In controtendenza rispetto alla maggioranza dei paesi europei che hanno votato per l'europarlamento, la Grecia guarda a sinistra. Il partito del premier Karamanlis perde quasi nove punti percentuali rispetto alle precedenti elezioni. I socialisti di Papandreu diventano il primo partito nel paese
L'unica zattera di salvataggio, nel mare in tempesta che ha sconvolto la politica greca dopo l'eurovoto, il premier conservatore sconfitto Kostas Karamanlis la trova nella più alta percentuale di astensione di tutta la storia ellenica: 48%. Un greco su due non è andato alle urne, cedendo alla tentazione di spiaggia e ombrelloni.
"Ringraziamo chi ci ha votati e anche chi ha voluto restarci vicino, pur mandandoci un segnale di protesta ma non premiando l'opposizione", ha annunciato all'indomani del voto Karamanlis. "Questa astensione record punisce, in realtà, tutto il sistema dei partiti" ha aggiunto il primo ministro.
Resta il fatto che la sentenza degli elettori parla chiaro: il centro destra di Nuova democrazia, al potere dall'aprile 2004 e riconfermato alle elezioni anticipate del settembre 2007, si ferma ora a quota 32,30% (alle europee del 2004 aveva totalizzato il 43% dei voti e nelle politiche del 2007 il 41%), mentre i rivali socialisti del Pasok effettuano il sorpasso con il 36,65% (nel 2004 avevano raccolto il 34,5% dei voti, nel 2007 il 38%). Una differenza di 4,3 punti. Che, tuttavia, è un non piccolo sospiro di sollievo per Nuova democrazia, alla quale i primi exit polls avevano preannunciato una disastrosa forbice di oltre il 6% a vantaggio del Pasok. "La nostra sconfitta è bruciante ma gestibile" si consolano i collaboratori di Karamanlis.
La grande sorpresa uscita dalle urne è l'affermazione della destra ultranzionalista del Laos, al 7,5% (raddoppiata rispetto alle precedenti elezioni), mentre i comunisti del KKE si confermano terzo partito con l'8,35 % (restando più o meno stabili). Scivola invece la sinistra riformista del Syriza al 4,69% (contro il 5% del 2007, ma brucia l'essere stati superati dai nazionalisti del Laos). I seggi nell'Europarlamento saranno così distribuiti: 8 rispettivamente al Pasok e a Nuova Democrazia, 2 ai veterocomunisti del KKE, 2 al Laos, 1 a Syriza, 1 ai Verdi che nel Parlamento nazionale non hanno rappresentanti.
Cosa succederà adesso? Karamanlis è apparso da solo ieri davanti alle telecamere: un chiaro segnale di assunzione in prima persona della responsabilità della sconfitta, ma anche un prendere le distanze dal proprio esecutivo: "Abbiamo pagato la superficialità e i comportamenti scorretti di alcuni ministri" ha annunciato il premier. Chiaro riferimento alla serie di scandali che hanno colpito eminenti membri del governo e dell'amministrazione pubblica.
Per citare solo quelli più grossi in ordine di tempo, c'è stata l'"incarcerazione elettorale", due giorni prima dell'eurovoto, dei familiari di Christos Karavelas, ex rappresentante in Grecia della società tedesca Siemens ora scappato a Monaco in Germania, accusato di avere distribuito corpose bustarelle ai politici. Tangenti per milioni di euro che la Siemens avrebbe pagato a membri del governo greco fin dagli anni Novanta del Pasok al potere, in cambio di contratti per telecomunicazioni e sicurezza soprattutto legati ai giochi olimpici del 2004: ma le malversazioni, e il riciclaggio all'estero di denaro sporco sarebbero continuati anche sotto l'egemonia del centrodestra. Tanto è vero che quando il dibattito sul caso Siemens stava per approdare in Parlamento, Karamanlis ha deciso di chiudere il Parlamento anticipandone le ferie. Alle due figlie e alla moglie Karavelas avrebbe intestato conti sotto il mirino della magistratura.
Un mese prima di queste elezioni europee, un altro scandalo ha scosso Nuova Democrazia. Il Parlamento greco, dove il centro destra traballa con 151 deputati su 300, ha negato l'autorizzazione a procedere contro il deputato del partito di maggioranza Pavlidis, coinvolto in un caso di corruzione. Tutta l'opposizione ha votato contro Pavlidis, accusato da un armatore di avergli estorto 100mila euro. Ma se ciò non è bastato per il rinvio a giudizio, i numeri segnalano una sentenza morale e le schede bianche un dissenso in seno persino al partito di Karamanlis. Ma non è finita.
Negli ultimi anni i greci hanno assistito alla gestione vergognosa degli incendi che hanno sfregiato la Grecia nel 2007. Al lasciare cadere a pezzi gli stadi di Atene 2004. Al tentato suicidio di un ministro, Christos Zachopulos amico di Karamanlis, ricattato dalla segretaria con una serie di cassette che li ritraevano in pose osé. Infine allo scandalo immobiliare del passaggio di beni pubblici (addirittura un lago intero!) al monastero del monte Athos di Vatopedi, con la perdita per lo Stato greco di circa 100mila euro: la transazione ha portato alle dimissioni dell'ex ministro delle Finanze George Vulgarakis, la cui moglie notaio ha curato l'"affare".
La corruzione dilaga: secondo Transparency International ha fatto precipitare la Grecia, negli ultimi 4 anni, dal 47esimo al 55esimo posto al mondo nella classifica dei paesi meno virtuosi dal punto di vista della gestione del denaro pubblico.
A tutto questo, il premier di centro destra cercherà di rimediare, secondo il quotidiano progressista "To Vima", con un ennesimo rimpasto governativo (l'ultimo risale a gennaio) e ricorrendo a elezioni anticipate in autunno, per evitare una debacle ancora maggiore fra due anni. Una tattica che Karamanlis aveva già adottato appunto dopo l'estate degli incendi del 2007, subito dopo avere promesso fondi alle vittime del disastro. In quel frangente gli era andata bene. Ma l'esasperazione ellenica è scoppiata, nel frattempo, con la "bomba sociale" degli scontri e delle manifestazioni di dicembre 2008, dopo l'uccisione dello studente Alexis Grigoropulos da parte di un poliziotto, alla quale sono seguite settimane di proteste in cui il centro di Atene e delle maggiori città elleniche sono stati messi a ferro e fuoco dai dimostranti inferociti contro il governo. A tutto ciò si aggiungono gli effetti della crisi economica, che nei Balcani stanno mordendo i budget delle famiglie in modo più feroce che nel resto dell'Occidente.
"La nostra vittoria è stata grande" ha proclamato il leader socialista George Papandreu. Anche lui sa, proprio come ne è consapevole Karamanlis, che il 38% raggiunto dal Pasok difficilmente gli assicureranno la maggioranza assoluta in caso di elezioni in tempi brevi, tuttavia Papandreu reclama la scommessa del voto anticipato. Sa anche che la collaborazione con i comunisti del KKE (terzo partito) è difficile: nel 1993 addirittura il KKE aveva preferito allearsi con Nuova democrazia, entrando nel governo dell'allora premier conservatore Kostas Mitsotakis, pur di lanciare un messaggio contro la gestione clientelare e Pasok-centrica del potere da parte socialista.
Resta un dato indiscutibile: a differenza del resto d'Europa, nonostante l'exploit del Laos ultranazionalista, la Grecia si sposta a sinistra. Un trend confermato anche dai risultati del voto a Cipro, dove non ci saranno problemi per il presidente della Repubblica in carica, il comunista dell'Akel Dimitris Christofias, a portare avanti personalmente i negoziati per la riunificazione dell'isola. Il suo partito è arrivato sì secondo, ma a una distanza di solo 0,7 % punti rispetto ai moderati, e suoi alleati, del Disy, che riportano il 35,6% dei voti. Inoltre l'Akel guadagna il 7% rispetto alle ultime elezioni del 2004.
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