Grecia, la CEDU in difesa dei diritti dei detenuti

4 febbraio 2016

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La Grecia è in ritardo per quanto riguarda la protezione dei diritti delle persone detenute. Lo ricorda la Corte europea dei diritti umani (CEDU), in due sentenze dello scorso 28 gennaio.

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Nel caso "Konstantinopoulos e altri c. Grecia (no. 69781/13)", i giudici di Strasburgo hanno riscontrato una violazione del divieto di trattamenti degradanti e del diritto ad un rimedio effettivo nel caso di 27 detenuti del carcere di Grevena. Sono in particolare le condizioni di detenzione a preoccupare la corte: celle di dodici metri quadri condivise da 3 o 4 persone, una delle quali costretta a dormire a terra; visite ristrette a 15 minuti massimo, nessuna telefonata, e cibo di scarsa qualità, oltre alla mancanza di differenziazione tra condannati e detenuti in attesa di giudizio. Ora Atene dovrà risarcire i 27 con 2.600 euro ciascuno per danni morali. Konstantinopoulos ha un'altro appello in corso di fronte alla Corte di Strasburgo per quanto riguarda le accuse di torture subite dal personale carcerario nel 2013, sulle quali le autorità greche non hanno indagato.

Nel caso "Patrikis e altri c. Grecia (no. 50622/13)", lo stesso problema si poneva per quanto riguarda la prigione di Diavata: celle di 24 metri quadri per dieci detenuti, con una sola toilette e docce aperte. La mancanza di spazio e di luce naturale si faceva particolarmente sentire in inverno, per l'impossibilità di tenere aperta l'unica finestra per via del freddo. Per Patrikis la Corte ha stabilito una compensazione per 15.000 euro, mentre altri ex detenuti hanno raggiunto un accordo amichevole con il governo greco fuori dal giudizio.

Le condizioni di detenzione sono uno dei talloni d'Achille della Grecia davanti alla Corte europea dei diritti umani. Già nel 2001 (caso Peers c. Grecia) Strasburgo aveva castigato Atene riguardo a condizioni di vita nelle carceri elleniche considerate in violazione del divieto di trattamenti disumani e degradanti, in quanto umilianti e lesive della dignità umana. Il tema è di particolare importanza anche per l'Italia: nel 2013, con la sentenza Torreggiani e altri, la Corte ha stabilito che le condizioni di detenzione nei carceri di Busto Arsizio e Piacenza, per via del sovraffollamento delle celle, ammontino a trattamenti inumani e degradanti - richiamando le autorità italiane a mettere in atto entro un anno un meccanismo di rimedio.