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Sono decine di migliaia i cittadini greci che rinunciano o hanno rinunciato a ereditare immobili da parenti. Nella Grecia della crisi, li timore è quello di ereditare non solo un appartamento ma anche tutti i debiti accumulati dal defunto

25/09/2018 -  Gilda Lyghounis

Ereditare una casa da un lontano parente. O sapere che, quando saremo passati a miglior vita, lasceremo ai nostri figli una casa di proprietà.

Per generazioni è stato un sogno o un progetto per migliaia di famiglie. Ma nella Grecia della crisi, nonostante l’uscita il 20 agosto dai “programmi di salvataggio” targati Ue e Fondo monetario Internazionale, non è più così.

L’anno scorso ben 130mila persone in tutto il paese hanno rinunciato a ereditare immobili da parenti vicini o lontani. E nei primi otto mesi del 2018, solo considerando la città di Atene, hanno presentato formale atto di rinuncia all’eredità davanti al giudice di pace in 10mila, contro i 14mila di tutto il 2017. In tutta l’Attica, la regione a cui appartiene la capitale greca, le rinunce sono già 50mila sempre nei primi otto mesi del 2018. Come mai? Per paura di ereditare non solo un appartamento, ma anche tutti debiti accumulati dal defunto. 

Alcuni esempi

Panaghiotis Arvanitakis, contabile esperto del settore, ci fa alcuni esempi: “Mettiamo che i genitori abbiamo acceso un mutuo per comprare una casa del valore di 200mila euro. Oggi lo stesso immobile, per il crollo dei prezzi del mercato, ne vale 100mila. Non solo: è difficilissimo venderlo perché il mercato è fermo. Se un figlio eredita deve però continuare a pagare il mutuo per 200mila euro stipulato da mamma e papà. Risultato? Non gli conviene accettare l’eredità”.

Anche perché su quella casa dovrà pagare anche la tassa salata che grava in Grecia su ogni proprietà: per un appartamento di 120 metri quadri in una città di provincia la tegola fiscale è di circa 600 euro l’anno. E se i genitori, negli anni della crisi, hanno accumulato debiti con il fisco... la situazione è ancora più difficile da sostenere per il figlio. Risultato? Moltissimi preferiscono “regalare” la casa ereditata allo stato, che sta iniziando a mettere queste case all’asta, ma in piccoli numeri, anche perché le banche presso cui erano stati accesi molti mutui non saldati si rifanno su questi stessi immobili. 

Altro esempio: “Mi è capitato di seguire la vicenda di una ditta che vendeva bibite ai bar - continua Arvanitakis - prima della crisi era normale per i greci uscire la sera e ritrovarsi a bere o a mangiare qualcosa. Poi migliaia di bar e ristoranti hanno chiuso per mancanza di clienti. Cosa che è successa anche ad altri esercizi commerciali. Naturalmente anche la ditta che riforniva i bar non è più riuscita a farsi pagare dai propri clienti crediti per più di 20mila euro. Una cifra considerevole per una piccola azienda greca. Di conseguenza la proprietaria non è più riuscita a pagare il mutuo della casa e le tasse. È così che tanti hanno accumulato debiti nel nostro paese. Non mi meraviglio, quindi, che moltissimi non riescano a far fronte a un’eredità che spesso è appesantita da insolvenze e oneri a cui non si può fare fronte”. 

Oltre a questi eventuali debiti, bisogna anche considerare la tassa sull’eredità, che in Grecia è pari a zero solo per il coniuge e i figli minorenni del defunto, se la proprietà non supera il valore di 400mila euro. Se la supera, la tassa è del 5,00%. Per parenti più lontani può arrivare al 20% e oltre.

Raffica di rinunce

Il trend esplosivo “Rinuncio all’eredità” è tanto più clamoroso se si analizza la situazione rispetto agli ultimi anni. Secondo un’inchiesta del quotidiano Kathimerini, che cita dati del ministero della Giustizia, si è passati da 29.199 casi di rinuncia nel 2013, ai 41.388 del 2014, ai 45.628 del 2015, ai 54.422 del 2016 fino alla cifra impressionante di 130mila del 2017.

Gli effetti della crisi, iniziata ufficialmente nel 2008, sono stati sempre più evidenti dal 2013 in poi. Non è neppure facilissimo affrontare la trafila burocratica per rinunciare all’eredità: dal momento della morte di chi lascia gli eredi, costoro hanno quattro mesi di tempo per rivolgersi al tribunale. Solo chi è residente all’estero ha un anno di tempo. Un limite da tenere ben presente, perché alcuni pensano, a torto, che dal momento che non hanno “accettato” legalmente il lascito significa che l’hanno rifiutato. Non è così: per la legge chi tace acconsente ad ereditare. Ovviamente, come succede in Italia, l’eredità o la si accetta in blocco o la si rifiuta. Non si può certo incamerare l’appartamento o altri beni come automobili o azioni e rifiutare di accollarsi i relativi debiti! 

Spesso poi avvengono, soprattutto in questi mesi, rifiuti a catena: i primi ad avere diritto al lascito sono il coniuge e i figli minorenni del defunto, quindi il coniuge superstite dichiara al Tribunale di non volere accettare la casa, ad esempio,  gravata di debiti. Sempre il coniuge deve agire allo stesso modo in nome dei figli minori. La “palla avvelenata” passa allora ai parenti di secondo grado: fratelli, genitori. E così via. Tanto che i consulenti legali di alcuni quotidiani on line, o le associazioni che assistono i nuclei formati da un solo genitore, i “single parents” più colpiti dalla crisi, o i siti dei legali sono subissati da domande apparentemente surreali di questo tipo: “È morto mio fratello e vorrei sapere fino a che grado arriva la parentela per quanto riguarda la procedura di rinuncia all’eredità. Sua moglie non accetterà il lascito, ha due bambini piccoli, in seguito farò lo stesso io, che ho un bimbo di quattro anni, poi i miei genitori e poi chi?”.

Oppure: “Buonasera, non sono sposata e ho una figlia di cinque anni riconosciuta legalmente dal padre, che è deceduto sei mesi fa. Era un libero professionista, un architetto che finché è riuscito ha versato i suoi contributi previdenziali alla relativa cassa, ma aveva dovuto chiudere il suo studio perché molti clienti non riuscivano a saldarlo. Ho fatto la rinuncia all’eredità per mia figlia minorenne dal momento che il mio compagno era indebitato. Ho saputo dalla sua cassa previdenziale che mia figlia ha diritto a una pensione e che il debito di circa 20mila euro che lui aveva nei confronti della cassa sarà ripianato una volta che sarà calcolata la pensione, su una parte della quale si rivarrà la cassa previdenziale degli architetti. La mia domanda: questo saldo dei debiti previdenziali di mio marito da parte della cassa, significa che io ho accettato anche l’eredità?”

Dilemmi difficili da risolvere, che dimostrano la paura di non riuscire a sopravvivere oberata di debiti, oltre che dimostrare la propria probabile difficile situazione economica: se questa mamma avesse un florido stipendio e un tenore di vita accettabile, non sarebbe così spaventata. In questo caso il consulente rassicura la signora sul fatto che la pensione è un diritto inalienabile della figlia e non ha nulla a che fare con l’eredità del padre. In tutti questi casi, una sola cosa è certa. Il grande ereditiero di Grecia diventa a questo punto lo Stato, banche creditrici permettendo. 


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