In seguito alle guerre balcaniche (1912-13) decine di migliaia di bulgari dovettero abbandonare la Tracia orientale, lasciando case e proprietà. Il trattato di Ankara (1925) garantiva compensazioni, che però non sono mai arrivate. La questione, irrisolta, continua a pesare sui rapporti tra Bulgaria e Turchia
Bozhana Bogdanova è una gentile signora di mezz’età, discendente di profughi bulgari provenienti dalla Tracia orientale, oggi in Turchia. I suoi occhi si inumidiscono quando racconta del tragico destino dei propri avi, cacciati dalle proprie case dall’esercito turco nel lontano 1913, al termine delle guerre balcaniche.
“Sono stata cresciuta da mia nonna e mio nonno, tra i pochi sopravvissuti del villaggio di Bulgarkoy, che si trova a venti chilometri dal mar di Marmara. Mia nonna Bozhana aveva un bambino di 40 giorni, quando l’esercito turco entrò in paese il 7 luglio 1913 e uccise tra gli altri suo padre e i suoi due fratelli. Tutta o quasi la popolazione maschile del villaggio fu massacrata. Mio nonno sopravvisse solo perché era al pascolo con le capre. Mia nonna dovette abbandonare il bambino in un bosco, perché non la tradisse con il pianto. Fino alla morte ha continuato a sperare che fosse sopravvissuto. Chi la scampò fuggì in Bulgaria, ma le proprietà, le case, tutti i beni rimasero là. Mia nonna non ha mai tolto i vestiti del lutto”.
Bulgarkoy è uno dei villaggi segnati da rappresaglie di massa durante le guerre balcaniche, descritte dal professor Lyubomir Miletic nel suo “La rovina dei Bulgari di Tracia nel 1913”. Anche gli avi del leader del partito “Ataka”, il nazionalista Volen Siderov (alleato chiave del governo Borisov), provengono da Bulgarkoy.
L’8 aprile 2011 il parlamento bulgaro ha approvato una proposta proveniente proprio da Siderov, che invita il governo ad accelerare i tempi della richiesta di compensazioni fatte al governo di Ankara verso i profughi della Tracia orientale. L’esecutivo capeggiato da Boyko Borisov deve ora prendere atto di questa decisione parlamentare incrementando la propria attività all’interno della Commissione mista sulle questioni irrisolte tra Bulgaria e Turchia, che si occupa dei documenti che attestano le pretese di risarcimento dei discendenti dei profughi. La questione, secondo Siderov, interessa più di 800mila bulgari.
Secondo alcuni storici bulgari, quello subito nella Tracia orientale sarebbe un vero e proprio genocidio. Secondo il professor Georgi Markov, di circa 250mila bulgari che vivevano in questa regione, 50mila sarebbero stati uccisi, mentre gli altri 200mila hanno dovuto lasciare le proprie case.
Nell’Agenzia nazionale “Archivi”, dal gennaio 2009, un team di esperti cerca i documenti con cui risalire alle proprietà abbandonate dai bulgari nelle regioni di Tracia e Asia minore, oggi parte della Repubblica di Turchia. Secondo le carte recuperate, queste proprietà ammonterebbero a circa 480mila ettari di terreno coltivabile, insieme a 20mila edifici, tra cui due monasteri, 32 chiese e 58 sale di lettura. La maggior parte di questi edifici erano proprietà dell’Esarcato bulgaro, altri però appartenevano a organizzazioni varie o a società commerciali.
Compensazioni, realtà o slogan elettorale?
L’interesse mostrato dai discendenti dei profughi della Tracia verso la questione è crescente. Fino ad oggi dagli archivi sono stati richiesti più di 20mila copie di documenti originali. Secondo Ognyan Lunev, esperto della direzione “Archivio nazionale centrale” e interpellato da OBC, ormai la base dati sulle proprietà bulgare all’estero è completa.
Negli archivi ci sono differenti tipologie di documenti che riguardano i profughi di Tracia, soprattutto carte catastali e dichiarazioni giurate. Negli archivi si trovano anche documenti compilati dal ministero degli Interni negli anni ’20, così come carte dell’Esarcato bulgaro.
Nel maggio 2008 la questione dei risarcimenti venne inserita nel rapporto sul grado di avanzamento della Turchia verso l’Unione europea del parlamento di Strasburgo su proposta di eurodeputati bulgari.
Nei negoziati con la controparte turca sull’ammontare delle compensazioni, uno dei pomi della discordia riguarda proprio il valore delle proprietà. Secondo il trattato di Ankara (1925) le suddette proprietà passavano direttamente al governo turco, che avrebbe dovuto pagarne il controvalore in denaro agli antichi proprietari.
Secondo il leader nazionalista Siderov, la Bulgaria dovrebbe richiedere ai vicini turchi circa 10 miliardi di leva (5 miliardi di euro circa) in compensazioni. All’inizio del 2010, l’allora ministro senza portafoglio per i bulgari all’estero Bozhidar Dimitrov, causò uno scandalo con un’intervista nella quale dichiarava che la soluzione alla questione delle proprietà dei bulgari di Tracia doveva divenire condizione necessaria al processo di integrazione della Turchia nell’UE. Secondo Dimitrov la somma delle riparazioni raggiungeva i 20 miliardi di dollari. In seguito alle reazioni piccate di Ankara, però, Dimitrov fornì allora le proprie scuse.
Le cifre di cui si parla sono enormi. Ma la compensazione per i discendenti dei bulgari di Tracia è una prospettiva reale, oppure si tratta di sparate in vista delle prossime elezioni (amministrative e presidenziali) di ottobre? Gli slogan urlati dai politici attirano simpatie elettorali, ma solitamente sorvolano su dettagli importanti. Come ad esempio sul fatto che la maggior parte dei profughi che fuggirono allora non ebbero tempo né possibilità di portare con sé documenti che attestassero la proprietà di quanto abbandonavano.
Lo storico ed ex deputato Stoyan Raychevski è estensore di una legge con cui sono state pagate obbligazioni di stato ai profughi della Tracia occidentale (oggi in Grecia), nonché conduttore della trasmissione televisiva “Cacciati dalle terre dei padri”. Raychevski sottolinea che, sebbene la pretesa di risarcimento dei profughi dalla Turchia sia pienamente motivata, questa può arrivare a buon fino solo attraverso un accordo tra Sofia e Ankara.
“Le copie degli atti notarili si trovano in Turchia. Nel caso si arrivasse ad un accordo internazionale, questa potrebbe aprire i propri archivi e far pervenire i documenti necessari ai discendenti dei profughi. I diritti di proprietà sono individuali, e le compensazioni spettano a chi può dimostrarli. Non sono in grado di commentare le cifre a cui ammonta tale compensazione, visto che si parla di proprietà private di cittadini. Dal mio punto di vista il denaro non è la cosa più importante. Per me in primo luogo bisogna salvaguardare i monumenti bulgari in Tracia orientale, perché non si perda la memoria della comunità bulgara che qui viveva”.
Tracia condivisa
Mentre Ankara rallentava i negoziati sui punti più delicati all’interno della Commissione mista, i cittadini comuni di Bulgaria e Turchia hanno cominciato a conoscersi reciprocamente.
Bulgarkoy oggi si chiama Yenimuhacir, e qui vivono turchi che hanno lasciato la Bulgaria negli anni ’20 del ‘900. Bozhana racconta che, alle prime visite dei discendenti dei bulgari che un tempo vivevano nel villaggio, gli attuali abitanti turchi hanno reagito con timore, temendo di vedersi sottratte le terre che oggi appartengono loro. Col tempo, però, la paura è in gran parte svanita.
Dal 1993, infatti, i discendenti dei profughi di Bulgarkoy ogni anno visitano il villaggio dei propri avi. “Mi aspetto che il problema venga risolto con giustizia. Quando andiamo là [a Bulgarkoy] possiamo sentire l’anima dei nostri avi. Mi piacerebbe scoprire se il neonato di mia nonna, mio zio, si è davvero salvato, conoscerne la storia. Per il resto da Bulgarkoy vorrei prendere soltanto ricordi di quella che un tempo è stata la nostra casa”.
Il ritorno di Bozhana e di altri discendenti dei profughi di Tracia nelle terre d’origine dei propri avi, così come il loro incontro con chi lì vive ora, è raccontato anche da una mostra fotografica, dal titolo “La Tracia condivisa”.
Bozhana non ha sentimenti di rivalsa sui turchi che oggi vivono nel villaggio. L’hanno scorso, discendenti dei profughi e abitanti di Bulgarkoy si sono anche lanciati in uno horo (danza circolare) nella piazza del villaggio. Piccoli passi di riconciliazione con un passato difficile.
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