La manifestazione di sabato 12 settembre dei richiedenti asilo a Lesbo (© LcB/Rafenberg)

La manifestazione di sabato 12 settembre dei richiedenti asilo a Lesbo (© LcB/Rafenberg)

Dopo l'incendio che ha devastato il campo di Moria sull'isola di Lesbo, più di 11mila profughi sono rimasti senza alloggio, bloccati dalla polizia che ha impedito loro di raggiungere il porto di Mitilene

14/09/2020 -  Marina Rafenberg Lesbo

(Pubblicato originariamente da Le Courrier des Balkans il 14 settembre 2020)

Sdraiato su una scatola di cartone vicino ad una stazione di servizio, Masoud, un giovane afghano arrivato a Lesbo un anno fa, è esausto. Questa è la quinta notte che dorme all'aperto, non ha mangiato a sufficienza e non ha potuto lavarsi. “Moria era tutt'altro che un paradiso. Le condizioni di vita erano orribili, ma ora è anche peggio, siamo stati abbandonati da tutti. Per diversi giorni non abbiamo mangiato né bevuto, sotto il sole per tutto il giorno”.

Le autorità greche hanno distribuito un solo pasto negli ultimi quattro giorni. Le Ong, inizialmente assenti, sono state poi limitate nell'operare dalle linee di sicurezza messe in atto dalle forze dell'ordine. Durante le distribuzioni organizzate da giovedì, migliaia di persone hanno aspettato ore per avere del cibo. Ma spesso non ce n'era abbastanza per tutti.

Non lontano da Moria, le autorità greche hanno allestito alcune tende. Sono stati garantiti inizialmente 3.000 posti. “Daremo priorità alle famiglie e allestiremo tende finché tutti non entreranno nel campo. Nessuno verrà trasferito sul continente”, assicura un portavoce del ministero della Migrazione.

Sabato 300 rifugiati hanno deciso di entrare nel nuovo campo, situato vicino al mare, nei pressi del villaggio di Panagiouda. Prima di prendere posto nelle tende dell'Unhcr che ospitano sino ad otto persone, i richiedenti asilo sono stati sottoposti a test rapidi per Covid-19. Domenica sera dodici richiedenti asilo sono risultati positivi e posti in quarantena.

La maggior parte dei rifugiati teme però di essere rinchiusa e di finire a vivere in condizioni terribili come a Moria, dove scarsa igiene e violenza facevano parte della vita quotidiana. "La polizia ci minaccia e ci dice che fino a quando non saremo entrati nel nuovo campo nessuno ci distribuirà cibo e acqua", sospira Masoud.

Sabato 12 settembre i rifugiati, esasperati, hanno organizzato una manifestazione per protestare contro le forze antisommossa che impedivano loro di raggiungere il porto di Mitilene. La manifestazione è degenerata e la polizia ha lanciato gas lacrimogeni. “Una bambina di dieci giorni ha inalato gas, dormiva per strada da quattro giorni, ha vomitato tutta la notte. È possibile che bambini, anziani ed ammalati vengano abbandonati così?", si chiede un operatore di Medici senza Frontiere (MSF). Domenica mattina, la polizia greca ha cercato di impedire che giornalisti e fotografi seguissero un'altra protesta.

Il capo missione di MSF a Lesbo, Stephen Oberreit, si è detto esterrefatto da ciò che sta avvenendo: “I bisogni qui sono enormi. Lo stato è assente. L'unica soluzione è il trasferimento dei rifugiati nel continente. Un nuovo campo non risolverà nulla”.

Le prime tende del nuovo campo che dovrebbe alloggiare gli sfollati da Moria (© LcB/Rafenberg)

Le prime tende del nuovo campo che dovrebbe alloggiare gli sfollati da Moria (© LcB/Rafenberg)

Il piano migranti Ue

"Questa proposta vi ricorderà una casa di tre piani", ha annunciato venerdì 11 settembre la vicepresidente della Commissione europea Margaritis Schinas in una conferenza stampa con il ministro degli Interni tedesco Horst Seehofer, delineando tre grandi aree del patto sulle migrazioni che verrà presentato dalla Commissione il 30 settembre.

"Il primo [piano della casa] sarà rappresentato dagli accordi con i paesi di origine e di transito per mantenere le persone, per una vita migliore, nei loro paesi", ha dichiarato. Al secondo piano, ha annunciato la Schinas, vi sarà un rafforzamento del pattugliamento delle frontiere Ue. Il "piano" superiore e finale del piano ruoterà attorno a un concetto che Schinas ha descritto come un "sistema di solidarietà permanente ed effettiva".


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