Si è avviato, non certo nei migliori dei modi, il semestre UE di presidenza italiana. Il Governo italiano si è fatto spesso negli ultimi mesi paladino dei Balcani occidentali. Ma cosa ci si può realisticamente aspettare?

03/07/2003 -  Anonymous User

Infine questo semestre di presidenza italiana dell'unione è partito. Tra polemiche dei quotidiano stranieri, gli orrori diplomatici del Primo Ministro Berlusconi e programmi ambiziosi. Tra le priorità definite dal governo italiano il raggiungimento di un consensus su quella che sarà la nuova carta costituzionale di una nuova Europa, sempre più grande, sempre più completa. Ma poi l'appoggio alla tortuosa "road map" per Israele e Palestina, il rafforzamento dei rapporti con la Russia, la definizione di una politica comune sull'asilo e sull'immigrazione, in particolare in merito ad una comune responsabilità sul controllo dei confini dell'Unione, la sponsorizzazione di grandi opere nel campo dei trasporti, il sostegno ai dieci nuovi Paesi che a partire dal 2004 faranno parte dell'Unione.
E poi ci sono i Balcani occidentali dove, sono parole del Premier nel suo discorso a Strasburgo, tenuto proprio ieri, analizzando retrospettivamente il proprio ruolo gli europei possono sentirsi orgogliosi: "Se compariamo la situazione attuale a quella di 10 anni orsono, constatiamo che l'intervento dell'Europa e degli Stati Uniti ha permesso di chiudere i conflitti sanguinosi dell'ex-Jugoslavia, l'ultima grande guerra civile europea, e speriamo che questa sia stata anche l'ultima volta in cui si è versato sangue europeo in terra europea. Riteniamo che ora sia opportuno passare dalla fase degli "Accordi di Associazione e Stabilizzazione" ad una strategia più integrata con lo scopo di rafforzare il nostro rapporto con i Paesi della regione. Siamo coscienti della complessità di tale approccio, ma sappiamo anche che la prospettiva europea è l'unica in grado di fornire un incentivo efficace ai Governi di questi Paesi affinché procedano senza indugi sulla strada delle riforme, della modernizzazione, del libero mercato e dello Stato di diritto".
La Grecia aveva puntato molto durante il proprio semestre sulla questione dell'integrazione dei Balcani occidentali in Europa. Raggiungendo successi parziali. E' vero infatti che da Salonicco è emerso chiaramente che quest'Unione si percepisce incompleta senza la penisola balcanica e che nei prossimi anni l'allargamento in questa direzione sarà tra le priorità europee. Ciononostante molti dei leader europei dei Balcani occidentali se ne sono andati da Salonicco se non delusi perlomeno senza aver sentito nulla di nuovo. Non sono arrivati infatti chiari impegni sui tempi che scadenzeranno quest'integrazione. "La prospettiva dell'integrazione nell'UE è reale ... Quanto procederete lungo la strada dell'integrazione europea, e quanto veloce, dipende da voi", ha dichiarato il Commissario UE responsabile delle relazioni esterne Chris Patten alla vigilia del Summit di Salonicco. E sostanzialmente nulla di nuovo è stato deciso dal punto di vista del sostegno finanziario all'area: non sono state per ora allargate le cosiddette politiche di coesione a favore, sino ad ora, dei Paesi candidati e non di quelli che si sono appena avviati lungo la strada degli Accordi di stabilizzazione ed associazione. Anche qui una frase molto significativa, questa volta rilasciata da Romano Prodi: "Il mio appello alla regione è: procedete e lavorate sodo in modo che saremo 'obbligati' a darvi dei soldi". Che per ora, però, non ci sono.
E l'Italia, come porterà avanti il percorso delineato dalla Presidenza greca? Senza dubbio i Balcani sono percepiti come strategici dal governo italiano ma sarà quest'ultimo effettivamente in grado di dare un contributo al percorso di integrazione verso l'UE? A parole si. "Dobbiamo dare concretezza alla prospettiva europea per i Paesi dei balcani occidentali" scrive il Ministro degli Esteri Frattini su Il Sole 24 ore qualche giorno fa, anticipando tra l'altro quello che avrebbe poi dichiarato Berlusconi in sede europea. Questa posizione si riscontra anche nel programma italiano per il semestre europeo dove si invita ad allargare gli strumenti a sostegno alla regione andando oltre i semplici Accordi di stabilizzazione ed associazione. Ciononostante molti dubbi restano su quanto l'Italia sarà in grado di fare in tal senso, per varie ragioni.
Innanzitutto per una goffaggine diplomatica che certo non aiuta nei rapporti delle Istituzioni europee e dei Paesi partner. Poi perché le priorità del Governo Italiano per questo semestre sembrano essere altre, innanzitutto il raggiungimento di un consensus sulla Convenzione europea. Sullo stesso concetto di allargamento sembra inoltre emergere una certa confusione. Nei mesi scorsi Berlusconi ha promesso l'appoggio italiano per l'integrazione nell'UE di Israele e la Russia. Ma nell'agenda dei Paesi dell'UE non vi è né la prima e men che meno la seconda. Nello stesso programma presentato ieri al Parlamento Europeo il rafforzamento di legami con la Russia in vista di una sua entrata nell'Unione è definito quale prioritario. Ma in questo modo si rischia solo di perdere credibilità e di non riuscire poi ad esercitare la necessaria autorevolezza per raggiungere gli obiettivi possibili, tra questi l'accelerazione del cammino verso l'UE dei Balcani occidentali.
Un ulteriore dubbio in merito alla politica italiana nei Balcani durante il semestre europeo è dato da un approccio spesso esclusivamente securitario alla questione. I Balcani sono percepiti spesso quale luogo del crimine, del trafficking e della potenziale immigrazione clandestina. Non a caso tra gli incontri organizzati dal governo italiano vi sarà quello tra i Ministri degli interni europei e dei Balcani occidentali per discutere appunto di lotta al crimine ed alla corruzione. Sembra quindi difficile aspettarsi proprio dalla Presidenza italiana quei passi che da tempo i cittadini di Croazia, Bosnia Erzegovina, Macedonia, Unione Serbia Montenegro ed Albania attendono. Tra questi l'avvio di un dialogo sull'alleggerimento del vigente sistema dei visti. Come infatti pretendere che i cittadini dell'area si possano effettivamente sentire europei e spingano il proprio paese verso la prospettiva europea se devono essere sempre sottoposti ogni volta desiderino viaggiare, trovare parenti, studiare all'estero sottoporsi ad umilianti code davanti ad Ambasciate e consolati?
d.s
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