Una visita ad una conoscente, a Parma, fa scaturire una serie di pensieri sul destino comune a molte persone immigrate in Italia. Un racconto

08/08/2017 -  Adela Kolea

(Pubblicato originariamente da AlbaniaNews.it il 24 giugno 2017)

Ieri sono andata a casa di una mia amica parmigiana a prendere il caffè. Aveva da poco finito di ristrutturare la sua villetta, e volevo andare a vedere il lavoro ultimato.

Era da un po’ che non trovavamo un ritaglio di spazio per fare due chiacchiere insieme. Per via dei vari impegni di entrambe: lavoro, famiglia. Ancor più difficile in estate quando, durante il tempo libero, solitamente approfittiamo per andare a trascorrere delle ore al mare, in piscina, o in montagna.

Finalmente ieri siamo riuscite però a vederci. Lei è una persona molto affabile, ci conosciamo oramai da tantissimi anni e mi accoglie con gioia.

Mi ha fatto vedere la casa ristrutturata, mi è piaciuta molto, il giardino soprattutto per come lo avevano riordinato, mi ha affascinato. In quel momento sento arrivare delle voci dalla sala. Era sua madre, una signora anziana, che mi salutava, ma non si poteva alzare, in quanto si stava facendo i capelli, per cui mi sono avvicinata io a lei.

Vedo che la ragazza che le stava facendo i capelli in casa è una bella ragazza di carnagione olivastra, capelli neri, occhi scuri. Ci salutiamo. Noto immediatamente un accento diverso dal parmigiano nel suo timbro di voce. Io, generalmente, gli accenti e le cadenze nel parlare le individuo subito.

Infatti, dopo che ci siamo presentate, mi colpisce il suo nome, Houda! Houda è una ragazza marocchina che chiamano quando la madre della mia amica ha bisogno della parrucchiera, non potendo muoversi per via dell’età e vari problemi di salute.

La signora dopo aver fatto i capelli, sembrava un’altra. Era molto in ordine nell’aspetto e il taglio e la piega fatti da Houda le donavano molto, sembrava ringiovanita.

Una cosa però ha attirato ulteriormente la mia attenzione. Houda, dopo aver terminato il lavoro da parrucchiera ed estetista, non se ne stava andando via. A quel punto, in confidenza, ho chiesto alla padrona di casa: ma la ragazza si ferma a pranzo oggi qui da voi?

Oh, no, – mi ha risposto – si ferma per un altro po’ di tempo, in quanto ora arriva Pietro, mio figlio. Tu sai che lui frequenta la prima superiore, no? Ed è stato rimandato in due materie, di cui, una è il francese.

Visto che Houda non solo è di madrelingua francese, ma è anche laureata in lingue, con studi conclusi fuori dal Marocco. “Quando sono venuta a saperlo - ha continuato la padrona di casa - le ho chiesto di impartire delle lezioni di francese a mio figlio che è stato rimandato a scuola proprio in questa materia! In questo modo evito anche di avere più persone per casa. Una vera e propria fortuna!”.

Già!- le dissi – una fortuna, e mi misi nei panni di questa ragazza.

Accantonando il fattore “crisi” ed il fatto che molti giovani laureati italiani faticano a trovare un lavoro consono al loro titolo di studio ed alla loro preparazione universitaria, ho pensato ai tanti stranieri intellettuali che in Italia svolgono lavori umili. Nessuno li ha riconosciuti per ciò che valgono veramente, per i professionisti che in realtà sono stati, prima di arrivare in Italia, nei loro paesi d’origine.

Ho pensato a Nina, una ragazza russa di mia conoscenza, ingegnere nel suo paese e che qua in Italia si adegua a fare la badante o la donna delle pulizie ed il tutto lo alterna ad un suo grande hobby, l’amore per gli animali, per cui presta servizio come volontaria in vari canili.

Ho pensato a Natalia, una donna moldava, laureata in economia nel suo paese, che anche lei qua in Italia lavora in un’impresa di pulizie. Quale fortuna avere la donna che pulisce il condominio, laureata in economia! Per quel condominio, come minimo lei potrebbe fare l’amministratrice…

Ho pensato ad Enkelejda, una donna albanese che in Albania è laureata in giurisprudenza e qua in Italia non potendo praticare la sua professione di avvocato, si è adattata con un forte senso di savoir-faire e sta facendo la commerciante, ha una sua bancarella, in cui vende abiti ai mercati per i vari quartieri di Parma. Nel suo caso ho trovato una sorta di correlazione positiva tra l’arte del sapersi destreggiare nei rapporti sociali dell’avvocato, con quello del commerciante...

Ho pensato ad Igor, quell’uomo moldavo, architetto, che fa il muratore in Italia, ad Agim, albanese, pittore che qui in Italia fa il piastrellista. Ma davvero tanti stranieri che conosco, che in Italia non hanno potuto realizzarsi.

Non posso poi evitare di avere un pensiero per un altro caso eclatante che noi qui a Parma abbiamo avuto. Si è trattato di un vero è proprio talento, un grande intellettuale, un ragazzo che i parmigiani conoscevano come operaio di una fabbrica e che di giorno sollevava casse di pomodori. Ma lui, nel tempo libero, traduceva opere letterarie di Pirandello, Buzzati ed altri autori. In Albania si era laureato in Lingue e Letterature straniere ed era figlio di intellettuali, il padre scrittore e la madre, professoressa di lingue. Lui stesso in Albania era molto apprezzato. Sfortuna ha voluto che sia scomparso per una grave malattia senza essere riuscito, a Parma, a trovare un lavoro adeguato ai suoi studi effettuati in Albania ed ai suoi veri meriti professionali.

Me ne sono andata dalla casa della mia amica parmigiana con il piacere del tempo trascorso insieme e quello della bella accoglienza da parte sua e della sua famiglia. Ma anche con un po' di pensieri e malinconia, nati dall'incontro con quella ragazza marocchina, Houda, “la parrucchiera laureata in lingue”.


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