Diplomatico, scrittore e intellettuale europeo. A cinquant'anni dalla consegna del premio Nobel per "Il ponte sulla Drina", a Trieste una mostra dedicata a Ivo Andrić, a cura di Mila Lazić e Massimiliano Schiozzi
"Infelice come tutti gli artisti. Ambizioso. Sensibile. In breve: ha futuro." Così appare Ivo Andrić agli occhi dei suoi contemporanei nel 1921 e la profezia di successo si sarebbe presto avverata: scrittore, diplomatico, uomo di cultura di respiro internazionale, pur profondamente legato alla sua terra d'origine, Ivo Andrić si affermerà come uno dei personaggi di spicco della letteratura europea, affermazione coronata nel 1961 dal premio Nobel per la letteratura per la sua opera più famosa Na Drini ćuprija, ovvero Il ponte sulla Drina.
A Ivo Andrić, al suo percorso professionale e letterario è dedicata la grande mostra ospitata a Trieste fino al 18 febbraio 2012 presso le sale della Biblioteca Statale, curata da Mila Lazić e Massimiliano Schiozzi per l'associazione culturale Cizerouno (www.cizerouno.it), iniziativa a cui ha aderito il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, patrocinata dalla Regione Friuli Venezia Giulia e dalla Provincia di Trieste.
Proporre questa mostra a Trieste non è casuale: tra il 1922 e il 1923 il giovane diplomatico Ivo Andrić soggiorna proprio in questa città e lavora al locale consolato del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni. Trieste è già allora una città tormentata, il passato asburgico è ancora molto vivo e il crescente nazionalismo fascista incide dolorosamente in una città multietnica; sono gli anni in cui Ivo Andrić, che scrive corrispondenze dall'Italia per giornali jugoslavi, ha modo di analizzare lucidamente la situazione politica del tempo, prendendo spunto anche da alcuni fatti di cronaca, come il delitto Matteotti.
A Trieste e dintorni tra l'altro vengono ambientati anche alcuni racconti scritti in questo periodo, considerati parti di un progettato romanzo mai però portato a termine. Forse Trieste, con la sua multiculturalità e la sua storia europea, ricorda idealmente ad Andrić la sua Bosnia, uno spazio anche simbolico dove si incontrano culture e religioni diverse, uno spazio che diventa specchio del mondo e delle singole storie individuali, ricondotte ad un disegno universale, un tema questo molto presente nella narrativa dello scrittore.
Questa mostra storico-documentaria è frutto di un lungo lavoro di ricerca dei curatori con una serie di partner internazionali quali il Museo e la Fondazione Ivo Andrić di Belgrado, la Biblioteca della Matica Srpska di Novi Sad, la Biblioteca LM2 del Dipartimento dei Linguistica dell'Università di Pisa e l'Archivio della Fondazione Alberto e Arnoldo Mondadori. Grazie a queste collaborazioni, la mostra è ricca di preziosità bibliografiche e testimonianze inedite per l’Italia, come ad esempio le riflessioni tratte dai suoi taccuini che accompagnano il visitatore lungo il percorso espositivo. Di particolare interesse per gli appassionati di letteratura, la documentazione sulle vicende editoriali delle opere di Andrić in Italia, i commenti di Elio Vittorini, Alberto Mondadori e Vittorio Sereni, le prime edizioni dei suoi scritti in lingua originale, i materiali di lavoro delle traduzioni italiane ad opera dell'importante slavista Luigi Salvini.
La valorizzazione della figura e dell'opera di Ivo Andrić proseguirà, sempre a Trieste, nei prossimi mesi, con la biografia dello scrittore curata da Radovan Popović e con il convegno internazionale di studi dal titolo I ponti di Andrić: lingua, scrittura, identità ieri e oggi e ci riporta alle parole dell’autore stesso: "Di tutto ciò che l'uomo, spinto dal suo istinto vitale, costruisce ed erige, nulla è più bello e più prezioso per me dei ponti. I ponti sono più importanti delle case, più sacri perché più utili dei templi".
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