Lo scorso anno la costa croata è stata investita da un’intensa ondata di incendi boschivi, una delle peggiori degli ultimi anni. Ma la Croazia ha iniziato ad attrezzarsi per far fronte agli incendi estremi, anche grazie a finanziamenti dell'Unione europea
L’estate del 2022 è stata una delle più drammatiche di sempre per la costa croata. Un’intensa ondata di incendi boschivi, rivelatasi una delle peggiori dell’ultimo decennio, ha devastato la regione, bruciando oltre 30.000 ettari di territorio. Al loro passaggio, le fiamme hanno distrutto case, aziende, boschi, e costretto all'evacuazione migliaia di residenti e di turisti. Se l’area bruciata nel 2022 resta inferiore a quella arsa nel 2012 o nel 2017 (altre annate terribili), il numero di singoli incendi scoppiati sulla costa ha invece superato ogni record. Persino l’Istria, solitamente risparmiata dalle fiamme, ha visto il numero di interventi dei vigili del fuoco salire considerevolmente rispetto agli anni precedenti.
Fonte: EFFIS
Cause globali e cause specifiche
Quali sono le cause di questa crisi? Come spiega in un recente studio l'Istituto per l'ambiente e la sicurezza umana dell'Università delle Nazioni Unite, la crisi climatica – aggravata da un incontrollato sviluppo umano e da una gestione poco consapevole degli incendi boschivi – ha reso più facile la loro degenerazione in quelli che vengono definiti “incendi estremi”, ossia eventi che sfuggono a ogni possibilità di controllo umano. Ma se il riscaldamento globale è il principale responsabile dell’aggravarsi della situazione, in Croazia ci sono alcune specificità preesistenti che aumentano il rischio di incendi estremi.
Stanislava Odrljin è un’architetta del paesaggio basata a Zagabria e che si è occupata di incendi estremi. Secondo lei, prima di poter parlare delle specificità territoriali della Croazia, è necessario tenere a mente il concetto di "successione ecologica secondaria". "Tutto inizia in un terreno spoglio, senza vegetazione e non contaminato dall’intervento umano. In questo terreno crescono dapprima piante molto resistenti, che chiameremmo ‘erbacce’, e poi giungono via via altre specie. Questo avviene perché le prime piante rendono il terreno più accogliente e fertile, permettendo alle specie più delicate di crescerci, ampliando così la biodiversità della zona. Questo fenomeno è noto come successione ecologica secondaria ed è un ciclo che avviene naturalmente e regolarmente nell’ecosistema del Mediterraneo" spiega Odrljin, che aggiunge "di solito, questo ciclo ha fine (e dunque poi un nuovo inizio) quando un incendio fa tabula rasa della vegetazione, e la successione può cominciare da capo".
Gli avvenimenti degli ultimi cent’anni hanno modificato l'ambiente e il paesaggio della costa croata, rendendola più suscettibile al verificarsi di incendi estremi. "La Dalmazia un tempo era ricca di vigneti e campi terrazzati", prosegue Stanislava Odrljin, "il mosaico di coltivazioni diverse, che aveva un impatto positivo sulla biodiversità e svolgeva un ruolo importante nella prevenzione degli incendi, è andato perdendosi col tempo. Negli anni '50 l’agricoltura ha attraversato una grave crisi e molti campi sono stati abbandonati". Nei campi abbandonati, il ciclo di successione ecologica secondaria non funziona come dovrebbe, "perché si tratta di terreni le cui caratteristiche sono state ‘alterate’ dall'intervento umano".
"Le piante che sono cresciute negli ormai ex terreni agricoli della Dalmazia sono nate l’una vicina all’altra, e hanno creato una fitta rete di vegetazione dove si accumulano piante morte, foglie secche, e così via. Si tratta di una grande quantità di materiale altamente infiammabile che, combinata con il cambiamento climatico e altri fattori, rende l'area più suscettibile agli incendi boschivi estremi, come quelli che hanno colpito la costa la scorsa estate", conclude Odrljin.
Ripulire i campi abbandonati potrebbe sembrare una soluzione piuttosto facile e immediata – ma si scontra con un altro problema tipico della campagna croata: la frammentazione della proprietà. "Alcune aree della costa, come i parchi naturali e nazionali, sono sotto la gestione statale e vengono curate con costanza e attenzione. I campi abbandonati, invece, sono per la maggior parte in mano a privati e i proprietari sono quasi sempre più di uno, talvolta residenti all’estero. Questo fa sì che le aree più a rischio siano le stesse di cui è più difficile prendersi cura", afferma con rammarico l’architetta.
Tentativi di soluzione
Nonostante queste caratteristiche territoriali e sociali che rendono la Croazia più soggetta agli incendi estremi, negli ultimi anni molto è stato fatto per migliorare la loro prevenzione e gestione.
Dijana Vuletić è consigliera scientifica all’Istituto croato di ricerca sulle foreste. Tra il 2013 e il 2016 si è occupata, nell’ambito della Divisione per la cooperazione scientifica internazionale dell'Europa sudorientale (EFISEE ), di un ampio progetto europeo che aveva come scopo proprio la prevenzione e la gestione degli incendi estremi e di altre catastrofi naturali. Questo progetto, noto con il nome di HOLISTIC (Adriatic Holistic Forest Fire Protection) e finanziato dal programma di cooperazione transfrontaliera dell'Adriatico finanziato dall'UE, ha permesso tra le altre cose l’installazione di telecamere lungo la costa e l'acquisto di attrezzature moderne per migliorare le capacità operative dei vigili del fuoco croati.
"Il progetto HOLISTIC si chiamava così perché non si occupava di affrontare solamente un aspetto del fenomeno, come la prevenzione o la risposta agli incendi, ma intendenva cercare soluzioni per ogni aspetto, e cercava di coinvolgere tutte le parti interessate, dai singoli individui alle comunità locali, passando per le scuole. Uno degli obiettivi era educare la popolazione riguardo agli incendi boschivi", spiega Dijana Vuletić. "Abbiamo per esempio realizzato diverse campagne di comunicazione per spingere i cittadini ad adottare un comportamento responsabile fin dalla più giovane età. D’altro canto, la maggior parte degli incendi in Croazia ha origine dolosa, per cui cambiare il nostro atteggiamento verso la natura è uno degli obiettivi principali".
"Purtroppo nei boschi si trova ancora una quantità significativa di rifiuti e gli individui non se ne curano. Accendono falò e organizzano grigliate senza considerare i potenziali rischi – e se qualcosa va storto tendono ad abbandonare l'area senza assumersi la responsabilità. Per cambiare davvero la situazione servono campagne di sensibilizzazione ed educazione continue, i progetti temporanei non bastano", conclude Vuletić.
Nuovi progetti
Al progetto HOLISTIC sono in effetti seguiti nel 2021 dei nuovi progetti europei, tra cui FIRE-RES e SILVANUS . Quest'ultimo – il cui nome per esteso è “Integrated Technological and Information Platform for Wildfire Management” – coinvolge direttamente anche la Croazia.
"SILVANUS è un grande progetto con un budget di 24 milioni di euro, di cui 19,9 milioni finanziati dalla Commissione europea. Ha coinvolto 49 organizzazioni dall’Europa, ma anche dall’Indonesia, dal Brasile e dall’Australia, afferma Lovorko Marić, responsabile della disseminazione del progetto. Sempre adottando un approccio olistico – che si occupa di prevenzione, così come di risposta agli incendi e di ripristino e adattamento – il progetto SILVANUS ha l’ambizione di "creare una piattaforma tecnologica innovativa che aiuti a gestire gli incendi boschivi".
"Le nuove telecamere verranno testate nell'ambito delle esercitazioni pilota SILVANUS”, spiega Marić. “In termini di prevenzione incendi e risposta alle emergenze. Per quanto riguarda la risposta alle emergenze stiamo cercando di sviluppare un programma di realtà aumentata per formare i vigili del fuoco, ma stiamo anche impiegando droni, robot di terra, sensori e altri strumenti tecnologici per gestire meglio gli incendi", prosegue Lovorko Marić. Queste nuove tecnologie saranno testate sul campo mediante dodici progetti pilota. "Ogni progetto pilota rispetterà le peculiarità del paese. In Portogallo, per esempio, affronteremo in particolare il potenziale impatto e le strategie di prevenzione degli incendi in prossimità delle linee di trasmissione che potrebbero incidere sulla distribuzione elettrica e sulle conseguenze che la comunità deve affrontare in caso siano compromesse", aggiunge Marić.
L’attività pilota in Croazia ha avuto luogo nel mese di aprile 2023 nel Centro di addestramento di Šapjane, situato vicino a Rijeka. Tra i partecipanti c’era anche Željko Cebin, dal 2019 membro dell’associazione croata dei vigili del fuoco. "L'Associazione Croata dei Vigili del Fuoco ha ricevuto 160.000 € di fondi per l'intero progetto", racconta Željko Cebin. "Abbiamo provato diversi strumenti tecnologici: c’è stata ad esempio un’esercitazione che prevedeva il contenimento e lo spegnimento degli incendi da parte dei vigili del fuoco con l’ausilio di vari veicoli di terra e aerei, mentre nella seconda parte dell’esercitazione sono stati i robot a occuparsi delle fiamme", conclude Cebin.
Quest’estate, che si annuncia già come una delle più calde di sempre, sarà l’occasione per testare non solo questi nuovi strumenti, ma anche l'aumento della consapevolezza dei cittadini – su cui continua purtroppo a ricadere la responsabilità della maggior parte degli incendi in Croazia.
Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto FIRE-RES cofinanziato dall’Unione europea. L’Ue non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto; la responsabilità sui contenuti è unicamente di OBC Transeuropa. Vai alla pagina FIRE-RES
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