Un viaggio in bici, svolto lo scorso agosto, raccontato alla maniera di una volta. Iniziamo con una prima lettera e con una mappa interattiva che raccoglie le prime dieci cartoline
Cipro? un circo! nell'accezione ottocentesca del termine, quando sotto il tendone (con arie spesso torride come per altro quelle cipriote d'agosto) si mostravano meraviglie e mostruosità.
O almeno un circo è sembrato a un improbabile equilibrista su due ruote o, sarebbe più giusto dire, a un donchisciottesco curioso a pedali, cioè chi scrive. Partito nella stagione peggiore per la bicicletta, per clima e traffico, il mese d'agosto. Ma dopo aver rinunciato al viaggio per due primavere successive causa Covid, irrefrenabile era il desiderio di esplorare l'isola di Afrodite. Caduto maldestramente dopo pochi giorni, probabilmente sull'unica strisciolina d'acqua sulle strade dell'isola, in curva e in discesa. Ma non ho desistito, sono risalito subito in sella tutte le mattine con le prime luci dell'alba. Ho pedalato tutta l'isola, le coste occidentali greche e orientali turche, scalando lentamente, con gran fatica e sudore, le montagne centrali di Troodos e quelle nordorientali di Karpasia. Solitario e stordito dal caldo e dalla fatica come un vecchio circense, ancor più smarrito perché purtroppo non conosco le lingue di chi ho incontrato lungo la strada, nei kafeni greci, nelle mehyane turche.
Quindi l'isola non posso dire di conoscerla, ma l'ho vista dalla strada percorrendo mille chilometri, l'ho osservata, ascoltata e annusata. Di certo posso dirvi: dimenticate i pazienti asini di Thubron, gli amari limoni di Durrell, le strane navi di Donizzetti! Sulle strade di Cipro d'agosto scorrazzano suv di ogni tipo, ma ancor peggio sono i quad che sfrecciano anche sui sentieri costieri più remoti, alzando nuvole di polvere tossiche per camminatori o pedalatori inermi. Così come in mare sfrecciano le moto d'acqua e anche nelle baie più lontane può arrivare un motoscafone con musica a tutto volume. Ma non tutto è perduto, è solo più difficile da vedere e da sentire, con orecchie, naso, pelle e bocca. Perché vi assicuro che ho visto un'afrodite nera uscire dalle acque, quando la prima luce del mattino illumina gli scogli di Petra tou Rumiou. Ho ascoltato languide canzoni cipriote in una notte ventosa a due passi dal muro della Linea Verde di Lefkosia. Ho sentito i profumi resinosi di Artemide nei boschi del Monte Olimpo. Ho goduto dell'abbraccio dell'Egeo nelle acque turchesi di Capo Akamas. Ho assaporato meze levantini in una mehyane a Famagosta, in un crepuscolo dorato che incendiava le antiche mura veneziane.
Così ho raccolto queste cartoline da Cipro, attraenti alcune, respingenti altre, per provare a restituire immagini e atmosfere reali, complesse e contraddittorie, comunque vivissime. Quelle di un'isola che era e rimane un crocevia intricato e seducente. Un frammento d'Europa in terra d'Asia, circondato da acque e storie mediterranee.
ps
Chi voglia esplorare culturalmente Cipro, troverà “pazienti asini” nel libro “Journey into Cyprus” di Colin Thubron del 1975. Gli “amari limoni” sono anche nel titolo del libro “Bitter Lemons” di Lawrence Durrell del 1957. Infine “strane navi” sono nell'opera “Caterina Cornaro” di Gaetano Donizzetti portata per la prima volta in scena nel 1844. Due libri di viaggio e una tragedia lirica che vi porteranno indietro nel tempo, in una Cipro che era un mosaico di villaggi greci e turchi intrecciati, riprendendo le parole di Colin Thubron che la attraversò a piedi nel 1972.
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