Hanno diritto ad un tuffo in mare anche i turisti di un giorno solo? Quelli che si portano il panino da casa? Un commento provocatorio
(Pubblicato originariamente da N1 il 20 giugno 2018, selezionato e tradotto da Courrier des Balkans e OBCT)
Esattamente otto anni fa, nella torrida estate del 2010, la giornalista della HTV (televisione pubblica croata) Dijana Čuljak Šelebaj aveva scioccato la Croazia – vabbè, è un modo di dire, visto che ai media piace tutto ciò che suscita shock e incredulità, anche se in questo caso nessuno era rimasto particolarmente scioccato né incredulo – quando nel corso dell’ultima edizione del telegiornale, senza farsi troppi scrupoli, aveva chiesto al sindaco di Omiš Ivan Škaričić in quale misura i bosniaci rappresentassero un problema per il turismo nella città. “Quanti problemi ad esempio a Omiš, e nella Dalmazia meridionale in generale, creano i turisti giornalieri che arrivano dalla Bosnia Erzegovina, non spendono niente, non prendono appartamenti in affitto, ma occupano posti in spiaggia, senza nemmeno pagarli?“, aveva chiesto la giornalista della HTV con voce piatta, come se stesse chiedendo quanti problemi creano il ritiro dell’anticiclone delle Azzorre e le precipitazioni in piena estate.
Esattamente un anno più tardi, nella torrida estate del 2011, la Croazia era rimasta nuovamente scioccata, per così dire, quando il settimanale Makarsko primorje aveva annunciato in prima pagina una notizia ultrasensazionale, che avrebbe dovuto suscitare, per l’appunto, shock e incredulità. “Turisti di troppo!“, strillava il titolo a caratteri cubitali, accompagnato dal sottotitolo: “Ogni fine settimana, migliaia di visitatori provenienti dalla Bosnia Erzegovina invadono le nostre spiagge!".
“Meglio un turista che spende 500 euro al giorno, che dieci turisti che ne spendono 30, oppure alcune centinaia o migliaia di quelli che nei weekend arrivano dalla Bosnia Erzegovina per una gita di un solo giorno", aveva calcolato il giornalista del settimanale di Makarska Ivo Ćurković. "Questo è un problema per il turismo. Si tratta di visitatori saltuari che disturbano, ma che non possiamo evitare né liberarcene. Vengono, occupano posti in spiaggia, fanno il bagno e trascorrono una piacevole giornata; eventualmente si fanno la doccia, urinano in mare e la toilette la usano solo in caso di estrema necessità".
Sia Dijana che il suo collega Ivo avevano giustificato il loro sciovinismo altezzoso con la scusa preferita dagli sciovinisti: estrazione dal contesto. "La mia affermazione è stata estrapolata dal contesto, questo si chiama ’confezionamento’. Come potete parlare di sciovinismo se ho fatto riferimento a una categoria economica di turisti, quelli che vengono per un solo giorno e non spendono niente?", aveva dichiarato la signora Dijana, sorpresa e offesa, al quotidiano Novi list.
Può esserci giustificazione più stupida? Pare di sì. Il suo collega Ćurković, altrettanto sorpreso e offeso, aveva affermato, in un’intervista rilasciata al giornale per il quale lavorava, che il titolo e il sottotitolo del suo editoriale sui “turisti di troppo provenienti dalla Bosnia Erzegovina" erano stati estrapolati dal contesto. Certo, solo che era stato lui a estrapolarli e metterli in prima pagina. Anch’egli aveva parlato di "una categoria economica di turisti", spiegando che non si trattava di un suo parere personale, bensì dei dati di uno studio sulla gestione della spiaggia cittadina, che l’amministrazione comunale aveva commissionato a un’agenzia di consulenza di Zagabria.
“Lo studio dice che nelle ore di punta sulla spiaggia cittadina si riversano 20mila persone. In tali situazioni, date le piccole dimensioni della spiaggia, ogni visitatore ha a disposizione una superficie pari a soli 1,5 mq. Lo standard internazionale è di 6 mq a persona. Gli autori dello studio pertanto propongono di limitare il numero di visitatori a circa otto mila, facendo capire che, nelle circostanze attuali, sulla spiaggia a volte ci sono addirittura 12000 visitatori di troppo. Non l’ho detto io, bensì lo Studio sulla gestione della spiaggia", aveva affermato Ćurković, cercando di giustificarsi. Per poi concludere con una splendida formula neoliberista: "E chi sarà di troppo, lo deciderà colui che gestirà la spiaggia".
Il nazismo turistico, come abbiamo avuto modo di vedere, non è di natura ideologica, bensì economica. Questo nazismo non classifica i popoli in base al loro sangue: il gruppo Rh positivo è costituito da coloro che portano benefici all’economia nazionale, mentre il gruppo Rh negativo è rappresentato dai cittadini bosniaci. I quali non possono essere evitati né eliminati. O forse sì?
“Alcuni studi tedeschi sulla gestione delle spiagge hanno dimostrato che, con una buona organizzazione, l’obiettivo di ’evitare e eliminare’ i turisti di troppo – che non è altro che Endlösung, ’soluzione finale’, tradotta in termini economici – è del tutto fattibile", con queste parole di cattivo gusto un giornalista di terz’ordine, che odia tutto ciò che inizia con H, commentava, sulle pagine di Slobodna Dalmacija, lo squallido atteggiamento nazista nei confronti di quelli che in Croazia vengono chiamati “turisti mediocri“, mentre nel Terzo Reich venivano chiamati Untermensch, ovvero “esseri inferiori“. Del resto, il linguaggio usato nei confronti di visitatori che non fanno altro che “disturbare“ e “occupare spazio“, senza spendere niente né contribuire in alcun modo all’economia nazionale, proponendo di “ridurre il loro numero“, è identico a quello utilizzato da Hitler quando parlava degli ebrei.
“Tuttavia, questo nazismo economico può rivelarsi scomodo, dal momento che, come ogni altro totalitarismo, individua anche una categoria di traditori interni. Nel momento in cui diventerà irrilevante se un turista mediocre sia un cittadino bosniaco o polacco, potrà esserlo anche un cittadino croato“, così quella persona che odia tutto ciò che inizia con H concludeva il suo commento da Reich turistico, avvertendo: “Quando ’colui che gestirà la spiaggia’ dovrà decidere chi saranno ’turisti di troppo’, non gli importerà nulla del loro passaporto, credetemi".
Qualche settimana fa – a sette anni esatti di distanza da quando il redattore di Makarsko primorje aveva messo in guardia da quei “visitatori saltuari che dalla Bosnia Erzegovina arrivano per una gita di un giorno“ – il presidente del consiglio comunale di Novi Vinodolski Neven Pavelić si è lamentato con il ministro del Turismo dell’invasione di pullman pieni di bagnanti, che ogni fine settimana per tutta l’estate vengono da Zagabria, dicendo: “Novi Vinodolski sta cercando di diventare una destinazione a quattro stelle, ma difficilmente ci riuscirà con tutti quegli escursionisti giornalieri che portano con sé il cibo e le bevande di cui hanno bisogno, non spendono niente, si sdraiano nei parchi. Esiste una soluzione?“.
Certo che esiste.
Qualche giorno fa – a otto anni esatti di distanza da quando la giornalista della HTV aveva affrontato coraggiosamente “il problema dei turisti per un giorno che arrivano dalla Bosnia Erzegovina“ – il consiglio comunale di Crikvenica ha approvato una mozione che vieta l’ingresso nella città ai pullman con a bordo escursionisti giornalieri sprovvisti di una vignetta annuale che costa 50mila kune (circa 6800 euro)! Le gite al mare degli abitanti di Zagabria e dell’entroterra, particolarmente popolari tra i pensionati e gli studenti che hanno “scarso potere d’acquisto“, sono state vietate a Crikvenica, come affermato dalle autorità locali, per “motivi di ordine pubblico“.
A questo punto verrebbe da dire: “Prima vennero a prendere i turisti per un giorno provenienti dalla Bosnia, e io non dissi niente perché non ero bosniaco“. Tuttavia, il noto sermone del pastore Martin Niemöller, ormai logorato e consumato dall’uso, riecheggia in modo fin troppo imbarazzante la retorica nazista. Mentre qui si tratterebbe di una mera questione di natura economica, nulla di particolare, un semplice studio sulla gestione delle spiagge. Uno studio in cui non si fa alcuna menzione né dei bosniaci né dei croati, ma solo di “visitatori che spendono 500 euro al giorno“ e quelli che “in centinaia e migliaia arrivano ogni weekend per una gita di un giorno“.
Non ci è voluto molto tempo affinché in quella “categoria economica di turisti“ venissero inclusi anche i cittadini croati, diventando “turisti di troppo“ nel proprio paese, sul proprio “mare azzurro“. È facile citare il sermone del pastore Niemöller a fatti conclusi, quando tutto sembra così evidente: quelle “centinaia o migliaia che arrivano in gita per un giorno, quei “visitatori occasionali che disturbano ma che non è possibile evitare né liberarsene“, è la definizione lessicografica di “turisti locali“.
Tuttavia, se ormai non importa che un turista mediocre sia un cittadino bosniaco o croato, tanto meno importa che un bagnante sulla spiaggia sia un turista locale o un abitante del paese, se provenga da Zagabria o da Crikvenica, da Sisak o Omiš, da Imotski o Makarska: quando “colui che gestirà la spiaggia“ dovrà decidere chi saranno “visitatori di troppo“, non gli importerà nulla della loro carta d’identità, credetemi. Le analisi economiche spesso si riferiscono a situazioni in cui i turisti non portano alcun beneficio all’economia locale, ma mai a quelle in cui gli abitanti locali lo fanno. Se non si trattasse di una formula ormai logora e consumata, verrebbe da dire: “Poi vennero a prendere i bagnati provenienti da Zagabria, ma a me non importava un cazzo, perché non ero di Zagabria“.
Sarà facile citare il pastore Niemöller a fatti conclusi, quando sarà ormai evidente che colui che “non spende niente e non prende casa in affitto, mentre occupa spazio in spiaggia, senza nemmeno pagarlo“, colui che “viene, occupa spazio in spiaggia, fa il bagno e trascorre una piacevole giornata; eventualmente fa la doccia, urina in mare, mentre la toilette la usa solo in caso di estrema necessità“, è la definizione lessicografica di dalmata, cittadino del proprio paese.
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