In Georgia, il miliardario Bidzina Ivanishvili si è imposto alle urne sul partito guidato dal presidente Saakashvili, fino a pochi mesi fa saldamente al governo. Ecco come sono andate le cose in Georgia in questi 12 mesi che hanno reso possibile l'inimmaginabile
Una settimana prima delle elezioni la situazione in Georgia si era molto deteriorata. La tensione tra le parti era al massimo e il timore che dopo le elezioni vi sarebbero stati pesanti scontri era molto forte. Ma le cose sono andate diversamente. Dopo il voto la situazione è tornata sorprendentemente tranquilla in tempi molto rapidi. Il 2 ottobre, il presidente Mikhail Saakashvili ha ammesso la sconfitta del suo partito e ha iniziato un graduale processo di trasferimento di potere dal suo “Movimento nazionale unito” al "Sogno georgiano" di Ivanishvili. Saakashvili manterrà il suo incarico di presidente per un altro anno, ma ha assicurato che non userà i suoi poteri per ostacolare il nuovo governo. Lunedì, i candidati ai ministeri del nuovo governo hanno cominciato a studiare la situazione e prepararsi per l'inizio delle loro funzioni. Il governo sarà costituito dopo il 20 ottobre, all'avvio dei lavori del nuovo parlamento.
La campagna elettorale
Che queste elezioni sarebbero state cariche di tensione era chiaro sin da quando un anno fa Bidzina Ivanishvili, l'uomo più ricco della Georgia, annunciò l'intenzione di formare una coalizione e diventare primo ministro. All'epoca, i resti sparpagliati dell'opposizione avevano perso qualsiasi influenza sull'opinione pubblica. Il consenso per il governo rimaneva elevato nonostante la crescente insoddisfazione: nemmeno gli scontenti di Saakashvili si fidavano dell'opposizione. La comparsa di Ivanishvili, miliardario filantropo noto più che altro per la sua riservatezza e la sua generosità, aveva cambiato radicalmente la situazione: ora gli scontenti avevano qualcuno da votare.
La coalizione "Sogno georgiano" è riuscita ad unire rapidamente tutti gli insoddisfatti, formare un polo politico alternativo e iniziare una lotta seria per la vittoria, fatta di promesse sociali, ma anche di denuncia di ingiustizie come gli abusi delle istituzioni democratiche, la mancanza di un sistema giudiziario indipendente, le pressioni sulle imprese e altre cose che da anni facevano lievitare le fila degli insoddisfatti dell'operato del governo. Dopo l'iniziale sorpresa, il Movimento Nazionale, abituato a vincere in modo facile e indolore, decise di adottare le maniere forti: multe colossali ai “sognatori”, confisca delle antenne paraboliche per i canali d'opposizione "Canale 9" e "Maestro", licenziamenti di impiegati statali i cui parenti erano anche solo sospettati di simpatie per l'opposizione, e così via. La miopia di queste mosse non ha fatto che peggiorare la situazione, riempiendo le fila del "Sogno georgiano" di nuovi scontenti.
Agli sgoccioli della campagna elettorale, all'inizio di settembre, si configurava una situazione di sostanziale parità: gli idealisti stanchi del regime semi-autoritario di Saakashvili e vari altri gruppi sociali (tra cui i dipendenti del governo precedente licenziati nel periodo 2004-2006), a sostenere Ivanishvili e il suo Sogno georgiano. A fianco del Movimento nazionale unito di Saakashvili, invece, i dipendenti statali impauriti dal cambiamento, i sostenitori del doloroso processo di modernizzazione portato avanti dal governo e le minoranze etniche, insospettite dalla componente xenofoba della multiforme coalizione avversaria.
Una guerra sporca
Tuttavia, tutto è cambiato nettamente a metà settembre, quando sui canali d'opposizione sono apparse testimonianze di tortura nelle prigioni georgiane, con immagini così sconvolgenti da far crollare il consenso per il Movimento nazionale. Il governo ha cercato di spegnere l'incendio licenziando il ministro della Giustizia e il ministro degli Interni, considerato il creatore dell'attuale sistema penitenziario, ma questo non è bastato a placare lo sdegno popolare. Infatti, tutti sapevano da tempo che qualcosa non andava nelle prigioni: ne parlavano organizzazioni internazionali, ambasciate, organizzazioni georgiane per i diritti umani, ma il governo non aveva mai risposto a queste segnalazioni. Di conseguenza, nessuno si è lasciato convincere da provvedimenti affrettati e giustificazioni a posteriori.
A quel punto, le autorità hanno cercato di bilanciare nuovamente la situazione rilasciando intercettazioni telefoniche in cui i primi dieci rappresentanti della lista di Ivanishvili parlavano di conflitti interni, si insultavano e dicevano cinicamente di usare il miliardario per arricchirsi. Questi materiali hanno in parte contribuito a restituire elettori al governo, ma senza coprire completamente lo scandalo prigioni.
Prospettive
Il 2 ottobre, non appena l'andamento del voto si è reso evidente, il Movimento nazionale unito ha dovuto ammettere la sconfitta principalmente per due ragioni. In primo luogo, dopo lo scandalo delle prigioni Saakashvili non aveva più sostegno pubblico e autorità morale sufficienti per imporre un risultato differente. In secondo luogo, la comunità internazionale aveva seguito attentamente il voto ed era emerso chiaramente che una manipolazione dei risultati non sarebbe stata tollerata.
Al momento, vi sono ancora alcuni seggi in cui il risultato è conteso, ma l'esito complessivo non può cambiare di molto. 67 seggi al Movimento nazionale unito e 83 al Sogno georgiano di Ivanishvili.
In questi giorni è quindi in corso il passaggio di poteri dal vecchio al nuovo gruppo di potere. In questa fase non è possibile fare previsioni sull'efficacia del nuovo governo. Il compito è difficile: non fare peggio del predecessore, evitare il collasso delle istituzioni statali, tenere sotto controllo il mondo criminale e riscuotere le tasse. Se in questi ambiti non riuscirà almeno a mantenere i risultati al livello di quelli ottenuti da Saakashvili, il governo perderà rapidamente consenso: i georgiani sono ormai abituati al funzionamento dei servizi, all'arrivo regolare degli stipendi e alla sicurezza nelle strade.
È da vedere se Ivanishvili riuscirà a far fronte a questo compito e a mantenere gli impegni presi in campagna elettorale. In ogni caso, ora è tutto nelle sue mani. Il presidente e il Movimento nazionale unito, ormai opposizione, hanno dichiarato che non interferiranno con il nuovo governo e non intendono utilizzare i poteri a loro rimasti per impedire al nuovo governo di mantenere le promesse.
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