlla che non si discosti di un millimetro dalla sceneggiatura iniziale. Qui non c'era controllo durante le riprese. Il sistema faceva affidamento soprattutto all'autocensura, sulla percezione personale del limite da non sorpassare, perché avrebbe potuto portare a conseguenze negative. E in generale, chi aveva coraggio di vincere la propria stessa autocensura, vinceva.
Ma secondo lei esiste ancora oggi una forma di censura?
No, oggi non c'è censura. Esiste invece un altro fenomeno, che si può definire mancanza di interesse verso il cinema. Perché si può dire che oggi in Bulgaria nessuno mostra vero interesse verso l'industria cinematografica, né lo stato, né il pubblico, che oggi è sommerso da film americani di bassa qualità, che rappresentano una cultura di massa di livello piuttosto discutibile. Parlo della maggior parte dei film perché, per fortuna, ci sono anche eccezioni positive. Durante il vecchio regime c'era una forma di controllo anche su questo aspetto, voglio dire che c'erano delle quote, e lo stato imponeva una percentuale di produzione nazionale nel cinema, così come faceva per altri campi economici, come l'industria o l'agricoltura. Se la produzione estera diventa monopolista, è chiaro che non rimane spazio per quella interna. Si è imposto il modello di capitalismo più selvaggio, la forma più negativa di economia di mercato. Non esiste nessuna forma di protezione da parte di chi dirige lo stato.
Un elemento di particolare importanza per l'industria cinematografica è il sistema di pubblicizzazione e distribuzione dei film. Come funzionava questo anello della catena durante vecchio regime, e come funziona oggi?
Durante gli anni del vecchio regime, esisteva un sistema di distribuzione funzionante, con circa 2700 sale cinematografiche statali in tutta la Bulgaria. Oggi ne esistono meno di cento. Questo dato è sufficiente a capire quanto sia cambiata, in peggio, la situazione. Dopo il cambio di regime le sale sono state svendute in massa, alcune in modo legale, ma nella maggior parte dei casi in modo illegale, e sono state trasformate in negozi, sale bingo, in qualsiasi tipo di attività commerciale diversa da quella per cui erano state progettate ... Attraverso una privatizzazione disonesta l'intero sistema creato dallo stato per la distribuzione cinematografica è stato azzerato, distrutto fino alle sue fondamenta. E' proprio nella distribuzione che oggi si annida il problema più difficile di tutto il settore cinematografico in Bulgaria. Nel paese, in molte delle città più popolose non esiste nemmeno una sala cinematografica funzionante, e si può dire che un livello minimo di presenza sia stato conservato soltanto a Sofia. Faccio un esempio, per aiutare a capire l'entità del cambiamento e il significato che questo ha avuto sulla fruizione del cinema bulgaro. Il mio film "Margarit i Margarita", proiettato proprio a cavallo del crollo del regime, ha avuto circa due milioni e mezzo di spettatori, quanti ne fece, all'epoca un film come "Guerre stellari", una delle produzioni americane più importanti. Al momento, il massimo di pubblico a cui può aspirare un film bulgaro nelle nostre sale è di circa 20mila spettatori. In media, però, si arriva a 5-6mila, talvolta a 10mila, cioè meno di quanti ne colleziona una rappresentazione teatrale. La differenza col passato è sconvolgente.
Che cosa è successo alla grande base tecnica realizzata durante gli anni del socialismo, ad esempio agli studi cinematografici o agli studi di produzione dei documentari?
Hanno avuto più o meno lo stesso destino delle sale cinematografiche. Voglio dire che tutto è stato svenduto. Oggi il "Kinocentar Boyana" lavora soprattutto alla produzione di film di basso livello artistico, film che vengono realizzati, nel 90% dei casi, per la distribuzione sui grandi mercati internazionali. Sono soltanto pochi i film oggi realizzati a "Boyana" ad avere un qualche significato artistico. Il "Kinocentar" è diventato la filiale di una compagnia americana che, come ho già detto, produce quasi esclusivamente film di serie B, e non ha più un legame diretto con la produzione cinematografica bulgara. Durante il processo di privatizzazione, molte promesse sono state fatte, come avevano già fatto, all'epoca, le ditte che privatizzarono le sale, ma alla fine nessuna di queste promesse è stata rispettata. I nuovi proprietari guardano solo al proprio interesse, in modo tipicamente americano. E purtroppo le produzioni americane e quelle europee guardano in direzioni diametralmente opposte. L'unico aspetto positivo della loro presenza è che hanno garantito la sopravvivenza di almeno parte del personale tecnico di "Boyana".
Ma oggi lo stato continua ad avere qualche forma di attenzione verso la cinematografia?
Nessuna. Mette a disposizione alcuni fondi striminziti, e questo è tutto. Dà il minimo indispensabile perché il cinema non muoia del tutto. Non esiste alcun interesse verso il cinema come strumento per la promozione del paese. In Inghilterra, in Irlanda, in Ungheria, esiste questo tipo di interesse, di fare in modo cioè che il cinema svolga un ruolo importante nella costruzione di un'immagine positiva del paese, così che quando si dice "un film inglese", "un film irlandese", "un film ungherese", queste espressioni vengano immediatamente associate a fenomeni culturali positivi. Prendiamo ad esempio l'Irlanda. Era un paese povero, con una produzione cinematografica molto limitata. Oggi però ha compreso che il cinema è uno strumento importante in questo campo, e lo hanno rafforzato con facilitazioni fiscali, che da una parte attirano le produzioni americane, ma dall'altro fanno sviluppare la produzione nazionale. Un sistema ben pensato.
Lei è ottimista sul futuro del cinema bulgaro? Pensa che riuscirà a trovare una sua collocazione nel nuovo sistema mondiale?
Credo che il nostro cinema possa avere un futuro più luminoso di quanto accade oggi, ma perché questo succeda devono esserci dei cambiamenti importanti. Il fattore principale è far sì che la Bulgaria, diventi un paese economicamente più solido. Questo dipende, in larga parte, dalla nostra capacità di lottare contro la corruzione, la criminalità, perché a causa di questi problemi enormi somme di denaro vengono sottratte al budget dello stato, che si dissangua a causa dell'economia parallela, l'economia "grigia". Oggi non ci sono soldi per gli insegnanti, per i dottori, per il cinema, per tutto quello cioè, che non produce ricchezza in modo immediato, che non si muove secondo i criteri dell'attività economica pura. Se la Bulgaria riuscirà a diventare un paese più ricco, allora credo che anche per il cinema si possano aprire prospettive più rosee di quanto non lo siano adesso.
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