Consegnati ieri a Londra i premi dell'"European Press Prize". Sono molti i giornalisti dei paesi balcanici arrivati in finale nel prestigioso contest dedicato alle eccellenze del giornalismo
Si è celebrata ieri a Londra la cerimonia ufficiale di premiazione della seconda edizione dello "European Press Prize", il riconoscimento internazionale dedicato alle eccellenze del giornalismo. La giuria, presieduta dal guru del giornalismo britannico Harold Evans, ha premiato i migliori tra i tanti lavori di "eccezionale qualità" in quattro sezioni: "Investigative reporting", per il giornalismo d'inchiesta; "The distinguished reporting award" per il miglior reportage; "The commentator award", per l'editoriale di maggiore impatto; "The innovation award", per le idee e le tecniche rivolte al giornalismo del futuro e, quest'anno per la prima volta, "The special award", una menzione speciale di eccellenza.
Il riconoscimento per la sezione di giornalismo investigativo è andato al progetto "The assets of the Ayatollah " di Steve Stecklow, Babak Dehghanpisheh e Yeganeh Torbati che esplora l'impero economico del leader supremo iraniano, pubblicato in Gran Bretagna da Reuters. Arrivato in finale nella stessa categoria, il progetto d'inchiesta dei romeni Paul Radu, Mihai Munteanu, Luke Harding, Ion Preașcă, Iurie Sănduță e Cristi Ciupercă, "A Murderer's Trial " una storia di contrabbando, traffici illeciti e crimine organizzato, pubblicato da The Organized Crime and Corruption Reporting Project. Nella stessa sezione, tra i finalisti troviamo un altro interessante progetto di giornalismo di inchiesta pubblicato da Balkan Insight su corruzione, politica ed estremismo calcistico in relazione all'irrisolta eredità della guerra e del comunismo, curato da Neil Arun.
Ad arrivare dai Balcani, anche un'altra espressione di eccellenza giornalistica: il premio per il miglior editoriale è andato al croato Boris Dežulović, uno dei fondatori dell'ormai defunta, ma eccezionale rivista satirica croata Feral Tribune. Ad essere premiato, il commento pubblicato su Globus (Croazia) dal titolo: "Vukovar: a life-size monument to the dead city ". Riferendosi all'editoriale premiato, Harold Evans, nel discorso di premiazione, ha dichiarato: "In Europa, nel centenario della prima guerra mondiale, non dovrebbe essere necessario ricordare come l'orgoglio patriottico può degenerare in cieca violenza nazionalista".
Il premio per il miglior reportage è andato invece al giornalista russo Sergey Khazov che ha presentato una serie di articoli sulla vita degli adolescenti LGBT e le minoranze etniche in Russia, pubblicata sul magazine del New York Times. "La stampa - ha dichiarato ancora Evans - fa un grande servizio quando confronta gli stereotipi con le storie reali delle persone, mentre perpetua il male quando alimenta la paura".
Il premio per l'innovazione nel giornalismo è andato ad un progetto di giornalismo digitale sulla sicurezza informatica, curato da un team norvegese e realizzato ispirandosi alle tecniche hacker. La serie di articoli, intitolata "Null CTRL", è stata pubblicata in Norvegia su Dagbladet. Tra i finalisti nella categoria "innovazione", anche il quotidiano italiano La Stampa con il progetto di datajournalism sul dissesto idreogeologico in Italia realizzato attraverso una mappa interattiva navigabile, e un progetto del Wall Street Journal, "The Borderlands" che ha monitorato per un anno il confine tra Siria e Turchia.
La menzione speciale è andata al commentatore turco Yavuz Baydar, giornalista del quotidiano Sabah dalle cui colonne ha criticato aspramente la copertura che il suo giornale ha fatto delle proteste di Gezi Park. Baydar è stato licenziato nel 2013, dopo che il suo giornale ha rifiutato di pubblicare due suoi editoriali. "Il premio è un simbolo del sostegno alla sua battaglia per la libertà di stampa", si legge nella motivazione della giuria.
Menzione speciale anche per Alan Rusbridger del Guardian e Wolfgang Buchner del Der Spiegel per il coraggio dimostrato nella pubblicazione dei documenti della National Security Agency sui programmi di sorveglianza di massa dei governi statunitense e britannico.
E' interessante notare la presenza, consistente tra i finalisti, di giornalisti provenienti dai Balcani, capaci di esprimere giornalismo di qualità con poche risorse e in contesti difficili e pieni di ostacoli. "Nei Balcani", ha scritto Peter Preston sul Guardian, "i giornalisti, raccolti in piccole comunità e network, producono un costante flusso di storie eccezionali: corruzione, brogli elettorali, crimine. I giornalisti investigativi dei grandi giornali statunitensi che conducono inchieste costosissime - ha aggiunto - dovrebbero andare a Sarajevo o Bucarest e vedere cosa la dedizione, unita ad una grintosa resilienza, può fare".
A quanto pare, "le stelle" - come ha scritto lo scrittore turco Burhan Sönmez pensando al buio della politica e dell'informazione nel suo paese - risplendono di più nell'oscurità più completa".
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