Perché sul mercato editoriale balcanico tirano solo le riviste che parlano di armi? E perché il ministero all'Educazione in Croazia consiglia la lettura di un periodico di storia militare? Alcune riflessioni sul tema pace, guerra e riconciliazione
(Tratto dal numero 15 della rivista RECOM Initiative !Voice, pubblicato il 24 giugno 2013)
Il postino consegna il nuovo numero di Svijetlo rijeci (La luce delle parole), una pubblicazione mensile dei francescani di Bosnia. Nella rivista vi è un articolo di Mile Babic titolato “Le bugie sul passato”. Un testo sui nostri “grandi croati, serbi e bosgnacchi” che “deliberatamente mentono e, pur sapendolo, proclamano i loro criminali eroi e santi”. E che “propagano la [loro] bugia esagerando il male commesso dagli altri, i crimini degli altri rispetto alla propria gente”.
Svijetlo rijeci non si trova nelle edicole in Croazia, così come non si trovano altre riviste provenienti della vicina Bosnia Erzegovina, con l'eccezione di alcuni quotidiani e settimanali, che possono essere trovati solo durante l'estate in alcuni chioschi lungo la Makarska Riviera. Detto questo, presso le edicole in Croazia si trova sempre la rivista Kalibar (Calibro), “la rivista più venduta e più specializzata riguardante le armi di piccolo calibro, le forze speciali e l'attrezzatura da caccia, della quale il suo editore, l'azienda con base a Belgrado Novosti A.D., orgogliosamente sottolinea di essere “l'unica fonte di informazione su queste questioni nell'ultimo decennio per i lettori dell'intera ex Jugoslavia”.
Assieme all'ultimo numero della rivista Kaliber, dove in prima pagina viene raffigurato un fucile da caccia Sauer 1010, presso le edicole in Croazia si trova anche VP (una rivista di storia militare), mensile dell'editore con sede a Zagabria Vecernji list. Il numero di giugno ha in prima pagina immagini dell'ufficiale ustasha Jura Francetic. La testata riporta l'informazione che “il ministero della Scienza, dell'Educazione e dello Sport, in una sua decisione del 27 settembre 2011 (CLASS: 602-01/11-01/00227, REG. No:533-12-11-0005), ha raccomandato l'utilizzo di VP nelle lezioni di storai di tutte le scuole primarie e secondarie della Repubblica di Croazia”.
Qualcuno si stupisce se i distributori di riviste croati importano dalla Serbia una rivista “specializzata in armi di piccolo calibro, forze speciali e equipaggiamento da caccia” piuttosto che Republika che, diversamente da Kaliber, è la “rivista dell'autoliberazione civica”? Qualcuno si chiede chi, con il compito di operare nel mercato editoriale, ha ritenuto che i lettori croati non sono interessati in una rivista che nella sua testata, al posto di armi da fuoco e unità speciali, riporta il seguente motto: “Contro la forza cieca, la paura, l'odio e la violenza”? Qualcuno si stupisce se VP, la rivista dedicata alla storia militare, è il mensile più venduto in Croazia, come afferma il suo editore? Se le questioni storiche vendono così bene nelle nostre edicole, perché a nessuno è mai venuto in mente di lanciare una rivista sulla storia civile?
E' tutto questo solo una logica conseguenza del nostro modo di imparare la storia, che è pieno di date di guerre e di battaglie, generali e comandanti, mentre di pace si parla solo in riferimento ai trattati di pace firmati? E' tutto questo solo un mercato dell'informazione che è estensione dell'industria storico-nazionale dove non vi è spazio per la storia di tutti i giorni, per la storiografia della vita? E' questo una prova che Johnny Stulic aveva maledettamente ragione quando al posto della parola “pace” utilizzava la frase “una tregua tra due guerre”?
Vi è qualcuno del ministero per la Scienza, l'Educazione e dello Sport della Repubblica di Croazia che ha mai perlomeno sentito nominare il mensile Svijetlo rijeci? Ha mai qualcuno pensato di proporlo nelle lezioni di etica o – Dio ce ne scampi – nelle lezioni di religione in tutte le scuole primarie e secondarie della Repubblica? Un'idea di questo tipo, se a qualcuno capitasse di venire, verrebbe rigettata con una spiegazione razionale sulla sua impraticabilità? E cosa sarebbe impraticabile? Forse che è pubblicata a Sarajevo? E allora perché in questo caso dovrebbe essere più impraticabile dell'uso di testi scolastici della Croazia nelle scuole della Bosnia Erzegovina che sono, secondo il modello di rigida segregazione e auto-segregazione dell'educazione in Bosnia Erzegovina, frequentate dai croati?
Forse il problema è legata alla barriera linguistica? O dalla paura che gli scolari in Croazia non capirebbero nemmeno cosa “La luce delle parole” significhi, figuratevi poi per quanto riguarda il contenuto di una rivista dal titolo così incomprensibile, o il problema sta negli eventuali costi di traduzione?
Temendo che gli studenti delle scuole superiori in Croazia troverebbero più facile leggere gli geroglifici egizi, che, ad esempio, l'articolo di Mile Babic, pubblicato in alfabeto latino, in merito “ad un modo di pensare ideologico” che “impone l'interesse nazionale su ciascuno a livello massimo” e dalla quale deriva che “è più importante essere croato, serbo o bosgnacco che un essere umano”?
Non è una coincidenza che anche i funzionari del ministero della Scienza, Educazione e Sport sono schiavi “di questo modo ideologico di pensare”, e quindi che trovino accettabile aver “raccomandato” per “le lezioni di storia in tutte le scuole primarie e secondarie della Repubblica di Croazia” una rivista che celebra “i successi militari del cavaliere croato” Juro Francetic e della sua Legione nera nella battaglia sul monte Kozara, mentre nessuna menzione viene fatta dei crimini di massa compiuti nei confronti dei civili in questa “onorevole spedizione”.
E' forse una coincidenza che il loro obiettivo è di utilizzare questi contenuti formativi militanti e de-umanizzanti per costruire e implementare, come viene a loro richiesto, un'educazione liberale dei bambini della Croazia?
Se i funzionari responsabili del ministero delle Scienza, Educazione e Sport non si rendono conto cosa stanno facendo nel raccomandare VP per l'uso nelle scuole, non sono neppure capaci di comprendere nemmeno le parole di Mile Babic: “Solo coloro i quali sono pronti ad affrontare la verità e riconoscono costantemente ciò che è vero e ciò che è falso, ciò che è buono e ciò che è male, sono capaci di un futuro migliore, aperto a una nuova vita che si baserà sul vero e sul buono e non sulle bugie e sul male. Una vita in pace si basa sulla verità in merito al passato. Coloro che giudicano il loro passato in modo critico sono pronti per una nuova vita in futuro”.
Coloro i quali attaccano gli studenti con i miti del loro eroico passato non stanno in realtà provando a formarli, ma piuttosto sono impegnati a creare nuova carne da cannone quando – oggi o domani, o quando vi sarà l'opportunità – di morire per la sopravvivenza delle vecchie bugie.
Per loro, la riconciliazione dopo le recenti guerre – di cui questo testo si occupa – è già avvenuta. Lo si vede dalle edicole, dove stanno fianco a fianco la storia militare corata e la rivista serba Kaliber. E dove non vi è traccia di La luce delle parole. Se si armano i lettori in questo modo, sei tranquillo: hai munizioni a sufficienza per sparare su RECOM.
L'autore è tra i fondatori del Feral Tribune, ed un commentatore e scrittore in Croazia
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