Paola Rosà 6 dicembre 2019

Un quadro desolante, minaccioso e impermeabile alle critiche: questo il panorama mediatico ungherese fotografato da una missione internazionale che ha incontrato giornalisti ed esponenti della società civile

“Uno smantellamento graduale e inarrestabile dell'indipendenza dell'informazione”, questo sta accadendo in Ungheria da quasi un decennio secondo i risultati di una tre giorni di ricognizione in loco da parte di esperti e ong attive nella difesa della libertà di stampa. Oltre ai nostri partner ECPMF, hanno partecipato alla missione esponenti dell'IPI, Istituto internazione della stampa, di Article 19, della Federazione europea dei giornalisti, insieme a Reporters senza frontiere e Free Press Unlimited, tutti concordi nel bollare la situazione ungherese come un regime “che dal 2010 persegue una chiara strategia di censura nei confronti della stampa critica”.

Non ci sono attacchi fisici ai giornalisti né c'è il bisogno di metterli in galera: il partito al governo adotta sistemi più subdoli ed efficaci, manipolando ad esempio il mercato sia tramite nuove leggi e regolamenti, sia attraverso l'acquisizione di giornali e tv da parte di oligarchi vicini al potere. Numerosi sono gli abusi segnalati ad esempio nella regolamentazione degli introiti pubblicitari e del finanziamento pubblico ai giornali.

Secondo i giornalisti incontrati dalla delegazione internazionale dal 25 al 27 novembre, si tratta di “un sistema coordinato di censura e controllo sui contenuti che non si vedeva dalla caduta del regime comunista”.

Raccomandando una lunga lista di interventi per correggere storture sul mercato e nell'emittenza pubblica, nell'accesso all'informazione e nel pluralismo, la missione non manca di rivolgersi all'Unione Europea, sia alle istituzioni europee sia ai singoli Stati Membri. Bisogna “riconoscere la gravità della situazione della libertà di stampa in Ungheria, che non ha precedenti in nessuno Stato membro della UE. E vanno prese tutte le misure possibili per rispondere a questa situazione”.

Parole chiare, nette, per una condanna che non deve riguardare soltanto gli attacchi ai giornalisti, ma anche “la pervasiva retorica anti-media che delegittima il giornalismo come elemento essenziale della democrazia”.

All'Europa si chiede anche di agire con gli strumenti economici a disposizione, finanziando ad esempio il giornalismo indipendente e verificando che non vi siano “abusi di fondi europei” che servano a minare il pluralismo e la libertà di stampa in Ungheria. Anche perché, concordano gli osservatori internazionali, i metodi usati in Ungheria “non solo hanno gravemente danneggiato il diritto dei cittadini ungheresi all'informazione, ma sono già stati esportati nei Paesi vicini, sia Membri dell'Unione sia Paesi candidati all'ingresso”.

Il rischio del contagio è concreto.

Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto

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