A poche decine di chilometri da Salonicco si trova il campo profughi di Vasilika. Racconto dell'incontro con due ONG che lavorano per rendere più sopportabile la vita nel campo ai 1200 rifugiati
Fonte: Pietro - Nessuno ferma le stelle
Qualche settimana fa eravamo a Belgrado e da lì abbiamo pubblicato un articolo sulla drammatica situazione in cui stanno vivendo centinaia di profughi nella capitale serba e siamo entrati negli spazi di Mikstaliste. Si parlava di rotta balcanica paragonandola ad un imbuto, infatti più ci si spinge ad est “controcorrente”, più i numeri dei profughi aumenta. Se in Serbia ci sono circa 4000 profughi, in Grecia si parla di oltre 50000 .
Questa la nostra visita al campo di Vasilika:
12 agosto: siamo a Portokali (orange beach), in un luogo meraviglioso sulla costa est di Sithona, il secondo dito della penisola calcidica. Quando cala il sole, suonando sugli scogli vicino al mare cristallino, conosciamo il gruppo di volontari che operano presso il campo di Vasilika, oggi è venerdì e sono nel giorno di pausa. I ragazzi, quasi tutti catalani, ci raccontano che proprio in questi giorni come collettivo Eko stanno aprendo uno spazio autonomo educativo e ricreativo proprio a fianco al campo profughi ufficiale, controllato dai militari greci e gestito da numerose associazioni e ong.
13 agosto: La mattina successiva copro i 130 km che mi separano da Vasilika e riconosco il campo e i suoi enormi capannoni industriali dalla strada grazie alle foto viste ieri dai volontari. Appena parcheggiata la star, proprio all’ingresso del campo, un ragazzo ad un tavolino di plastica colmo di barattoli di caffè solubile, mi invita a provare il suo frappè al caffè. Lui è Mahmud, siriano di Aleppo, come la maggior parte qui al campo; mi racconta di aver lavorato in una caffetteria nel centro della sua città, ma ora “problem in Aleppo”, mi racconta della sua città caduta sotto le bombe e i colpi di granata. Mentre sto bevendo il frappè ricolmo di schiuma, un altro ragazzo si offre di accompagnarmi allo spazio di Eko “dagli spagnoli”(che non me ne vogliano i catalani) mi dice, perchè qui i militari non ti fanno entrare..
A circa 100 metri di distanza dal campo, lo spazio Eko è all’interno di un giardino di un’abitazione privata. Decine di ragazzi sono impegnati a costruire nuovi capannoni, a creare collegamenti elettrici, a gestire i bambini arrivati dal campo. C’è frenesia, infatti proprio oggi si da il via alle attività del nuovo spazio Eko . C’è una zona gioco all’aperto e una coperta, un tendone dove verranno fatte attività per le donne, una scuola, una biblioteca e due spazi ancora in costruzione, uno spazio per adolescenti e la cucina.
14 agosto: arrivato al campo, mentre sto bevendo l’ennesimo freppè di Mohammed per rifocillarmi dopo essermi perso nelle campagne nei dintorni di Vasilika, le guardie del campo mi chiamano.. “Hey vespaman! Came here!”. Mi chiedono del viaggio in Vietnam e mi chiedono pareri sulle maggiori marche di moto italiane.. fingo di saperne qualcosa, dico di conoscere l’associazione Mam Beyond Borders e vorrei visitare il campo, alla fine mi concedono di entrare.
Nello spazio esterno c’è un capannone dove vengono svolte attività ricreative ed educative e distribuiti i pranzi. All’interno di capannoni immensi sono piantate centinaia di tende dell’UNHCR.
Alcuni ospiti del campo mi conducono alla tenda di Hasan, che oltre a fungere da alloggio è un ibrido tra una biblioteca ed una infermeria. Tra i libri c’è anche un irriconoscibile Paulo Cohelo tradotto in arabo. Hasan ad Aleppo, si occupava del primo soccorso in ambulanza, mi racconta dei devastanti bombardamenti sulla città e delle migliaia di persone soccorse. Nel campo il medico è una presenza poco costante, quindi Hasan è diventato a tutti gli effetti un farmacista, un medico, un formatore. Mentre sono nella sua tenda numerose persone passano per curare piccole infermità. Hasan mi invita a mangiare con la sua famiglia nell’altra tenda. Il cibo distribuito al campo è mediocre, quindi la madre recupera alcuni ingredienti e rimaneggiandoli con sapienza crea pasti dal puro sapore Siriano ad esempio trasformando gommosi panini per hot dog in deliziosi ‘panzerotti’ al formaggio. Finito il pranzo alcune ragazze vengono a chiamare Hasan, stanno aspettando che inizi il suo corso di first aid. Assisto alla lezione e oggi il tema principale è come portare una barella, con tanto di dimostrazione pratica.
Le persone all’interno del campo, dopo mesi di attesa cercano di ricrearsi una vita, cercando di condurre una vita in uno spazio che è un “non luogo”, dove le condizioni di vita sono al limite, mettendo a disposizione proprie competenze come Asia che continua a fare la parrucchiera, come Mahmud con la sua caffetteria, come Hasan con la farmacia e i corsi di first aid.
Attraversare i capannoni, è come attraversare un vero e proprio villaggio, i bambini giocano su altalene improvvisate, un uomo si fa la barba davanti alla propria tenda, c’è chi cucina, chi legge, ci sono piccole bancarelle con frutta e verdura.
La capacità di sopravvivenza e di adattamento dell’uomo è grandiosa, ma questo non può portare a pensare che possa un giorno, la vita del campo diventare una vita normale. Le condizioni igieniche rimangono scarse, in questa stagione il caldo può diventare insopportabile e l’inverno insostenibile.
Nonostante tutti gli sforzi delle realtà che collaborano all’interno del campo per garantire formazione ai più giovani e spazi ludici, pensare che bambini possano crescere all’interno di un campo profughi è aberrante. La vita è fuori dal campo ed esiterà solo quando queste persone potranno arrivare alla loro meta.
Eko Project
Eko Project nasce dall’esperienza del campo autogestito Eko, vicino ad Idomeni, sgomberato qualche mese fa. Il progetto è completamente catalano, ma accetta volontari da tutto il mondo. L’approccio di Eko è differente dalle associazioni che lavorano all’interno del campo, infatti la gestione dello spazio è fuori dal terreno del campo ufficiale ed è completamente autogestito ed indipendente. L’indipendenza di Eko gli permette di muoversi veloci nella costruzione del progetto, senza dover richiedere permessi e scendere a compromessi con la gestione militare del campo ufficiale, dall’altro lato il campo,fa i conti con la precarietà. Mi ha colpito l’estrema praticità e concretezza di Eko.
Proprio in questi giorni ha aperto il nuovo Spazio Donne gestito da Giada, una ragazza Italiana che da mesi collabora con EKO.
Per saperne di più e seguire gli aggiornamenti del campo guardate sulla loro pagina FB qui sotto.
https://www.facebook.com/Ekommunity/
Mam Beyond the Border
Mam Beyond the Border è una associazione italiana che nel campo si occupa di seguire i più piccoli e le madri, mettendo a disposizione anche infermiere ed ostetricie. Il principale compito è quello di assistere le madri in gravidanza fino a dopo il parto, con appoggio medico e psicosociale. MBB all’interno del campo in realtà si occupa di molto altro, come le attività di animazione per i più piccoli o organizzando iniziative culturali.
https://www.facebook.com/MAMbeyondborder/
http://www.mambeyondborders.org/
Altre associazioni collaborano con il campo di Vasilika come: Save the Children , Firdaus e Intervolve
Le realtà che lavorano a Vasilika come negli altri campi necessitano costantemente di volontari, sopratutto da ora che va a terminare la stagione turistica e molti studenti che hanno partecipato ai progetti, tornano nel loro paese. Se volete dare una mano direttamente in loco o attraverso una donazione potete connettervi ai link sopra.
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