Il discorso della rappresentante del Forum delle Donne Albanesi a Padova, al convegno nell'ambito di Civitas 2001.
In questo periodo di 10 anni di transizione dal sistema passato, quando le ideologie forti sono state sostituite da un forte nazionalismo, abbiamo vissuto tanti e tali eventi, cambiamenti, ritorni a un passato già dimenticato, che abbiamo riflettuto sulla difficoltà dell'essere umano a capire se stesso attraverso la vita, gli atti e i gesti dei suoi antenati, attraverso i danni che hanno fatto e il bene che probabilmente hanno cercato di portare per costruire un futuro diverso da questo. E il compito della società civile è proprio questo: trasformare questa tradizione.E' un compito che richiede un impegno gigantesco.
Si è parlato molto con tono pessimistico sulla situazione dei Balcani, io proverò a dire qualcosa che dà un po' di luce in questa situazione così oscura. Uno dei successi di questi anni nei Balcani è stata la nascita e lo sviluppo di una società civile in un disegno ancora fragile e a volte confuso, perché nato in un territorio dove per 50 anni il pensiero libero dell'individuo era condannato come l'eresia, come l'eretico sul rogo. Durante questi anni le donne, i giovani, i giornalisti, gli scrittori, tutti quelli che volevano dare una mano al nostro percorso dopo la caduta degli ex regimi, hanno creato dei network che hanno lavorato insieme su ogni Paese, anche nei periodi più difficili.
Con l'esodo dei kossovari e la guerra il ruolo della società civile si è indebolito, subendo un colpo duro, anche se la miglior parte di questa società ha fatto sforzi enormi per migliorare la situazione ormai precipitata. Come succede in tutti i conflitti tanta gente generalmente fredda, razionale e moderata verso l'emotività degli eventi, è stata influenzata anche dal nazionalismo in diversi livelli. Gli assassini, gli spostamenti delle popolazioni, il terrore, le bombe limitano senza dubbio la capacità anche delle persone più moderate di vedere gli eventi in modo neutrale, aspettando che finiscano. I popoli si siedono alla tavola del dialogo dopo la guerra e mai prima. Le devastazioni, la catastrofe della guerra non sembrano mai trasformarsi in una lezione per le società umane, e questo non è nuovo. Ma forse la società civile nei Balcani è una realtà meno inquinata dai pregiudizi nazionalistici e dalle decisioni politiche, è una realtà lontana dagli ambienti radicali, tradizionali e conservatori della società. E' la realtà che sta all'avanguardia per una visione positiva di dialogo e un rapporto costruttivo tra i popoli.
Noi popoli dei Balcani conosciamo la cultura della violenza e del conflitto, la nostra non è una cultura della pace e del dialogo. E questo dobbiamo cambiarlo. Abbiamo anche tante domande davanti a noi: cosa ci sarà nel nostro futuro? Diritti umani o sovranità dei popoli? La sovranità è un concetto più tradizionale dei diritti umani, più solido, più confortante. I diritti umani sono universali, poco concreti, non hanno confini: sono entrati nel vocabolario umano solo ora, mentre la sovranità ha i suoi martiri, il suo sangue, i suoi eroi. Il dibattito rimarrà aperto, chissà per quanto tempo ancora. In questo dibattito la società civile ha contribuito con la sua esistenza a rispettare le decisione già prese dai governi e a rifletterle nei suoi Paesi. Il rispettare il diritto umano della minoranza, dell'altra etnia, il vivere insieme con gli stessi diritti è il primo importante passo per verso la pacificazione e l'eliminazione delle guerre.
Chi deciderà in futuro sui destini dei popoli? Lo stato, i governi dei Paesi o la comunità internazionale? Quali sono i rischi di uno o dell'altro metodo? Se a noi sembra molto difficile una cultura della guerra, come possiamo dare una cultura alternativa?
Credo che dobbiamo lavorare molto coi giovani, educarli con una cultura di convivenza per vivere insieme in un Paese di un grande mosaico etnico. Dobbiamo conoscerci meglio, perché lo sconosciuto è sempre il nemico. Dobbiamo poi pensare molto al rafforzamento delle istituzioni legali: il compito della società civile è certo quello di opporsi alle violazioni che le istituzioni fanno alle loro società, ma anche appoggiare tali istituzioni quando sono avanguardiste e costruttive per la società di un paese. Cambiare i confini nei Balcani significa guerra e sangue versato.
Il sogno è di non avere confini nei Balcani e di vivere in un grande spazio dove possiamo avere felicità e scambi più normali. Non possiamo rimanere in un ghetto, in questa gabbia che ha nome "Balcani".
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