Una lunga rincorsa durata diciassette anni, cominciata nell'euforia dopo il crollo del muro di Berlino, proseguita nelle ristrettezze di una lunga transizione e conclusa nonostante le diffidenze dell'Europa. Da domani la Bulgaria è nell'Ue

31/12/2006 -  Francesco Martino Sofia

Da domani la Bulgaria diventa un membro a tutti gli effetti dell'Unione Europea, un traguardo che viene tagliato insieme alla vicina Romania e che porta a ventisette i paesi dell'Unione. Un traguardo sicuramente desiderato, aspettato a lungo e che è costato al paese balcanico non poche delusioni lungo la strada, e che per i cittadini bulgari segna una rivincita morale e civile, la speranza di un futuro materiale migliore, ma anche qualche timore.

La Bulgaria, infatti, entra nell'Unione per diventare il suo membro più povero, con forti squilibri interni e con alcuni settori della società che ancora arrancano nei meandri del difficile processo di cambiamento. E soprattutto con una classe politica che non è stata in grado di guardare più in là del 1 gennaio 2007, incapace di concepire una strategia a lungo termine e di delineare le priorità del paese dopo la data di adesione.

Il sogno europeo ha già fatto molto per la Bulgaria. Ha tenuto il paese unito nei momenti più difficili della transizione, come quando, nel 1996, violente manifestazioni di piazza portarono alle dimissioni del governo socialista di Zhan Videnov, lo stesso che, durante il Consiglio Europeo di Madrid del dicembre dell'anno prima, aveva presentato la domanda ufficiale di ammissione della Bulgaria all'Unione. In quegli anni, il paese era nelle mani di grandi gruppi criminali come il famigerato "Multigroup" di Ilija Pavlov, in preda alla superinflazione e alla corruzione politica, ed assisteva alla fuga di migliaia di giovani che emigravano all'estero alla ricerca di una vita migliore.

La spinta del traguardo europeo ha poi dorato la pillola delle riforme portate avanti dal successivo governo di destra dell'Unione delle Forze Democratiche, che se da una parte hanno rimesso il paese sulle sue gambe, dall'altra hanno portato all'esclusione di alcune delle categorie sociali più fragili, per entrare poi a pieno titolo nella retorica salvifica di Simeone II di Sassonia-Coburgo-Gotha, l'ex re che, tornato in patria dopo cinquant'anni di esilio, nel 2001 ha conquistato i cuori e i voti dei bulgari al grido "in ottocento giorni cambierò la vostra vita".

Quando nel giugno 2005 i cittadini bulgari, delusi dalle promesse non mantenute da Simeone gli hanno tolto la fiducia, nonostante la firma apposta dall' ex-monarca al trattato di adesione all'Unione appena due mesi prima delle elezioni, il sogno europeo è risultato fondamentale per tenere insieme la strana coalizione tra socialisti, monarchici e partito della minoranza turca che si appresta a tagliare il traguardo con la storia che scocca questa sera a mezzanotte.

Come tutti i sogni che si realizzano, però, anche il sogno europeo della Bulgaria rischia di perdere forza proprio una volta diventato realtà. Parte della responsabilità cade senza dubbio sulla stessa Unione Europea, che in questi anni ha raffreddato sempre di più l'entusiasmo iniziale verso l'allargamento, condannando Bulgaria e Romania ad un interminabile esame terminato soltanto il 26 settembre 2006 con la decisione definitiva sulla data d'accesso, e che ha spento in molti bulgari la sensazione di entrare in Europa come pari tra pari. Anche il blocco al mercato del lavoro decretato da molti paesi verso la Bulgaria, ha contribuito a rovinare, almeno in parte, la festa dell'adesione.

D'altra parte, anche l'atteggiamento poco critico dei bulgari, spesso vedono l'ingresso nell'Unione come un deus ex machina capace di risolvere i problemi a cui la loro stessa classe dirigente non ha saputo dare una risposta, rischia di provocare un'ondata di delusione, fenomeno già visibile in molti dei paesi dell'Europa orientale entrati nell'Ue nel maggio 2004.

Proprio su queste basi, e facendo leva sui tanti cittadini che si sono sentiti esclusi dai processi di cambiamento, sono nate le prime voci di forte critica verso il futuro della Bulgaria nell'Unione, prima fra tutte quella di Ataka, il partito nazional-populista che, creato pochi mesi prima delle ultime elezioni politiche, è riuscito a collezionare quasi il 10% dei consensi, riuscendo poi a portare il suo leader Volen Siderov al ballottaggio per la poltrona presidenziale.

Nonostante questi segnali, e la confusione sul futuro della Bulgaria in Europa, ma anche sul futuro stesso dell'Unione, allo scoccare della mezzanotte a Sofia e nelle altre grandi città, tra i giovani che potranno viaggiare senza passaporto e tra coloro che già vivono e lavorano in altri paesi dell'Unione, sarà festa vera. Nei centri più piccoli, tra gli esclusi, abituati dalla storia recente a diffidare delle novità, si festeggerà, ma in tono minore. E con la preoccupazione che Europa significherà innanzitutto prezzi europei, e forse, ma chissà quando, stipendi e pensioni europei.


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