Si è aperto ieri a Trieste il festival Alpe Adria Cinema. Molti i lungometraggi e cortometraggi presenti girati nei Balcani. Quest'anno lo spazio "Scuola di cinema" sarà inoltre dedicato alla Facoltà di arti drammatiche di Belgrado.
Si rinnova dal 16 al 23 gennaio 2003 a Trieste (Cinema Excelsior, via Muratti) l'annuale appuntamento con Alpe Adria Cinema - Trieste Film Festival.
Giunta quest'anno alla XIV edizione, la rassegna internazionale organizzata dall'Associazione Alpe Adria Cinema, e diretta da Annamaria Percavassi, si è dedicata, fin dai suoi esordi, alla scoperta della preziosa e pressoché inesplorata produzione cinematografica dell'Europa centro orientale, legando Trieste alla specificità della ricerca permanente su questo bacino cinematografico. Otto giorni ininterrotti di proiezioni, con oltre 120 pellicole, anteprime per l'Occidente altrimenti invisibili, fanno di questo Festival un punto di riferimento essenziale su quell'altrove troppo spesso dimenticato per implacabili quanto ovvie ragioni commerciali.
L'edizione 2003 del festival si articola, come di consueto, in diverse sezioni, spaziando dai lungometraggi presentati in Concorso, al concorso internazionale dei cortometraggi, i documentari, i video e i corti della sezione Immagini, la personale, che quest'anno è dedicata ad Andrzej Zulawski, la monografica, rivolta in quest'edizione all'Asia centrale ex sovietica, insieme ad ulteriori spazi dedicati alle Scuole di cinema, quest'anno la Facoltà di arti drammatiche di Belgrado.
Per l'inaugurazione vi sarà l'anteprima nazionale del nuovo film interpretato da Anna Galiena, "Oltre il confine", del regista Rolando Colla - una co-produzione Italia-Svizzera. La sceneggiatura è di Luca Rastello, giornalista ed autore di uno dei libri più belli sulla tragedia bosniaca "La guerra in casa" edito da Einaudi.
"Oltre il confine" ha portato Anna Galiena e la troupe fino in Bosnia, punto d'arrivo della vicenda personale da cui il film si dipana: seguendo le vicende della protagonista Agnese, la pellicola ci restituisce una Bosnia ancora lacerata dai conflitti etnici e permeata di una desolazione che solo il dopoguerra può lasciare dietro di sé. Quasi un monito a non dimenticare, che il regista ha voluto rendere più intenso utilizzando solo location reali e utilizzando attori bosniaci, che hanno realmente vissuto gli anni della guerra.
Il film rappresenta inoltre l'anomalo incontro tra cinematografia e cooperazione. Difatti Bojana Sljivic, la bravissima bimba che nel film veste i panni della traumatizzata Ada, non è un'attrice di professione. E' una bambina che porta ancora i segni di quella guerra e che grazie a un gruppo di volontari italiani è stata portata in Italia, proprio poco prima di essere coinvolta nella realizzazione del film, per subire la prima di una serie di operazioni che le permetteranno in futuro di vivere serenamente. Anche se a casa, in Bosnia, il padre continua a non ricevere regolarmente il magro stipendio da ferroviere, e le prospettive future per tutta la famiglia rimangono difficilissime, seppur a sette anni dalla fine della guerra.
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