Come ci si poteva immaginare anche questa edizione del Pride georgiano è stata duramente attaccata da gruppi omofobi, sotto lo sguardo compiacente delle forze dell'ordine. Tanto che l'evento conclusivo della settimana pride, il Pride Fest, è finito ancora prima di iniziare
Come era largamente prevedibile dalle premesse, l’8 luglio il Pride Fest, evento conclusivo della Pride Week georgiana, è stato travolto dalla violenza omofoba. Un nuovo pogrom ha impedito lo svolgimento dell’evento che pure non si teneva in un’area all’aperto ma chiusa, cui si accedeva con biglietto. L’8 luglio, come in occasione della Marcia per la Dignità del 2021, l’evento è stato annullato per le minacce e l’invasione incontrastata di una folla di violenti.
Gli organizzatori dopo le proteste omofobe del 2013 e del 2021 avevano ripiegato su uno spazio chiuso, il Lisi Wonderland, non ad accesso libero, ed avevano ricevute garanzie da parte del ministero dell’Interno che l’evento si sarebbe potuto tenere in quella location che sarebbe stato più protetto rispetto alle strade della città.
L’evento doveva cominciare alle 16.00, ma buona parte di coloro che avrebbero dovuto partecipare, inclusa la stampa, non hanno nemmeno mai raggiunto il Lisi Wonderland. Alle 12.00 sono cominciati gli assembramenti di violenti in due punti della città: vicino al luogo dell’evento e presso il monumento di Vasha Pshavela, che dista un’oretta a piedi. Questi assembramenti non sono stati di natura spontanea. Da giorni si preparava l’organizzazione di questi gruppi da parte soprattutto di Alt-Info, il movimento ultraconservatore, filorusso e omofobo che si era ripromesso di non permettere lo svolgimento dell'evento.
È partita quindi la marcia degli omofobi verso il parco, dove i gruppi hanno cominciato l’assedio. Alle 15.00 la situazione è precipitata, con sfondamenti delle protezioni sempre più insistenti. A quel punto è partito l’ordine di evacuazione di organizzatori e attivisti. L’evacuazione è stata effettuata con minibus. Panico a bordo , non sapendo bene dove andare, dove sarebbe stato sicuro essere lasciati dal minibus, perché nel 2021 anche la sede del Pride era stata presa d’assalto.
Pogrom di Stato
Mentre i legittimi ospiti venivano costretti ad abbandonare l’area dell’evento, Lisi Wonderland diveniva teatro delle brutture degli ospiti non invitati. Infatti non solo la polizia non ha impedito che le minacce si facessero tali da dover allontanare organizzatori e attivisti, ma poi non ha impedito lo scempio dell’area del Pride , con bandiere arcobaleno e dell’Unione Europea date alle fiamme, il furto e la distruzione dei beni che erano stati raccolti per celebrare l’evento, dalle bibite ai materassini per la sessione di yoga.
La polizia che presidiava l’area era numerosa, ma in tenuta inadeguata. Siamo ormai abituati a vedere i poliziotti georgiani in tenuta antisommossa equipaggiati come robocop e a non lesinare l’uso di idranti, da cui l’iconica immagine per esempio della manifestazione europeista in cui una donna con la bandiera europea affronta l'impeto degli idranti.
Non questa volta. Nessun equipaggiamento anti-sommossa, ma maglietta e pantaloni.
Certo pensare di far fronte ad un’orda omofoba in t-shirt non corrisponde a un efficiente piano di sicurezza, e non sorprende che il cordone della polizia a guardia dell’evento non abbia retto. Questo piano lacunoso corona un periodo in cui si era foraggiata l’opinione pubblica e la destra più omofoba con uscite anti comunità LGBTQ+, e un periodo ancora più lungo in cui si è garantita l’impunità a chi esercita violenza contro questa comunità di cittadini. Alcuni aggressori di oggi sono risultati gli stessi del 2021, figure che hanno continuato a muoversi a piede libero nel paese e che godono di una imperscrutabile immunità alla legge.
Oggi gli organizzatori parlano di un’evidente connivenza delle forze dell’ordine e della classe dirigente con i perpetratori di questo nuovo pogrom, che appare sempre di più come un pogrom di Stato.
Lisi Wonderland è semplicemente stato conquistato senza che fossero prese le necessarie misure perché non accadesse. La marcia da Vasha Pshavela non è stata interrotta nonostante fosse evidente che sarebbe potuta culminare con un atto delinquenziale volto a impedire il diritto di manifestazione e associazione per un evento autorizzato. La polizia non era equipaggiata per la circostanza. Insomma, non c’è stata la volontà di rendere possibile il Pride Fest. La capacità ci sarebbe potuta essere perché si è vista la polizia georgiana impedire l’accesso ad aree protette anche di folle più numerose di quella che si è radunata contro il Pride, e stimata in 3000 persone.
Non solo l'organizzazione di Alt-Info che ha raccolto fondi e messo insieme la contro manifestazione (non autorizzata) non è stata ostacolata, ma appunto il governo ne ha sposato apertamente le posizioni omofobe.
Un declino inarrestabile
È un declino inarrestabile quello dello stato di diritto e della tutela nella Georgia in mano al Sogno Georgiano. Denunciando l’accaduto la Presidente Salomè Zourabishvili ha twittato : “Oggi sono state violate entrambe le libertà di espressione e di riunione garantite dalla nostra costituzione! I rappresentanti delle forze dell'ordine non sono riusciti a proteggere l'evento Pride Fest, non hanno impedito azioni di disturbo e, portando via gli organizzatori, di fatto hanno annullato l'evento. Il partito al governo non è riuscito a condannare i propri seguaci, che diffondono apertamente discorsi di odio e incitamento alla violenza. Una vergogna per un Paese che per secoli ha fatto della tolleranza la propria identità”.
La sua condanna, pesante, si accompagna alla voce di tanti, fra cui l’Europarlamento .
Il giorno dopo la drammatica cancellazione del Pride Fest, gli organizzatori hanno fatto una performance davanti al Parlamento con parte del materiale semi bruciato proveniente dalla sede del festival. Hanno chiesto di punire i responsabili, inclusi i leader di Alt-Info.
Ma tutto tace, nonostante la contro-manifestazione non avesse i caratteri di segretezza e non implicasse una grande attività investigativa.
La connivenza fra la polizia e perpetratori di reati – una nomea che la polizia georgiana aveva faticosamente allontanato con le riforme ma che sta tornando a caratterizzarla – è stata anche recentemente documentata in occasione all’aggressione al giornalista di Formula TV Misha Mshvildadze . Attraverso la ripresa di telecamere, la TV di opposizione ha infatti identificato fra gli assalitori Giorgi Mumladze, membro dei servizi segreti, figlioccio del vice capo dei Servizi, Levan Akhobadze.
Il partito di governo Sogno georgiano starebbe facendo un uso molto privatistico delle forze dell’ordine. A farne le spese, ovviamente, i cittadini che non lo sostengono.
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