Idrogeno - © witsarut sakorn/Shutterstock

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Italia, Croazia e Slovenia insieme per l’integrazione transnazionale di produzione, distribuzione e consumo di idrogeno: tra i 37 partner la Fondazione Bruno Kessler di Trento con la sua unità HyRes (Tecnologie dell’idrogeno e sistemi di energia resilienti), guidata da Matteo Testi che abbiamo intervistato

19/07/2024 -  Paola Rosà

Questo progetto segue l’approccio della quadrupla elica, un modello di innovazione che riconosce quattro attori principali, ovvero scienza, politica, industria e società. Si tratta di una consuetudine per la Fondazione Bruno Kessler (FBK)?

Certo, e infatti il nostro capo a FBK non dice mai che siamo ricercatori: ci chiama innovatori, perché ci occupiamo della parte finale della ricerca, la più rivolta verso le applicazioni concrete e al mondo produttivo, sviluppando cose che poi serviranno all’azienda magari in un secondo momento.

Di idrogeno FBK si occupa da anni, in che modo?

Con la nostra unità HyRes lavoriamo su idrogeno e tecnologie per i gas verdi allo scopo di promuovere e sviluppare tecnologie ecologiche legate all’uso di idrogeno e vettori di idrogeno – quindi ammoniaca verde, metanolo, e affini. L’unità che dirigo è una delle due unità del Centro energia sostenibile diretto da Luigi Crema, centro che ha l’obiettivo di sviluppare tecnologie per la profonda decarbonizzazione, sia mediante elettrificazione spinta sia mediante gas verdi.

Arrivando al progetto che vi occuperà per sei anni: come spiegarlo ai non addetti ai lavori?

Si tratta di un bando sostenuto dalla Clean Hydrogen Partnership, l’alleanza per l’idrogeno pulito, una struttura dell'Unione europea che sovrintende tutti i finanziamenti dedicati unicamente all’idrogeno. Il progetto si chiama NAHV , North Adriatic Hydrogen Valley, “la valle dell’idrogeno dell’Alto Adriatico”, e intende creare un ecosistema in cui i punti di produzione, trasporto e utilizzo dell’idrogeno possano svilupparne altri e rafforzare il sistema.

Questa visione d’insieme è molto importante, perché come tecnologia l’idrogeno è differente dalle batterie: mentre le batterie si possono attaccare alla rete elettrica e funzionano – quindi sono a tecnologia per molti versi plug and play – l’idrogeno non è così. Bisogna sviluppare sia la parte produzione sia quella di trasporto e distribuzione, e anche la parte di uso finale. La “valle dell’idrogeno” finanzia l’ecosistema di queste diverse tecnologie che si parlano tra loro scambiandosi idrogeno.

Per Nahv si parla di 25 milioni di euro in sei anni.

Ma non è tutto, visto che il progetto si inquadra in un contesto di finanziamenti molto più elevati: per sostenere le aziende, sia la Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, sia Slovenia e Croazia mettono a disposizione fondi che consentono di andare oltre i 25 milioni. Questa valle dell’idrogeno transfrontaliera mira a far scambiare cinquemila tonnellate di idrogeno l’anno: un obiettivo ambizioso ma fattibile, per cominciare a creare un vero e proprio mercato dell’idrogeno.

Quale sarà il ruolo di FBK nel progetto?

Abbiamo sei persone coinvolte e ci occupiamo delle attività di supporto in diversi filoni: safety, digital twin e comunicazione. La safety (sicurezza) include anche l’analisi delle buone pratiche, l'armonizzazione dei protocolli di sicurezza e lo studio delle discrepanze rispetto alla norma in tutte e tre le regioni dei tre paesi. Il digital twin ("gemello digitale") è un’attività di simulazione digitale che permette di programmare e pianificare produzione, trasporto e uso dell’idrogeno mediante un modello, riducendo ad esempio drasticamente i costi. Nella comunicazione infine, oltre a diffondere i risultati, siamo chiamati a coordinare e verificare il loro sfruttamento pratico: dobbiamo ad esempio verificare che tipo di brevetti si intendono sviluppare e come si utilizzeranno, fare un bilancio dei risultati e capire come migliorare, sempre con uno sguardo di lungo termine, ben oltre il progetto.

Tra i compiti che abbiamo c’è anche lo sviluppo di uno schema di garanzia di origine. Le garanzie di origine sono fondamentali nel mondo delle rinnovabili, perché permettono di fornire energia garantendone la provenienza da fonti rinnovabili. C’è tutto un mercato – i famosi certificati bianchi, o verdi in questo caso. In collaborazione con realtà esterne ed enti certificatori, stiamo sviluppando uno schema di garanzia d’origine, ovvero una soluzione che sia solida e soprattutto poco costosa per le aziende, in modo che possano valutare e monitorare il loro uso effettivo di energia rinnovabile per ricavare idrogeno.

L’entità del finanziamento e il numero dei partecipanti confermano l’importanza dell’idrogeno nella strategia energetica dell'UE. Ma non si tratta solo di utilizzarlo per le auto elettriche, vero?

Confermo che il numero dei partner (37) è piuttosto elevato per un progetto europeo sul tema: lo scorso settembre a Portorose, in Slovenia, c’erano almeno 150 persone al primo incontro, perché le ricadute indirette sono molto importanti. E no, non si parla solo di auto elettriche: l’idrogeno si usa anche nelle acciaierie, nelle raffinerie, per i saponi e per fare l’ammoniaca dei fertilizzanti. La quantità richiesta è molto grande, molto più di quanto servirebbe per la sola mobilità. E anche in quel caso si parla soprattutto di trasporto pesante: navi, treni, camion. Sulle autostrade italiane i fondi del PNRR hanno contribuito alla creazione di oltre 50 stazioni di rifornimento.

Che ci può dire sulle auto elettriche, tra batterie e idrogeno?

Quello della mobilità leggera è un fronte aperto; le batterie hanno già le loro applicazioni, sarà il mercato a decidere. Ma anche per l’idrogeno tutto si gioca sulla competitività. Toyota ci crede molto, Stellantis ci sta lavorando, la Honda ha dei prototipi come anche la Nissan. Ma è come con l’uovo e la gallina: se non ci sono distributori non si può testare il mercato delle auto a idrogeno. Sull’Autostrada del Brennero ci sono in pianificazione sei stazioni di rifornimento di idrogeno, soprattutto per i mezzi pesanti – che saranno i primi ad essere riforniti, perché c’è uno standard di pressione che al momento viene garantito solo per i camion.

Concludendo, ci sono altri finanziamenti UE per FBK sull’idrogeno?

Abbiamo ricevuto ad esempio un importante finanziamento sulle batterie di prossima generazione per cui si prevede di implementare un laboratorio a Rovereto; anche in questo caso si tratta di fornire supporto alle imprese nelle attività di ricerca per sviluppare nuovi componenti e sistemi. Si tratta di un finanziamento IPCEI (Important Projects of Common European Interest) di oltre 59 milioni di euro, e la parte spettante a FBK saranno 6,5 milioni. Lavoreremo sulle batterie di quarta e quinta generazione per sviluppare un prototipo innovativo e studiare nuovi design di celle e sistemi di accumulo.

 

Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto "Energy4Future" cofinanziato dall’Unione europea (Ue). L’Ue non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto. La responsabilità sui contenuti è unicamente di OBC Transeuropa. Vai alla pagina "Energy4Future"


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