Nonostante alcuni timidi segnali positivi, Sofia rimane una delle capitali con l'aria più inquinata d'Europa. Un problema aggravato dalla lentezza con cui le istituzioni cittadine hanno preso coscienza della gravità della situazione
Allo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre scorso, come da tradizione, il cielo su Sofia si è illuminato a giorno, coi lampi multicolore dei fuochi d'artificio che salutavano l'arrivo del 2019. Nell'aria fredda sospesa sulla capitale bulgara, però, non c'erano solo le strisce colorate e festose dei giochi pirotecnici: secondo i dati della piattaforma AirSofia , mentre in tanti festeggiavano euforici nelle strade di Sofia, la concentrazione di particolati nell'atmosfera (PM10, PM 2,5) ha toccato livelli preoccupanti, in alcune aree fino a 5-600 microgrammi al metro cubo, dieci volte più del limite consentito.
L'inquinamento dell'aria a Sofia, così come in molte città bulgare, come Pernik, Burgas, Plovdiv, e Ruse è un problema che parte da lontano. Negli anni scorsi, vari studi dell'Agenzia europea per l'ambiente hanno costantemente piazzato la Bulgaria ai vertici della poco lusinghiera classifica dei paesi con la peggiore qualità dell'aria, mentre Sofia si è guadagnata ripetutamente il titolo di capitale più inquinata dell'Unione europea.
Una situazione grave, certificata nell'aprile 2017 da una sentenza della Corte europea di Giustizia (ECJ), che ha condannato la Bulgaria (primo pronunciamento di questo tipo nei confronti di un paese Ue) per la sistematica violazione degli standard di qualità dell'aria, e il costante superamento delle soglie minime, soprattutto per quanto riguarda i particolati.
La sentenza, pur non accompagnata da sanzioni finanziarie (che però non sono escluse in caso di recidiva), ha dato sempre più voce a chi, in Bulgaria e soprattutto a Sofia, denuncia la scarsa incisività con cui le istituzioni fronteggiano la situazione.
Un problema complesso
Vari sono i fattori che rendono Sofia così vulnerabile all'inquinamento dell'aria. Alcuni sono di carattere geografico: come molte città balcaniche, la capitale bulgara occupa un altopiano circondato da alte montagne, il massiccio della Vitosha a sud, la catena dei Balcani a nord. Una posizione infelice soprattutto nei giorni invernali segnati da nebbia ed inversione termica, col conseguente ristagno dell'aria.
Quelli determinanti, però, non dipendono dalla natura, ma dall'attività umana. Da una parte c'è il traffico cittadino: a Sofia, città oggi abitata da oltre un milione e duecentomila persone, ci sono ormai tra le 550 e le 600 automobili ogni mille abitanti. Un parco macchine non solo enorme, ma vecchio e costituito in larga parte da inquinanti motori diesel. Secondo Eurostat, gli automobilisti bulgari guidano le vetture più vecchie dell'Ue : nel 2017 ad esempio quasi la metà dei veicoli circolanti in Bulgaria aveva almeno venti anni. Una situazione resa possibile anche dalle politiche che rendono relativamente economico acquistare veicoli vecchi, e quindi con standard ecologici obsoleti.
L'altro fattore di inquinamento sono i sistemi di riscaldamento di case e appartamenti. Secondo i dati del Programma nazionale per il miglioramento della qualità dell'aria, a Sofia più del 10% della popolazione d'inverno si scalda bruciando combustibili solidi . Una scelta legata alla cosiddetta “povertà energetica”: ad utilizzare combustibile “sporco” sono soprattutto le fasce più povere della popolazione sofiese, e i quartieri non serviti dalla “toplofikatsiya”, il teleriscaldamento fornito dalle centrali costruite nel periodo socialista.
Quale sia il peso dell'inquinamento generato da motori e riscaldamento resta però materia soggetta a opinioni discordanti. Interpellata dal settimanale Kapital, la vice-ministra dell'Ambiente Yoana Hristova ha puntato il dito contro i mezzi di trasporto, che rappresenterebbero quasi il 60% delle fonti di particolati. Secondo i dati dal Programma nazionale, finanziato dallo stesso ministero, il cuore del problema andrebbe invece cercato nel riscaldamento domestico.
Misure tardive e insufficienti
Negli ultimi anni il trend è nel complesso positivo, con una riduzione generale del livello di particolati medi registrati a livello annuo, passati dai circa 70 microgrammi per metro cubo del 2011 ai 40 del 2016. Anche mettendo da parte ricorrenti polemiche e dubbi sulla precisione delle misurazioni ufficiali sui livelli di inquinamento, i passi in avanti sembrano legati soprattutto al lento miglioramento delle condizioni economiche della popolazione di Sofia, disposta a spendere più risorse per automobili e sistemi di riscaldamento meno impattanti, più che ad iniziative mirate da parte delle istituzioni.
Le autorità comunali hanno iniziato a reagire al problema inquinamento con largo ritardo, sia in seguito alla condanna della Corte europea di Giustizia del 2017, che di una denuncia collettiva nei loro confronti depositata in tribunale nello stesso anno per iniziativa di alcuni cittadini riuniti nel “Gruppo per l'aria pulita” che ha chiesto azioni immediate e un risarcimento per i danni alla salute subiti dalla collettività a causa dell'apatia e mancanza di responsabilità da parte della municipalità.
A fine 2017 il comune ha creato una direzione “Aria, clima ed energia”, che però ancora deve registrare iniziative concrete. Sempre nel 2017, il consiglio comunale ha approvato un nuovo programma per il miglioramento della qualità dell'aria. Il documento prevede la possibilità di introdurre le targhe alterne in centro nei giorni di alta concentrazione di particolati, misura che però fino ad oggi non è stata mai messa in pratica.
L'unico intervento concreto, a inizio 2018, è stata l'introduzione del cosiddetto “biglietto verde” per il trasporto urbano in caso di inquinamento sopra la norma. Di fatto si tratta di un abbonamento giornaliero speciale, al prezzo di un lev (50 centesimi di euro) per stimolare i cittadini all'utilizzo del trasporto urbano, emesso fino ad oggi in pochissime occasioni. I critici, però, fanno notare che la misura non dovrebbe limitarsi solo ai momenti critici e che proprio il prezzo elevato dei biglietti (di norma 1,60 leva per una corsa singola) è uno dei fattori che limitano l'uso dei mezzi pubblici e contribuiscono ai famigerati ingorghi della capitale bulgara.
Fondi europei per un'aria più respirabile
Anche sul fronte del riscaldamento privato le cose si muovono lentamente: lo scorso dicembre si è discussa la possibilità di criminalizzare l'utilizzo di combustibili particolarmente inquinanti (oggi è prevista una sanzione amministrativa). La scarsità e difficoltà nei controlli rende però la misura, anche se approvata, di difficile applicazione.
La municipalità ha fatto partire un progetto pilota nel quartiere di Novi Iskar per la sostituzione di trenta vecchie stufe con fonti di calore più eco-sostenibili. Una possibilità concreta di fare passi in avanti arriva ora grazie al finanziamento europeo. Il comune di Sofia ha annunciato di procedere, grazie ai fondi del progetto LIFE , alla sostituzione degli impianti di riscaldamento a circa cinquemila famiglie.
Risorse ancora più importanti sono state recentemente rese disponibili all'interno del programma operativo UE per l'Ambiente. Sofia ed altre città bulgare colpite da alti livelli di inquinamento dell'aria, riceveranno 111 milioni di leva (circa 55 milioni di euro) entro il 2023 per rimpiazzare vecchie stufe a legna e carbone e procedere alla loro sostituzione con impianti elettrici e a gas.
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