Trieste Film Festival, la locandina dell'edizione 2025

Trieste Film Festival - locandina dell'edizione 2025

Anche quest'anno il Trieste Film Festival, che apre i battenti giovedì 16 gennaio con la 36sima edizione, presenta ai suoi spettatori il meglio del cinema dell'est Europa. Ricchissimo il programma, il premio del concorso Documentari - come ormai da tradizione - sarà assegnato da OBCT

14/01/2025 -  Nicola Falcinella

L’inizio dell’anno cinematografico porta a Trieste il meglio del cinema dell’est Europa. L’appuntamento con il 36° Trieste Film Festival, diretto da Nicoletta Romeo, è in programma da giovedì 16 a venerdì 24 gennaio nelle sedi del Politeama Rossetti, del Teatro Miela e del Cinema Ambasciatori.

Tre le sezioni competitive con i concorsi internazionali lungometraggi, cortometraggi e documentari, oltre a tanti eventi e sezioni tematiche per un totale di oltre 130 titoli (informazione programma www.triestefilmfestival.it ).

Come ormai consueto, il TsFF avrà una doppia inaugurazione per il festival. Prima serata con “Wishing on a star” dello slovacco-ungherese Peter Kerekes, che ha presentato tutti i suoi film a Trieste: questo segue il lavoro dell’astrologa napoletana Luciana e sarà distribuito nelle sale da Lab 80.

Il 20 gennaio apertura al Rossetti con “Lo spartito della vita - Sterben” di Matthias Glasner, Orso d’argento per la sceneggiatura alla Berlinale 2024 e presto in sala con Satine Film, storia familiare che mescola tragico e comico. Il film sarà preceduto dalla proiezione del corto del 1921 “The Perl of the Ruins” del pioniere Giovanni Vitrotti, accompagnato al pianoforte da Andrej Goričar.

Serata di chiusura il 24 con “Crossing” dello svedese di origine georgiana Levan Akin (noto per “And Then We Danced”), che approderà successivamente nei cinema italiani con Lucky Red, viaggio dalla Georgia alla Turchia e incontro con il mondo queer.

Il Concorso lungometraggi offre sette titoli in anteprima italiana. Su tutti il vincitore del festival di Locarno, il lituano “Toxic” di Saulė Bliuvaitė, sorprendente storia di formazione e di sogni per una modella adolescente. Premiato a Locarno (menzione speciale nel concorso Cineasti del presente e Pardo per la migliore interpretazione  ad Anna Mészöly) è anche l’ungherese “Fekete pont - Lesson Learned” di Bálint Szimler.

È ormai una dei maggiori cineasti sloveni Sonja Prosenc che porta “Family Therapy”, candidato sloveno agli Oscar e distribuito in Italia da Emera Film, che sconvolge la routine di una famiglia benestante. In concorso a Cannes e candidato dalla Romania agli Oscar è “Three Kilometres to the end of the world” di Emanuel Pârvu (distribuito in Italia da Academy Two), che parte dall’aggressione al diciassettenne Adi, nel villaggio natale nel Delta del Danubio, per esplorare la società e la sua arretratezza.

Ambientazione completamente diversa, anche se resta il tema della critica sociale, per “The Shameless” del bulgaro Konstantin Bojanov (conosciuto per “Avé” del 2011), ambientato in India e premiato a Cannes nella sezione Un certain regard. Sempre a Cannes, nella sezione parallela Acid, è passato il greco “Kyuka - Before summer’s end” di Kostis Charamountanis, viaggio di maturazione di un padre single e i suoi due figli gemelli sulla soglia dell'età adulta, che, in vacanza sull'isola di Poros, incontrano a loro insaputa la madre naturale che li aveva abbandonati.

Fuori concorso (in programma martedì) spicca il documentario “The invasion” del grande regista ucraino Sergei Loznitsa che, dieci anni dopo “Maidan”, continua a raccontare il suo Paese nel mezzo dell'invasione russa. Due le pellicole candidate all’Oscar: il polacco “Under the volcano” di Damian Kocur, sempre legato al conflitto ucraino; “My Late summer” di Danis Tanović, regista già vincitore della statuetta nel 2002 con “No Man’s Land”, con un film dolce amaro che indaga il passato con una storia di eredità e perdono.

Ancora il bel “The new year that never came” di Bogdan Mureşanu, miglior film della sezione Orizzonti alla Mostra di Venezia, commedia corale sulla rivoluzione del 1989. Fa i conti con la Romania post-socialista il documentario “Eight Postcards from Utopia” di Radu Jude (con il filosofo Christian Ferencz-Flatz), che utilizza immagini degli spot pubblicitari per raccontare la transizione al capitalismo. Il film è incluso nel programma Romanian Experimental Cinema comprendente anche “Dynamic Poem” di Emanuel Țeț, “A Day Will Come” di Copel Moscu, “Film for April. Remetea” di Constantin Flondor e “The Memory of the Rose” di Sergiu Nicolaescu.

Altri lungometraggi fuori concorso sono il georgiano “Slow” di Marija Kavtaradze, miglior regia al Sundance Festival, sul legame tra l’insegnante di danza Elena e l'interprete del linguaggio dei segni Dovydas, e il greco “Meat” di Dimitris Nakos, dove un patriarca deve decidere il destino di suo figlio e del ragazzo che ha cresciuto, nel mezzo di una lunga faida tra vicini.

Il concorso Documentari propone dieci titoli in anteprima nazionale, tra i quasi sarà assegnato anche il premio OBCT Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa.

In programma: “In Limbo” di Alina Maksimenko, storia di una famiglia ucraina catapultata nel conflitto con la Russia; “Trains” di Maciej J. Drygas, ritratto collettivo in bianco e nero delle persone del ventesimo secolo tra i vagoni del treno e le stazioni ferroviarie; ancora sul trasporto pubblico “Termini”, il quindicesimo film della regista lettone Laila Pakalniņa; il romeno “Alice on & off” di Isabela Tent, girato nell'arco di dieci anni, storia della sedicenne Alice, che diventa madre di Aristo; la co-produzione tra Serbia e Bosnia “At the door of the house who will come knocking” di Maja Novaković; il polacco “A Year in the Life of a Country” di Tomasz Wolski, che esplora gli eventi della Polonia comunista nel 1981 sulla base di filmati d’archivio; “Tata” dei romeni Lina Vdovîi e Radu Ciorniciuc, ritratto di una famiglia bloccata tra lavoratori migranti e violenza domestica; “The Sky above Zenica” della danese Nanna Frank Møller e del bosniaco Zlatko Pranjić, su Zenica e le malattie legate alla sua acciaieria.

Dei cinque documentari fuori concorso, due sono legati a Trieste. L’anteprima assoluta di “C’era un comico di nome Cecchelin” di Alessio Bozzer sul geniale e istrionico comico irriverente Angelo Cecchelin e “Noi siamo gli errori che permettono la vostra intelligenza” di Erika Rossi.

Il secondo è un omaggio all’attore e regista Claudio Misculin, scomparso nel 2019, che nei primi anni Settanta ha dato vita all’Accademia della Follia, la compagnia teatrale negli spazi dell’ex Ospedale psichiatrico di Trieste.

Molto interessante è “Mother and Daughter, or the Night Is Never Complete” di Lana Gogoberidze in co-regia con Salome Alexi, autobiografico incontro tra tre generazioni di madri e figlie alla scoperta della prima regista donna della Georgia, Nutsa Gogoberidze, Ancora “Through the Graves the Wind is Blowing” dell’americano Travis Wilkerson, indagine sulla Croazia di oggi attraverso la figura del poliziotto Ivan Perić, e “I diari di mio padre” di Ado Hasanović, che dai video-diari realizzati dal padre indaga sul suo passato a Srebrenica, cercando di capire come sia sopravvissuto al genocidio.

Tra le sezioni collaterali merita grande attenzione Wild Roses presenta 11 titoli recenti di registe della Serbia contemporanea: “When the phone rang” Iva Radivojević (menzione speciale all’ultimo Festival di Locarno); “78 days” di Emilija Gašić;“Celts – Kelti” di Milica Tomović; “Ivana the Terrible - Ivana cea Groaznică” di Ivana Mladenović; “Landscapes of Resistance” di Marta Popivoda; “The Other Side of Everything (Druga strana svega)” di Mila Turajlić (la più nota della compagnia, in virtù del suo “Cinema Komunisto”); “Homelands – Domovine” di Jelena Maksimović.

Fuori dagli Sche(r)mi presenta tre opere molto stimolanti: il potente e spiazzante georgiano “April” di Dea Kulumbegashvili, in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia; il turco-tedesco “Faruk” di Aslı Özge su un novantenne in una Istanbul in continuo cambiamento, premio Fipresci alla Berlinale; la sorprendente e delicata commedia “That’s it for today - Za danas toliko” opera seconda del serbo Marko Đorđević.

Il tradizionale Premio Corso Salani comprende cinque opere italiane, a partire dall’anteprima assoluta “Il canto di Alina” di Ilaria Braccialini e Federica Oriente, storia di una giovane migrante sulla rotta balcanica che si troverà ad affrontare ostacoli imprevisti nel tentativo di raggiungere l’Austria, e dall’anteprima europea “Charlotte, una di noi” dello svizzero Rolando Colla che ritrae una donna schizofrenica alle prese con una decisione importante.

Completano la cinquina “Song of All Ends” di Giovanni C. Lorusso, su una famiglia nel campo profughi libanese di Shatila a Beirut, “Terra incognita” di Enrico Masi, sul rapporto tra uomo e transizione energetica, e “Anime galleggianti” di Maria Giménez Cavallo, viaggio in Sardegna ispirato alle Metamorfosi di Ovidio.

La neonata sezione Visioni Queer si occupa di lotte e diritti negati alla comunità Lgbtq+ nei Paesi orientali e balcanici: il documentario “As I was looking above I could see myself” del kosovaro Ilir Masanaj, il primo girato in Kosovo senza oscurare volti e nomi dei profili coinvolti; la commedia drammatica “Housekeeping for Beginners” del macedone Goran Stolevski; “Avant-Drag! Radical Performers Re-Image Athens” del greco Fil Ieropoulos, ritratto di dieci artisti e artiste drag che vivono ad Atene, facendo performance artistiche che sono veri gesti politici.

Ilnconcorso Cortometraggi, che ogni anno rivela le opere di giovani talenti, include 16 titoli, a partire dal bellissimo “The man who could not remain silent” del croato Nebojša Slijepčević, Palma d’Oro a Cannes 2024 e vincitore Efa. Ancora l’anteprima assoluta di “Tiha” di Eva Vidan (che vinse al festival triestino con il suo precedente cortometraggio “Plima” nel 2023), racconto di formazione intorno al porto di Spalato, l'unico cortometraggio italiano “Majonezë” di Giulia Grandinetti e “Truth of Dare” della rumena Simona Borcea, ritratto di due sorelle adolescenti.

A ottant’anni dalla fine del secondo conflitto mondiale, il festival presenta la retrospettiva “1945. La guerra è finita? Traumi, rovine, ricostruzione” curata da Francesco Pitassio, 19 proiezioni, comprese pellicole inedite, per mappare da più punti di vista un periodo controverso e complesso. La sezione si concentrerà il 20 e 21 gennaio al Teatro Miela di Trieste, mentre il 20 e 21 marzo alcuni titoli saranno riproposti al Kinemax di Gorizia all’interno delle iniziative per Nova Gorica - Gorizia Capitale Europea della Cultura 2025.

Nella confermata collaborazione tra TsFF e il Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI), saranno premiati i migliori titoli usciti nelle sale nell'anno appena trascorso, “La zona d’interesse” e “Vermiglio”. Anche quest’anno il Trieste Film Festival in Tour porterà nei cinema d’Italia una selezione dei titoli dell’edizione, ma una parte del programma sarà disponibile sulle piattaforme MYmovies One, DAFilms, e la Cineteca di Milano.

Infine l’importantissima iniziativa collaterale dedicata agli addetti ai lavori When East Meets West, giunta alla 15° edizione, e le sue articolazioni Last Stop Trieste e This is IT.


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