Creta © Lucian BOLCA/Shutterstock

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Pighì di mestiere fa il meccanico. Una donna risoluta, il cui marito muore cadendo da una scogliera. Un incidente? "Mille sospiri" è ambientato nell'isola immaginaria di Kukutsi ed è un noir con rilevanti riferimenti alla storia greca. Una recensione

07/06/2022 -  Diego Zandel

Tra le scrittrici greche contemporanee, la cretese Ioanna Karistiani è sicuramente la più tradotta in Italia. Merito di Maurizio De Rosa, il neogrecista che già all’inizio degli anni Duemila prese a occuparsi di lei, traducendo per Crocetti, nella indimenticabile collana Aristea, il premiatissimo “L’isola dei gelsomini”, vincitore dell’Accademia di Atene come migliore opera narrativa del 1997, e del Premio dei Balcani. D’allora le traduzioni si sono moltiplicate, sempre con il marchio delle edizioni Crocetti per poi passare il testimone, negli anni più recenti, a quelle di e/o, che ora manda in libreria il suo ultimo romanzo “Mille sospiri”, che funziona sempre secondo i collaudati meccanismi narrativi della Karistiani, in cui elementi noir si sposano a forti turbamenti dell’animo, non senza i necessari echi a momenti di storia o tradizioni greche.

La copertina di "Mille sospiri"

Con “Mille sospiri” siamo nell’estate del 2015 e il libro ha per protagonista una donna, Pighì Vojagis, che di mestiere fa il meccanico di auto per il lascito da parte del padre di un’autofficina, ciò a indicare che non ci troviamo al cospetto di una intellettuale, bensì di una donna concreta, abituata, nella sua vita, così come nella professione, a fare i conti con la realtà delle cose. Vive in una piccola isola, Kukutsi, frutto dell’immaginazione della scrittrice, che la situa nell’Egeo tra Atene e l’isola di Siros, dove, due mesi dopo essere scomparso, viene trovato il cadavere di suo marito, Stilianòs Vojagis, precipitato da una scogliera - chiamata “Scoglio Sfrangiato” - contro la quale la violenza dei colpi ricevuti gli ha tumefatto il viso, e altre parti del corpo, da renderlo quasi irriconoscibile. Avvertita dalla polizia Pighì è chiamata a riconoscere il cadavere e, in effetti, lo fa da alcuni dettagli del corpo che le sono noti. Firmato il riconoscimento, Pighì, che era venuta sull’isola di Siros col suo pick-up, carica su questo la bara con il cadavere del marito per poi, imbarcatasi sul traghetto, tornare a casa per seppellirlo. Qui sarà presto raggiunta dalla figlia Amalìa che vive ad Atene e poi dalle amiche, Pepi Meidani e Popi Chrapi. Pepi sarà addirittura interrogata dalla polizia, perché, da un controllo del cellulare di Stilianòs, chiamato Stelios, era risultato essere stata l’ultima persona con la quale aveva parlato al telefono.

Finita l’indagine della polizia - la domanda era se l’uomo fosse scivolato sulla scogliera o non, piuttosto, gettato giù da qualcuno - si potrebbe provvedere al funerale e alla sepoltura, ma in Pighì, nonostante la sua personale conferma ufficiale del riconoscimento, sorge a poco a poco il dubbio che non si tratti di lui. In fondo, il cadavere che aveva visto “non aveva più nulla di umano, era soltanto un’amorfa carcassa semidecomposta che Pighì Vojagis non ebbe il coraggio di esaminare a fondo né di osservare minutamente”. Tant’è che, segretamente, manda a un laboratorio di Atene un reperto fisico di Stelios perché sia accertata la coincidenza del suo DNA con quello del cadavere.

Però, ora, senza ovviamente rivelare la verità a riguardo, rende più acuto il mistero una strana coincidenza: quarant’anni prima, su quello stesso scoglio aveva trovato la morte una ragazza, la bellissima Nina, della quale erano innamorati tre amici: Stelios stesso, Isidoros Pauris e Ilias Kujulìs. I tre si trovavano con lei su quella scogliera, e la ragazza era scivolata o qualcuno – chi? Stelios stesso – l’aveva buttata giù? Non è solo per rivalità d’amore. Può essere anche per il periodo in cui la morte è avvenuta, durante la dittatura dei colonnelli, che rivive in queste pagine anche attraverso la memoria di una giovanissima Pighì, e qualcosa può essere andato storto, qualche soffiata, un tradimento, una vendetta. E Pighì non può fare a meno di andare a trovare i due uomini, che sembrano, infatti, evitarla. E alla domanda che lei gli fa: “Isidoros Pauris, perché mi eviti? Perché non mi guardi negli occhi? Con che coraggio mi tieni nascosta la verità?” lui le risponde “Pighì, lascia le cose come stanno”. Altre persone entrano nella indagine di Pighì, che è anche un’indagine nei confronti di se stessa, del suo amore per Stelios, se mai lui l’ha amata, o se lei ha amato lui, se il suo cuore, anche per un profondo senso di colpa che per quarant’anni lo ha dilaniato, non sia sempre rimasto con Nina. D’altra parte, il poliziotto Jordanis, non ha forse detto che era “difficile che Scoglio Sfrangiato sia un magnete di disgrazie e che chiunque vi passi vi scivoli come un imbecille”?. Ma la verità ha mille sfaccettature. E Ioanna Karistiani sa, da par suo, come confondere il lettore, trascinarlo nell’abisso profondo dei sentimenti umani: i mille sospiri della vita.


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