Il primo ministro georgiano annuncia il proprio ritiro dalla politica entro la fine dell'anno. Il suo abbandono potrebbe avere importanti conseguenze nello scenario politico interno georgiano. Le manovre dei sostenitori della Russia
Nell'ottobre 2011 Bidzina Ivanishvili, attuale primo ministro della Georgia, era solo l'uomo più ricco del paese. Quando annunciò la propria intenzione di entrare in politica per diventare leader dell'opposizione e vincere le elezioni nel 2012, uno dei punti del suo programma era la promessa di dimettersi un anno e mezzo o due dopo la vittoria. Allora nessuno aveva prestato attenzione a questa affermazione: queste promesse sono la norma per i politici georgiani, che cercano sempre di convincere l'elettorato di non essere interessati al potere in sé, ma di prestarsi a governare solo perché il paese ne ha estremo bisogno.
A novembre 2012, già a capo del governo, Ivanishvili ribadì la promessa, ma a condizione di aver ottenuto la stabilizzazione della situazione politica, la ripresa economica e la creazione di efficaci istituzioni democratiche. Poiché per ottenere questi ambiziosi obiettivi non basterebbero un anno e mezzo o due, ma nemmeno 15 o 20, neppure questa dichiarazione fu presa sul serio.
Della questione non si parlò più per quasi sette mesi e tutti considerarono chiuso l'argomento. Ma del tutto inaspettatamente, in un'intervista rilasciata al quotidiano estone Postimees nel mese di luglio, Ivanishvili ha dichiarato che si dimetterà dopo le elezioni presidenziali dell'ottobre 2013, precisando in un'intervista successiva che le dimissioni arriveranno entro la fine del 2013.
Anche in questo caso si parla di lasciare se ci saranno le condizioni, ma la sensazione è che la frequenza di tali dichiarazioni segnali una certa riluttanza a ricoprire la carica di primo ministro con tutto il suo carico di noiosi impegni quotidiani, domande, lamentele, reclami e così via.
Possibili conseguenze per il "Sogno georgiano"
Se Bidzina Ivanishvili lasciasse davvero la carica, ci potrebbero essere conseguenze molto gravi per la coalizione di governo che, come tutti ben sanno in Georgia, raccoglie una serie di politici e personaggi pubblici che avevano cercato di unirsi anche in precedenza, ma non erano mai riusciti nell'intento, soprattutto a causa delle ambizioni personali. Se oggi la coalizione regge, è solo grazie al carisma – e al denaro – di Ivanishvili. Ma se dovesse dimettersi, non avrebbe le leve per influenzare la situazione, e gestire un paese come la Georgia da dietro le quinte è impossibile. Prima o poi le ambizioni personali avrebbero il sopravvento e la coalizione crollerebbe o sprofonderebbe in intrighi interni.
Inoltre, non serve ricordare che l'autorità di Ivanishvili non durerà per sempre, e un abbandono sarebbe percepito dalla popolazione come vigliaccheria. La società si aspetta dal primo ministro misure concrete per migliorare la situazione, e molti credono ancora che una persona che ha guadagnato 6 miliardi di dollari sia in grado di governare con saggezza. Se nel momento più difficile Ivanishvili lasciasse il paese in mano alla sua squadra disfunzionale, senza aver redistribuito ricchezza né migliorato la situazione economica, la sua credibilità sarebbe completamente distrutta.
Le dichiarazioni del primo ministro hanno già prodotto importanti conseguenze sulla politica interna georgiana, soprattutto in vista delle elezioni presidenziali. Ad esempio, prima delle dichiarazioni, la vittoria al primo turno del candidato governativo Margvelashvili era data quasi per certa, perché un voto per lui era inequivocabilmente un voto per Ivanishvili. Ma se il primo ministro lascia, per chi votare? A porsi questa domanda sono state molte persone che hanno votato per il "Sogno georgiano" senza essere militanti.
Allo stato attuale delle cose, ad un primo ministro forte e autorevole corrisponde un presidente debole e senza autonomia, e questo schema sta bene a tutti. Ma se il primo ministro rispettato ed autorevole uscisse di scena, tutto cambierebbe drasticamente e la figura del presidente diventerebbe più importante. Il risultato è che nel giro di un solo mese la popolarità di Margvelashvili è scesa al 36%, e pochi oggi escludono la possibilità di un secondo turno.
I sostenitori della Russia
In questo caso, le cose non saranno semplici. In questi ultimi mesi, le forze filo-russe hanno acquistato peso nella politica georgiana. Nel complesso, la Georgia è oggetto di un "assalto morbido" da parte del Cremlino: per la prima volta negli ultimi anni, i russi sono attivi in Georgia attraverso conferenze, la creazione di organizzazioni non governative e veri e propri “attacchi” culturali (tour di artisti russi, "giornate della cultura russa in Georgia" e così via).
Nel corso degli ultimi mesi si è assistito ad un esodo di sostenitori filo-russi dalle fila del “Sogno” a quelle di Nino Burjanadze, principale figura politica pro-Cremlino in Georgia. Anche se al momento il suo rating è del 5%, va considerato che la “campagna” russa è iniziata solo di recente: il punto d'inizio può essere considerato il 17 maggio, quando la chiesa ha organizzato una violenta iniziativa contro gli omosessuali e dichiarato apertamente il suo orientamento anti-europeo. Considerando l'influenza della Chiesa nella società georgiana, si tratta di una forte quinta colonna, in grado di mobilitare molti credenti nelle fila dei politici filo-russi.
In questo contesto è difficile valutare le possibilità di miglioramento della situazione per l'ex partito di governo di Saakashvili "Movimento Nazionale", che attualmente ha circa il 10-15% nei sondaggi, così come è impossibile prevedere se a beneficiare maggiormente dall'indebolimento del "Sogno" sarebbe il Movimento Nazionale o i filorussi.
Bidzina Ivanishvili non ha ancora lasciato il suo incarico, ma la semplice dichiarazione di intenti ha già avuto un impatto sulla politica interna della Georgia.
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