Il politico austriaco Erhard Busek (1941-2022), non ha mai smesso di animare la cooperazione regionale balcanica e l'idea di un'Europa delle minoranze in dialogo: con questo spirito aveva aperto i lavori del progetto Interreg Transdanube Travel Stories parlando di storia, lingue, paesaggi e proteste internazionali
“Quando ero giovane, il Danubio per noi si fermava a Vienna”. Ai numerosi delegati dei sette Paesi partner nel progetto Interreg Transdanube Travel Stories (storie danubiane di viaggio), aprendo il kick-off meeting dell'ottobre 2020 , Erhard Busek ha parlato con schiettezza e vivacità, ironia e passione. Invitato a fornire spunti da esperto, ha spaziato dal proprio passato di politico – prima nel Comune di Vienna come vicesindaco, poi al governo federale come vicepremier e ministro – alla fascinazione per la storia, l'arte e la musica.
E nulla faceva presagire che di lì a due anni, alla conferenza finale del progetto, Busek non ci sarebbe stato; benché ottantenne, era infatti nel pieno di una frenetica attività culturale, di relazioni e di mediazione, sia come iniziatore sia ai vertici di istituzioni quali ad esempio l'orchestra giovanile Gustav Mahler, l'istituto di studi danubiani, il forum Alpbach e l'orchestra No Borders (formazione musicale transnazionale di area balcanica ispirata alla West-East Divan Orchestra, la WEDO di Daniel Barenboim con israeliani e palestinesi). Eppure, sei mesi prima della chiusura di Transdanube, arriva l'annuncio della sua scomparsa: Erhard Busek è stato colto improvvisamente da malore una notte di marzo del 2022, qualche ora dopo aver assistito a un concerto benefico a favore dell'Ucraina.
Sembra allora non si possa parlare delle storie danubiane sostenute dall'UE con Interreg senza citare chi ne è stato indubbio ispiratore e forte precursore. Di qui questo nostro omaggio postumo a Erhard Busek, su una testata che ne ha scritto più volte e che più volte nei Balcani l'ha anche incrociato: quando, dal 2002 al 2008, è stato coordinatore speciale del patto di stabilità per l'Europa sudorientale, o ancor prima, quando nel 2001 aveva ideato – e ogni anno finanziato con mezzi propri – il premio giornalistico di SEEMO (South East Europe Media Organization) pensato per i reporter che si fossero distinti nella promozione del dialogo, della tolleranza e della comunicazione nella regione balcanica.
Ottant'anni di vitalità proto-europeista
Ambientalista già alla fine degli Anni Settanta, europeista ma tutt'altro che eurocentrico, con una passione/dedizione per il Sud Est Europa, amante della musica e dell'arte, Erhard Busek aveva – citando il giornalista Conrad Seidl sul quotidiano austriaco Der Standard il 14 marzo 2022 – “il talento di fiutare i temi importanti, di riformularli in maniera originale e di inserirli nell'agenda politica”.
Già vicepresidente del governo austriaco, ministro, ai vertici del partito popolare, e poi impegnato in una miriade di iniziative internazionali per l'allargamento ad est, Erhard Busek viene ricordato nella sua Austria e anche nei “suoi” Balcani con azioni concrete, di sostegno ai giovani, di promozione del dialogo, di supporto al giornalismo. Portano il suo nome, oltre al premio con SEEMO ad esempio altri due riconoscimenti, due iniziative che vanno dalla cooperazione transfrontaliera alle attività artistiche: è intitolato a lui l'assegno dell'Università di Fiume e della fondazione Erste per gli artisti impegnati , e si chiama “Dr. Erhard Busek Prize” il riconoscimento del Ministero degli Affari Europei austriaco e del Regional Cooperation Council (RCC) di campione di cooperazione regionale .
Alla regione balcanica Busek ha dedicato una vita di impegno e riflessioni, linguistiche, storiche, diplomatiche, e anche di “tradimenti”, quando in piena guerra fredda intratteneva rapporti oltrecortina con dissidenti che pur criticando il proprio regime non intendevano trasferirsi in Occidente. Busek ne fatto cenno anche a quel primo incontro di progetto a Linz nell'ottobre del 2020: “Per la mia generazione non esisteva una regione danubiana: per via della cortina di ferro, e prima ancora per via del peso della monarchia asburgica, che noi austriaci abbiamo contribuito a rivestire di kitsch, di danubiano per noi c'erano semmai Sissi e la Sachertorte. Per questo il mio più forte appello a chi lavorerà a questo progetto – ha detto senza perdere quel suo sorrisetto complice e ironico – è che si combatta il kitsch e che si studi la storia comune di quest'area, alla ricerca di una narrazione condivisa”.
L'appello non è passato inascoltato, ed è infatti imponente la mole di pagine di analisi, proposte ed elaborazione di linee guida dedicate alla narrativa, o meglio alle narrative, che Transdanube Travel Stories ha studiato per raccontare il Danubio. Il racconto storico è qualcosa che ha appassionato Busek non soltanto come docente: “Con l'Unione Europea siamo riusciti a far partire la riscrittura della storia dei Balcani da una prospettiva transnazionale, mettendo le versioni fianco a fianco, cercando una sintesi, una condivisione”, ha spiegato rinviando ad un altro progetto UE in cui era stato coinvolto: ma forte per lui era il rammarico che quel progetto , Entangled Balkans, che aveva prodotto testi in otto lingue e fatto partire la formazione degli insegnanti, non fosse stato poi più ripreso. “C'è un bisogno continuo di trovare narrazioni condivise, specialmente in quest'area”, ha confermato Busek.
Rileggere la storia, ma anche la geografia
Il fascino immediato di Busek, per chi l'ha scoperto tardi e ne ha solo seguito un paio di interventi senza addentrarsi nella pur vasta produzione editoriale, risiede in quella sua capacità di mutare repentinamente registro e di connettere piani di ragionamento e dialogo apparentemente distanti; lo si nota in quel suo professarsi affettuosamente viennese, in quel suo scherzare sugli ungheresi quasi ammettendo di parlare di sé (“In Ungheria uno può perdere tutto, ma non l'accento”), in quella sua passione per la protesta e la parola pregna di senso, che lo fa ad esempio citare Mexikoplatz a Vienna, non tanto per ricordare come il Messico nel 1938 fosse stato l'unico paese al mondo a protestare per l'Anschluss dell'Austria da parte di Hitler, quanto per rammaricarsi di come anche nell'oggi, nel 2020, le proteste, ad esempio contro il regime bielorusso, non riescano ad alzare la voce. “La nostra vivacità nelle proteste internazionali lascia ancora molto a desiderare”. Con la sua simpatia e la sua correttezza, Busek sa conquistare l'interlocutore per quella sua capacità di disorientare e di non farsi incasellare.
“Non solo la storia, ma anche la geografia meriterebbe un qualche tipo di attenzione”, ha ricordato in quel suo densissimo intervento dell'ottobre 2020 a Linz: “Si manifesta un errore di prospettiva quando si parla di allargamento ad est, dovremmo piuttosto parlare di allargamento al centro. Nessuno vuole vedere ad esempio che Praga è più ad ovest di Vienna...”. Sottilmente provocatorio, Busek non si sottrae alle sfide linguistiche fino all'ultimo; il suo obiettivo non è concludere, il suo intento è anzi aprire, insinuare dei dubbi, seminare nuovi solchi.
“Non me ne vogliate, ma devo rimproverarvi un errore che compare nei documenti preparatori”, ha detto al gruppo di lavoro di Transdanube: “Qui c'è scritto che appartengono all'area danubiana dieci Paesi, ma io vi dico che sono 14, ci sono ad esempio alcuni corsi d'acqua del Montenegro che sono affluenti del Danubio, e anche dalla Polonia arrivano apporti d'acqua. Quindi, non limitiamoci agli stereotipi, ma reinventiamoci questo spazio guardandone con occhi plurali sia la storia sia la geografia”.
Il bel Danubio e le sue tante sfumature di blu
A consultare i risultati di Transdanube Travel Stories, dai testi ai video, dalle mappe alle gallerie di foto, pare che i suggerimenti di Busek abbiano trovato ascoltatori ricettivi. “Abbandonando gli stereotipi che dominano l'industria turistica delle crociere sul fiume – scrive il professor Georg Steiner, direttore dell'apt di Linz, introducendo le oltre cento pagine di documento finale – vogliamo imbarcarci in un'escursione narrativa sul Danubio che sia letteraria, culturale, ecologica, personale e politica”. E accogliendo quella che due anni prima era stata l'obiezione di Busek al kick-off meeting, Steiner precisa come il progetto copra “l'intera regione danubiana, che non si limita a 10 Paesi ma che includendo tutti i suoi affluenti si allarga a 14 Paesi”.
Il cambio di prospettiva e la sua traduzione pratica sono manifesti. “Bisogna liberare il Danubio dai suoi cliché”, ribadisce il professor Steiner. Quindi spazio ai contrasti, all'accostamento di bellezza e tracce di scempi ambientali, alla diversità dei paesaggi, alle ferite della storia, perché il Danubio non è né una riserva naturale né un parco giochi per turisti: è un ambiente abitato. “Non si tratta di perfezione ma di improvvisazione. Si tratta di sorpresa e di emozione, e non di quelle procedure pseudo-industriali che il turismo di massa non fa che replicare”.
Gli obiettivi e gli strumenti sono chiari, sintetizzati nelle linee guida per la creazione di una storia: si tratta di tutelare le comunità locali dall'accesso di turismo, di abbandonare gli indicatori semplicemente numerici e puntare alla qualità degli arrivi, facilitando ad esempio il turismo “di vicinato” e promuovendo l'utilizzo di mezzi sostenibili di spostamento e di permanenza, dalle bici ai campeggi.
I partner di Austria, Germania, Ungheria, Slovenia, Croazia, Romania e Serbia, che già rappresentavano itinerari turistico-culturali quali la via degli imperatori, la via di San Martino, la via del patrimonio ebraico, il cammino della vite Iter Vitis, la rete romena dell'Art Nouveau e quella austriaca delle aree protette, hanno provato a reinventarsi sotto la spinta della collaborazione.
Ecco quindi che il lavoro si è sviluppato lungo sei aree tematiche: significato politico del Danubio, natura, eredità romana, cultura e architettura, commercio, spiritualità, e per ognuno di questi temi si è cercato di accentuarne diversità (biodiversità, paesaggi, popoli, stili architettonici, ideologie) e cambiamento (mutamento nel tempo, influenza sul presente, ricerca delle radici, tracce storiche).
Il risultato sono sei proposte di itinerario alla scoperta di nuove gemme nascoste o alla riscoperta, secondo nuovi approcci, dei luoghi già famosi. E grazie ai fondi di coesione Ue, in totale quasi 2 milioni di euro, la realizzazione di ogni percorso – dall'accoglienza alla mobilità, dalla promozione alle varianti – ha comportato la creazione di nuove figure e strumenti: ci sono ad esempio gli STOMPs (Sustainable Travel and Mobility Plans, i piani di mobilità e viaggio sostenibili), gli orari dei mezzi pubblici integrati a livello transnazionale, i corsi di aggiornamento per operatori turistici e per dipendenti comunali, la realizzazione di materiale promozionale ecosostenibile (tramite la riproduzione di un codice QR su volantini e opuscoli cartacei, in modo da poter aggiornare le informazioni online senza dover ristampare tutto).
Non sono mancate la pubblicazione di un libro di cucina transnazionale e la riedizione di un libro fotografico sui tesori naturalistici dell'area, la programmazione di un festival storico-gastronomico in Croazia e l'elaborazione di una nuova app per accompagnare i visitatori della via ebraica in Slovenia. Sono stati coinvolti blogger e sviluppatori di software, funzionari locali e consulenti del turismo.
Ad ampio spettro, come aveva chiesto Erhard Busek, che a Linz, ancora una volta mutando registro e scendendo dal podio accademico, aveva detto: “Per rileggere la storia non servono nuove lezioni accademiche, ma nuovi racconti, storie raccontate lì dove sono accadute. Per questo voi che vi occupate di turismo siete così importanti e avete un ruolo fondamentale, lungo il Danubio, in questa narrazione condivisa dei Balcani”. Ben sapendo che è proprio il turismo ad aver tratto, e a trarre, qualche consistente profitto dal kitsch di Sissi e della Sachertorte.
Sei itinerari lungo il Danubio
Il progetto Interreg Transdanube Travel Stories ha elaborato 6 percorsi transnazionali di turismo sostenibile seguendo altrettanti fili conduttori. Per ognuno, un'ampia documentazione scritta e un video:
1. L'Europa dei contrasti. Da Linz in Austria a Budapest in Ungheria passando per Bratislava in Slovacchia e altre città ungheresi, tra un rifugio antiaereo e luoghi di innovazione tecnologica.
2. Amore per la natura. Da Osijek in Croazia alle Porte di ferro al confine serbo-rumeno, attraverso parchi naturali, lezioni di cucina e fortezze in Ungheria e Serbia.
3. Sulle tracce dei Romani. Da Schärding in Austria a Ptuj in Slovenia, lungo la tedesca Passau e di nuovo in Austria e poi Ungheria, tra ruderi antichi e degustazioni di vino.
4. Arti e culture. Dalla rumena Oradea alla serba Subotica, con tappa in Ungheria, per un itinerario culturale e architettonico tutto Art Nouveau.
5. La via del commercio. Dalla tedesca Ulm alle croate Zagabria, Vukovar e Ilok, lungo l'antica via d'acqua che tocca quartieri di pescatori e conciatori, per visite a chiese e musei, e degustazioni.
6. Danubio per l'anima. Dalle chiese di Györ in Ungheria al quartiere ebraico di Murska Sobota in Slovenia, tra monasteri, giardini e abbazie.
Trans Danube Travel Stories
Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto "Energy4Future" cofinanziato dall’Unione europea (Ue). L’Ue non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto. La responsabilità sui contenuti è unicamente di OBC Transeuropa. Vai alla pagina "Energy4Future"
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