Un'immagine fotografata dall'alto che raffigura un tratto di costa in Croazia

Un tratto della costa croata - © paul prescott/Shutterstock

I turisti sono tornati, ora mancano però i lavoratori. I sindacati denunciano: conseguenza di politiche che hanno eroso i diritti di chi lavora e costretto i giovani a emigrare

23/07/2021 -  Nenad Ivanović

(Originariamente pubblicato dalla Deutsche Welle, selezionato e tradotto da Le Courrier des Balkans e OBCT)

“Darò mille kune (circa 130 euro) a colui che mi porterà un cameriere!”. Questo il grido di disperazione di un ristoratore di Pola che, nonostante la stagione estiva sia ormai giunta quasi al culmine e il numero di turisti nel capoluogo dell’Istria sia in costante aumento, non riesce ancora a trovare personale. Una mattina – come spiega il ristoratore – alcuni dei suoi dipendenti semplicemente non si sono presentati al lavoro, e trovarne altri risulta tutt’altro che facile. Ora sta aspettando che arrivino alcuni lavoratori dalla Serbia, che però sembrano essere ancora impantanati in “problemi burocratici”.

In molti erano convinti che quest’estate in Croazia non ci sarebbe stata alcuna carenza di manodopera perché molti lavoratori croati erano tornati dall’estero durante la pandemia. Alcuni erano persino preoccupati che i datori di lavoro potessero cercare di sfruttare tale situazione per ridurre i diritti dei lavoratori. Assistiamo però ad uno scenario diametralmente opposto: in Croazia quest’anno, esattamente come accaduto nel 2019, si registra una forte carenza di manodopera locale.

Nel periodo compreso tra l’1 gennaio e il 16 giugno 2021 il ministero dell’Interno croato ha rilasciato 31.157 permessi di soggiorno per lavoro a cittadini di paesi terzi, una cifra che segna un aumento del 13% rispetto allo stesso periodo del 2020, ma resta comunque inferiore del 20% rispetto al 2019. Di tutti i permessi per motivi di lavoro rilasciati dall’inizio dell’anno, 4191 riguardano il settore del turismo e della ristorazione.

La Croazia ha perso il 10% della popolazione

Krešimir Sever, presidente dei Sindacati croati indipendenti, sottolinea che la Croazia, al pari di altri paesi che negli anni Novanta avevano intrapreso un percorso di transizione politica ed economica, aveva cercato di costruire un’economia competitiva sfruttando una forza lavoro sottopagata e senza diritti.

“Tale politica ha portato a una forte ripresa dell’emigrazione dalla Croazia, un fenomeno che coinvolge soprattutto i giovani, altamente istruiti e qualificati, e che si è acuito dopo l’ingresso del paese nell’Unione europea. Si stima che negli ultimi anni la Croazia abbia visto emigrare circa il 10% della sua popolazione”, spiega Sever, precisando però che le statistiche non riescono a cogliere la vera portata del fenomeno perché molti cittadini croati emigrati all’estero hanno mantenuto la residenza in Croazia.

Sever aggiunge inoltre che i datori di lavoro croati cercano di colmare il vuoto lasciato dalla manodopera emigrata attirando lavoratori stranieri, contribuendo così alla svalutazione della forza lavoro e al dilagare di forme di lavoro precario, fattori che, a loro volta, provocano un’ulteriore recrudescenza dell’emigrazione dalla Croazia.

“Nonostante molti lavoratori emigrati siano rientrati in Croazia durante la pandemia, in alcuni settori c’è tuttora carenza di manodopera, soprattutto nel settore del turismo e della ristorazione e in quello edilizio. Mancano anche gli artigiani, in particolare elettricisti e fabbri“, spiega Krešimir Sever.

Nel periodo compreso tra marzo 2020 e maggio 2021 il governo croato ha stanziato circa 10,5 miliardi di kune a sostegno di oltre 680mila lavoratori, di cui oltre 120mila appartengono alla categoria di artigiani e piccoli imprenditori.

Braccio di ferro sulla legge sul lavoro

Durante la pandemia i sindacati croati hanno denunciato tutta una serie di violazioni e abusi compiuti dai datori di lavoro: ferie forzate, persone costrette a lavorare nonostante ufficialmente in ferie, il mancato versamento della differenza tra il salario dovuto e l’importo del contributo erogato dallo stato, riduzione del salario previsto dal contratto, violazioni dei limiti massimi dell’orario di lavoro, straordinari non pagati, etc.

Krešimir Sever spiega che durante l’emergenza sanitaria l’esecutivo croato aveva annunciato l'intenzione di approvare una legge speciale per derogare ad alcune disposizioni previste dalla legge sul lavoro e dai contratti collettivi nazionali. Tuttavia, messo sotto pressione dai sindacati croati, appoggiati dalle organizzazioni sindacali europee e internazionali che hanno informato dell’intera vicenda anche la Commissione europea, il governo di Zagabria ha dovuto rinunciare alle modifiche previste.

“I datori di lavoro chiedono [al governo] di modificare la legge sul lavoro per rendere ancora più flessibile il mercato del lavoro, mentre i sindacati si oppongono a tali modifiche perché la flessibilizzazione del mercato del lavoro è uno dei principali fattori che hanno portato all’attuale situazione. I negoziati sulla riforma della normativa in materia di lavoro sono iniziati lo scorso 23 giugno e probabilmente si riveleranno lunghi e difficili. Il governo auspica che la nuova legge, se approvata, entri in vigore entro giugno 2022“, spiega Sever.

Forza lavoro straniera in aumento

Nel frattempo, la Croazia sta diventando sempre meno attraente per i lavoratori provenienti dai paesi vicini – come Serbia, Bosnia Erzegovina, Macedonia del Nord, Kosovo – che sempre più spesso scelgono di emigrare nei paesi dell’Europa occidentale in cerca di lavoro.

“Sono sempre di più i lavoratori che giungono in Croazia da paesi come Nepal, Filippine, Bangladesh, Cina, India, Russia, Corea, Thailandia e Messico. La maggior parte di questi lavoratori viene impiegata nel settore edilizio e in quello del turismo e della ristorazione, ricevendo gli stessi salari di quelli dei lavoratori autoctoni che svolgono lo stesso lavoro. Il problema è che molti lavoratori croati faticano ad arrivare a fine mese con lo stipendio che prendono, mentre i lavoratori stranieri che provengono dai paesi dove il salario medio mensile arriva ai 30 euro o poco più, riescono persino a inviare una parte dello stipendio ai loro familiari rimasti nel paese di origine“, spiega Sever.

Molti alberghi rischiano di chiudere

Marina Cvitić, presidente del Sindacato dell’Istria, del Quarnero e della Dalmazia, mette in guardia sul fatto che quest’estate molti alberghi lungo la costa adriatica della Croazia potrebbero trovarsi costretti a chiudere i battenti.

“I lavoratori ormai da più di un anno vivono nell’incertezza: sono pochi i lavoratori occupati nel settore del turismo che [dall’inizio della pandemia] hanno ricevuto più di sei stipendi, così come sono pochi i lavoratori stagionali che hanno lavorato più di tre, quattro mesi. In tale situazione di incertezza – in cui anche i lavoratori assunti a tempo indeterminato prendevano, durante il periodo di cassa integrazione, solo il 60% dello stipendio o persino un corrispettivo pari al salario minimo garantito – i lavoratori stagionali del settore turistico non si aspettavano affatto di essere ricontattati dalle agenzie interinali. Hanno cercato un’occupazione in altri settori, perché anche in tempi di pandemia bisogna lavorare per sopravvivere“, afferma Marina Cvitić.

Cvitić spiega inoltre che, nel tentativo di attirare i lavoratori, quest’estate alcune aziende che operano nel settore turistico hanno cominciato a erogare ai lavoratori un bonus direttamente in busta paga, per un importo minimo di 1000 kune (circa 130 euro), e per alcune categorie di lavoratori i sindacati sono riusciti a negoziare un bonus stagionale pari a 5000 kune (circa 650 euro). Nonostante queste iniziative, pochi cittadini croati sono disposti a separarsi dalle proprie famiglie per un lavoro che durerà qualche mese.

Secondo Marina Cvitić, la responsabilità per questa grave carenza di manodopera grava sui datori di lavoro e sul governo croato. Ed è per questo che il Sindacato dell’Istria, del Quarnero e della Dalmazia ha chiesto un incontro urgente con i rappresentanti delle imprese, del ministero del Turismo e del ministero del Lavoro per elaborare strategie concrete in grado di far fronte al problema della mancanza di forza lavoro.


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