Sofia, colpi al cuore del sistema

31 gennaio 2013

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Ingresso principale del Tribunale di Sofia, in fondo alla centralissima zona pedonale del boulevard Vitosha. Nel raggio poche centinaia di metri la sede delle principali istituzioni del paese, tra cui Presidenza e Consiglio dei Ministri. Difficile immaginare un luogo che rappresenti meglio l'autorità di uno stato.

Eppure martedì mattina, proprio sulla bianca gradinata che porta al Palazzo di Giustizia della capitale bulgara, alcuni cecchini hanno fatto fuoco su Zlatomir “Berretto verde” Ivanov, storico boss della droga e figura di spicco del mondo underground bulgaro, atteso in aula per una seduta del processo d'appello che lo vede imputato per associazione mafiosa.

Subito dopo, la soffitta di un edificio color pastello di fronte al tribunale è stata avvolta dalle fiamme: i colpi sono partiti proprio da una finestra all'ultimo piano e i killer, prima di abbandonare l'edificio, hanno appiccato il fuoco per eliminare ogni indizio in grado di identificarli.

Ivanov, ex membro delle forze speciali (tratto comune a molti boss bulgari) è stato ferito gravemente agli arti e all'addome. Trasportato d'urgenza in ospedale è stato operato, e le sue condizioni restano gravi.

Per un giorno Sofia sembra essere tornata agli anni più bui della transizione, quando decine di omicidi su commissione (nessuno risolto dalla polizia) facevano tremare le strade della capitale.

Il primo ministro Boyko Borisov, commentando a caldo l'accaduto, come al solito ha puntato il dito contro il sistema giudiziario. “Zlatomir 'Berretto verde' è già stato condannato in prima istanza. Chi è stato giudicato colpevole dovrebbe aspettare l'appello agli arresti. Soprattutto per la propria salute.”

“Batman”, come è talvolta soprannominato l'ex karateca ed ex capo della polizia Borisov, eletto promettendo di debellare col pugno di ferro corruzione e criminalità organizzata, non è sembrato affatto turbato dal fatto che, dopo quattro anni al potere, il suo governo non sia in grado di garantire la sicurezza e evitare regolamenti di conti a mano armata nemmeno nel cuore della capitale. Ha anzi definito il tribunale di Sofia “un'ubicazione ideale per fare fuoco (!)”.

Sono passato sulla Vitosha alcune ore dopo gli spari. Sui gradini del tribunale non era rimasta traccia dell'accaduto, se non una troupe tv infreddolita e solitaria. I negozi e i caffè erano affollati, si parlava d'altro, come se nulla fosse successo.

Solo l'occhio bruciacchiato e orbo della finestra di fronte al tribunale sembrava voler ricordare a tutti, beffardamente, che i colpi sparati ieri a “Zlatomir 'Berretto verde'”, hanno centrato anche e soprattutto il cuore del sistema. Un sistema che non funziona.