L'ultimo saluto a Milosevic dal carcere dell'Aja, con le condoglianze alla famiglia, è stato firmato da oltre trenta detenuti, tra i quali anche il generale croato Ante Gotovina, detenuto nel carcere del Tribunale dell'Aja per crimini di guerra. Un gesto che ha sollevato grandi polemiche sulla stampa croata
Il fatto che l'accusato del Tribunale dell'Aia, generale Ante Gotovina, insieme con Vojislav Seselj, Veselin Sljivancanin e altri trentun carcerati dell'Aia, abbia firmato la lettera di condoglianze per la famiglia di Milosevic, che è stata pubblicata sui quotidiani di Belgrado, in Croazia ha avuto molte più ripercussioni che non la stessa morte di Milosevic. I più accesi sostenitori di Gotovina, come Zeljko Strize, presidente dei veterani di guerra di Zadar - in quelle ore finché non è stato confermato che Gotovina aveva firmato davvero - hanno continuato a far credere all'opinione pubblica che si trattava di "un tranello e di un inganno dei media serbi", "di una falsificazione che si presta agli interessi serbi", o di una "manipolazione politica".
L'ammiraglio Davor Domazet, ha dichiarato al quotidiano "Jutarnji list", che conoscendo il generale Gotovina, non può essere certo lui l'artefice di quanto pubblicato sui giornali belgradesi. "Di questo sono sicuro al cento per cento. Si tratta dell'apice di un'operazione di guerra psicologica in cui viene abusato il nome del generale Gotovina, soprattutto perché dietro tutto questo c'è Seselj e i radicali e per il fatto che è stato pubblicato sui quotidiani serbi a maggior tiratura. Si tratta di un tipico esempio di operazione in cui si devono amnistiare le colpe dei serbi. Non è certo un caso, fa parte del gioco britannico".
L'annuncio funebre comparso sui quotidiani belgradesi "Politika" e "Vecernje novosti" con il messaggio di condoglianze per il loro "compagno dell'Aia" Milosevic è stato firmato, oltre a Gotovina, anche da altri tre croati del carcere dell'Aia, Mladen Naletic - Tuta, Ivica Rajic e Pasko Ljubicic. Hanno rifiutato, invece, di firmare il testo Dario Kordic, Vinko Martinovic-Stela e Mirolsav Bralo, perché non sono riusciti a sorvolare "sui fatti storici".
Ma, quando in fretta, per via del suo avvocato, è giunta la spiegazione dello stesso Gotovina in cui ha inequivocabilmente confermato che "in accordo con la fede cristiana e l'educazione cattolica" ha veramente inviato "le condoglianze alla famiglia dell'uomo che è morto nella cella accanto alla mia", i simpatizzanti di Gotovina hanno subito cambiato retorica. Hanno iniziato a definirla "solidarietà carceraria" e "consuetudini che regnano in carcere", ma anche "sentimenti cristiani", al che li ha subito e appoggiati la Chiesa cattolica.
"Rispetto i sentimenti cristiani di solidarietà e di condoglianze, e anche Gotovina ha reagito in modo cristiano", ha detto il cardinale Vinko Puljic, mentre l'arcivescovo di Zadar Ivan Prendja ha aggiunto: "è un atto del tutto normale". Anche l'arcivescovo di Split-Makar Marin Barisic ha appoggiato Gotovina: "è una sorpresa positiva sia umana che cristiana, perché il credente e la chiesa condannano sempre il male, ma non l'uomo, soprattutto se lascia la vita davanti al mistero della morte".
Ma a differenza del vescovo, i commentatori dei giornali e la maggior parte dei media hanno valutato la mossa di Gotovina come "il gesto più vergognoso e stupido che potrebbe compiere un qualsiasi ufficiale dell'esercito croato". Questa valutazione è stata espressa dal noto commentatore dello "Jutarnji list" Davor Butkovic che nel commento dal titolo "Si dovevano fare le condoglianze a Eva Braun?" ha criticato pure i vescovi croati per il loro appoggio dato al gesto del generale incriminato. Butkovic afferma che "una parte della Chiesa cattolica in Croazia ha perso il senso elementare del bene e del male", e poi che "le ambizioni politiche di questa parte della Chiesa sono molto più importanti dei principali criteri morali sui quali si fonda la società, e che si basano sulla differenziazione del bene dal male".
Milan Ivkovsic, editorialista di destra, sul "Vecernje list", il quotidiano croato a maggior tiratura, trova comprensione per la mossa di Gotovina, e dice: "Al posto di rimanere scioccati dalle condoglianze di Gotovina, avremmo dovuto prima pensare che Gotovina in guerra ha combattuto proprio per la cristiana Croazia, cosa che ha testimoniato con questo gesto".
La caporedattrice del settimanale "Feral Tribune", Heni Erceg, con una po' di cinismo parla di quelli che hanno giustificato la mossa di Gotovina e delle spiegazioni che hanno offerto i suoi ammiratori, sostenendo che lui è "un umanista cristiano", nonché un uomo "sensibile ad ogni massacro". "Forse noi non lo sappiamo nemmeno", dice la caporedattrice del "Feral", "che quello stesso Gotovina ha inviato calorose condoglianze anche ai parenti di quei seicento cittadini di nazionalità serba che sono stati così per caso uccisi dopo l'azione Oluja, da lui stesso comandata".
I quotidiani croati anche prima avevano scritto della singolare "fratellanza e unità" - nota frase dell'ex presidente della Jugoslavia, Josip Broz Tito - che regnava nel carcere del Tribunale dell'Aia. Così che a suo tempo era stato pubblicato che Mladen Naletic Tuta, comandante del Consiglio di difesa croato in Bosnia Erzegovina, accusato di crimini contro i bosgnacchi, stima in modo eccezionale Slobodan Milosevic e che in contatti diretti gli si rivolge con "signor presidente". I giornali croati hanno pubblicato anche il dato che pure il generale Gotovina stimava Milosevic, gli ha dato la mano e più volte hanno dialogato a lungo.
Sui portali web, sui quali si sta conducendo un'aspra discussione sul processo a Gotovina, si è avvertita pure una forte divisione circa il fatto se si tratti di una mossa corretta. Mentre gli uni credono che "sia stato un grande gesto di un grande uomo, un coerente seguace del messaggio fondamentale di Gesù", altri scrivono che: "questa è una mossa terribilmente disgustosa. In questo caso le condoglianze le ha fatte al Goebbels femminile serbo e al più grande ladro 'bancario'. Dove avevate la ragione, generale?".
Così Gotovina, facendo le condoglianze alla famiglia di Milsoevic, è riuscito a dividere i croati tanto quanto Milosevic è riuscito - persino dopo la morte - a dividere la Serbia, tra quelli che lo considerano un eroe e quelli che lo considerano un criminale. Mentre nel carcere dell'Aia gli accusati dei crimini di guerra commessi sul territorio della ex Jugoslavia, sembra che abbiano stretto una buona amicizia, rispettandosi fra di loro e su tutto riuscivano facilmente a mettersi d'accordo, cosa che i rispettivi popoli non riescono ancora a fare.
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