Quando si parla di diritto all'obiezione di coscienza, fra tutti gli stati nati dalla dissoluzione della ex Jugoslavia la Croazia costituisce un caso unico. Durante la guerra, tra il 1991 e il 1995, la Croazia riconosceva infatti il diritto all'obiezione di coscienza e introduceva una forma nazionale di servizio civile. Traduziuone a cura di Federica Filippi.
Quando si parla di diritto all'obiezione di coscienza, fra tutti gli stati nati dalla dissoluzione della ex Jugoslavia la Croazia costituisce un caso unico. Durante la guerra, tra il 1991 e il 1995, la Croazia riconosceva infatti il diritto all'obiezione di coscienza e introduceva una forma nazionale di servizio civile. L'importanza di questo passo si può comprendere meglio se si considera che nell'ex Jugoslavia comunista il servizio militare era obbligatorio e che nessuno aveva mai osato appellarsi a principi morali o religiosi per evitare di "servire lo stato".
L'inizio vero e proprio della guerra in Croazia, fra le forze croate da un lato e i ribelli serbi sostenuti dall'Esercito Popolare Jugoslavo dall'altro, vede la crescente militarizzazione della società jugoslava in generale, ma in Croazia anche la nascita di un'importante realtà locale della società civile, la "Campagna Croata Contro la guerra" (ARK - Antiratna kampanja Hrvatske).
Il gruppo che fonda l'ARK nel luglio del 1991, composto da persone già attive in differenti ambiti della lotta sociale, lancia subito con successo la sua prima campagna a favore dell'obiezione di coscienza come diritto umano fondamentale, mettendo in rete sul territorio più di 25 tra associazioni, gruppi e organizzazioni non governative che si occupano di tutela dei diritti umani, di promozione di politiche non violente, di sostegno a categorie sociali deboli. Fin dagli albori, l'attività dell'ARK non si basa solo sull'offerta di servizi di consulenza in tali settori, ma anche su azioni di diretta pressione politica nei confronti delle autorità, divenendo portavoce di molti giovani che rifiutano di arruolarsi.
Il lavoro del "Gruppo per l'obiezione di coscienza" - che dal 1995 prenderà il nome di "Unija 47" - interno all'ARK, già all'inizio del 1992 riesce in maniera abbastanza sorprendente a spingere le autorità croate a riconoscere il diritto all'obiezione di coscienza in base a "motivi religiosi o morali", seppur con varie limitazioni nei primi anni di applicazione della legge. Tali limitazioni, tra i quali il diritto all'obiezione solo per coloro che vengono reclutati per la prima volta - quindi a 18 anni - e la definizione dei termini entro i quali si può presentare la domanda, vengono annullate qualche anno dopo. Questo è uno dei più grandi successi del Gruppo "Unija 47", raggiunto nel febbraio del 1998 quando la Corte Costituzionale accoglie le istanze di incostituzionalità e decreta che ogni coscritto ha il diritto di obiettare e richiedere di assolvere il servizio civile in qualsiasi momento della sua permanenza nell'esercito, perché tale diritto umano non può essere in alcun modo limitato.
Il numero relativamente basso di coloro che in Croazia obiettano alla leva tra il 1992 e il 2000 può essere spiegato con il "marchio" sociale che si attribuiva agli obiettori spesso definiti "traditori" e "codardi", anche se un ruolo importante in questo senso viene giocato dalla guerra e dalla diffusa mancanza di informazione rispetto al diritto all'obiezione. In questo lungo periodo sono solo 2.340 i giovani che presentano la domanda di obiezione rappresentando solo il 2% del totale dei coscritti, contro la media europea nello stesso periodo che risulta essere del 20-30%. Un altro freno all'aumento delle domande di obiezione è sicuramente legato alla durata del servizio civile che fino a tempi recenti era di 15 mesi contro i 12 di servizio di leva, ma anche al fatto che il servizio civile si svolgeva all'interno delle caserme seppur senza l'obbligo di indossare o maneggiare armi.
I dati del 2001 indicano una vera e propria inversione di marcia. Nei primi otto mesi il numero degli arruolati che si dichiarano obiettori di coscienza raggiunge le 1.873 unità, per arrivare alla fine dello stesso anno a 4.009. Questa tendenza è sicuramente il risultato della recente decisione del Governo di accorciare a 6 mesi la durata del servizio militare di leva e a 8 mesi la durata del servizio civile, sebbene un'altra ragione dell'aumento delle richieste di obiezione può essere deputata alla vittoria elettorale dell'opposizione, avvenuta il 3 gennaio del 2000. Dopo questa svolta politica inizia il cambiamento dell'atteggiamento generale della società croata nei confronti dell'argomento.
Durante il dominio dell'HDZ - il partito di Franjo Tudjman - l'obiezione di coscienza veniva considerato invece sinonimo di "codardia" e di "tradimento", per cui gli obiettori venivano percepiti come strani personaggi, membri di sette, soggetti "smidollati" privi di onore. Molti giovani furono vittime di pressioni ed intimidazioni perpetrate persino dai coetanei e dalle proprie famiglie, motivate da una mentalità, per altro ancora fortemente radicata in alcune comunità locali, secondo la quale si diventa "veri uomini" solo dopo aver assolto il servizio militare. A questo va aggiunto il ruolo decisivo delle rappresaglie e delle persecuzioni che venivano messe in atto dai militari. Uno dei casi che emerse pubblicamente fu quello di Niksa Violic, giovane dichiaratosi testimone di Geova picchiato brutalmente dalla polizia militare di Spalato per aver rifiutato l'arruolamento. Inoltre si contano numerosi casi di persone che avendo rifiutato di svolgere il servizio in caserma si sono viste condannate alla reclusione. L'ARK, anche sede croata di Amnesty International (AIH), conduce quindi una campagna che si protrae per anni, di lotta contro la mancanza di informazioni esaurienti sui diritti di ciascun cittadino, di denuncia dei casi di discriminazione e di persecuzione, ma anche di lotta legale contro disposizioni di legge difettose o per l'applicazione di disposizioni mancanti.
Gli attivisti dell'ARK affermano che oggi il livello d'informazione dei coscritti rispetto ai propri diritti è adeguato, sia prima che durante il servizio militare e civile. Il fatto che il servizio civile ad oggi abbia una durata di soli due mesi più lunga del servizio militare, deve essere considerato una grande vittoria della società civile croata. Ciò non toglie che l'ARK e altre organizzazioni locali stiano continuando a lottare. Innanzitutto affinché la durata dei due servizi venga parificata, ma anche perché le competenze del servizio civile vengano trasferito dal Ministero della Difesa al Ministero della Giustizia, per poi allargarlo ai servizi non governativi. La legge croata sostiene ancora che il servizio civile "deve essere svolto sotto la giurisdizione delle Forze Armate e all'interno delle sue strutture, con funzioni che non implicano il contatto con le armi" e considera solo su richiesta specifica la possibilità che il servizio civile venga assolto presso altre strutture (come case di riposo, ospedali, istituti per disabili, ecc.). Il movimento croato di cui l'ARK è portavoce ha pertanto già presentato una nuova proposta di legge, ma la votazione in sede parlamentare non si è ancora svolta.
Nel frattempo, al di là dei problemi e delle restrizioni ancora esistenti, il pubblico croato prende sempre più familiarità con l'argomento. Persino la televisione di Stato ha recentemente trasmesso un documentario sui giovani che svolgono il servizio civile in una casa di riposo per anziani. Le immagini di anziani in compagnia di giovani, non solo durante lo svolgersi della quotidianità, ma anche nei significativi momenti di condivisione e di scambio interpersonale, sono riuscite a lanciare un messaggio sociale molto più forte di qualsiasi immaginabile propaganda ideata dalla stessa ARK. E il rimando positivo emerge anche dalle dichiarazioni dei giovani, che dicono di sentirsi molto più utili aiutando anziani in una casa di riposo piuttosto che brandendo un fucile sui campi di addestramento.
Gordan Bosanac, un importante attivista dell'ARK che ha partecipato alle lotte a favore del servizio civile, afferma che tutti dovrebbero servire la propria comunità per vari mesi "non per un sentimento di dovere verso lo Stato, quanto per un dovere umano verso i propri concittadini". Rispetto ai motivi per cui il Governo croato ha finora rifiutato di parificare la durata del servizio civile con quello militare, Gordan ha risposto citando il Ministro della Difesa Jozo Rados> "la parificazione porterebbe ad uno squilibrio tra il numero di soldati in servizio attivo e quelli in servizio civile in favore di questi ultimi". "Ed è esattamente per questo che noi dell'ARK" continua Gordan "stiamo proponendo al Ministro l'idea che tutti i Paesi del Patto di Stabilità per il Sud-Est europeo debbano pareggiare tale durata. In questo caso cadrebbe del tutto il timore che l'Esercito Croato si possa trovare in una condizione di debolezza numerica rispetto all'esercito della Bosnia Erzegovina o a quello della Repubblica Federale Jugoslava" (da "Vlada").
Vedi anche:
ARK - Antiratna kampanja Hrvatske
ARK
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