Sabato si vota in Kosovo, sia per le politiche che per le amministrative. 96 soggetti politici in campo, in rappresentanza quasi esclusiva della comunità albanese. La maggior parte dei serbi infatti seguirà l'invito di Belgrado al boicottaggio. Un articolo della nostra corrispondente
Sono due le cose che scorrono rapide come un fiume in piena in questi giorni in Kosovo: i soldi e le promesse. La campagna elettorale sta volgendo al termine con un'esplosione di colori video. Spot elettorali e show televisivi, con i leader politici che sembra stiano facendo del teatro. Immagini anche per strada, cartelloni pubblicitari con slogan inneggianti ad una vita futura diversa. Per la campagna i media calcolano sia stata spesa un cifra attorno ai 4-5 milioni di euro.
L'LDK, maggiore partito del Kosovo, aveva avviato la propria campagna elettorale, 21 giorni fa, come sancito dalla Commissione elettorale centrale, con una foto e uno spot dedicato all'ex Presidente Ibrahim Rugova. Lo slogan è "La strada giusta", alludendo al fatto che è stato proprio lo storico leader ad avviarsi lungo la strada che porterà all'indipendenza.
Ma anche l'AAK, altro partito dell'attuale compagine governativa, ha avviato una campagna all'ombra del leader Ramush Haradinaj, attualmente all'Aja accusato di crimini di guerra. E' il loro candidato a premier, anche se fisicamente non in Kosovo. Non sono mancate le critiche rispetto a questi due partiti che hanno impostato la propria campagna elettorale su "persone che mancano".
Hashim Thaci, leader del terzo partito kosovaro, il PDK, è impaziente di diventare il premier del Kosovo. Lui la campagna elettorale l'aveva già avviata lo scorso gennaio. Anche un altro tra i leader dell'opposizione, il giornalista e magnate dell'editoria Veton Surroi, nell'agosto scorso aveva attraversato a piedi tutto il Kosovo, per "incontrare la gente e capire i loro problemi".
Ora tutti a due stanno facendo a gara nel campo dell'etere. Inspirato da alcuni sondaggi che dichiarano lo vincitore, Hashim Thaci si sta comportando già da premier. La canzone della campagnia di Thaci è "The final countdown", degli Europe. Thaci ha già cominciato il conto alla rovescia, ed a suo avviso anche il Kosovo in vista dell'indipendenza. La sua campagna elettorale è stata molto costosa e sembra che molti imprenditori siano al suo fianco. Thaci ha anche assoldato esperti in Israele e alcuni consulenti provenienti dalla società civile kosovara.
Thaci parla ormai agli elettori in nome dei kosovari, non attacca nessuno, nemmeno il miliardario Behgjet Pacolli, spesso criticato invece dagli esponenti della Lega Democratica del Kosovo (LDK). Critiche che sono una vera e propria novità da parte di un partito che di solito aveva utilizzato toni sempre moderati rispetto agli avversari politici. Ma Pacolli è una preoccupazione per l'LDK. Secondo un sondaggio realizzato dalla Fondazione Friedrich Herbert Stiftung nella capitale del Kosovo Pacolli arriverebbe al 15% dei consensi. Secondo l'agenzia di sondaggi Index Kosova, Pacolli sarebbe al 16%. E l'emorragia arriverebbe proprio dall'LDK, il partito che sino a quando alla sua guida c'era Ibrahim Rugova non ha perso un'elezione. Ora si prevede un crollo dal 45% ottenuto nel 2004 ad un meno plebiscitario 30%.
Ecco perché il miliardario Pacolli, che ha investito molte risorse in questa campagna elettorale, è finito sotto attacco sia dal ministro degli Interni Blerim Kuqi che del numero due dell'LDK, Eqerem Kryeiu, che lo hanno accusato d'essere l'uomo della Serbia e della Russia. Recentemente anche Veton Surroi ha attaccato Pacolli ricordando che nel 1999 era stato proprio Pacolli ad essere l'inviato di Boris Eltsin da Milosevic con la richiesta di non avviare un'offensiva in Kosovo.
La campagna è stata comunque tutto sommato tranquilla, se si escludono alcuni attacchi personali come quelli a Pacolli su un punto debole: il presunto tradimento della questione albanese. Nelle promesse all'elettorato la fantasia è stata invece più fervida. Il 17 novembre si voterà sia per l'Assemblea parlamentare che per le amministrative e quindi si è parlato di un ampio spettro di problematiche: disoccupazione (al 45%), l'energia elettrica (che spesso manca), l'acqua, le infrastrutture. Tutti hanno promesso che faranno del Kosovo un paradiso se avranno i voti per governare.
Di una cosa si è parlato paradossalmente meno. Del processo sullo status. Secondo Albin Kurti, leader del movimento Vetvendosje che ha invitato i cittadini kosovari a non votare, i partiti politici evitano di parlare dell'argomento perché colpevoli di aver fatto troppe concessioni nei negoziati sullo status. A suo avviso infatti anche il documento Ahtisaari sarebbe svantaggioso per gli albanesi, dividendo il Kosovo in zone etniche.
In merito alla comunità serba la situazione è più complessa. Sono ancora nel dilemma se votare o non votare. Sono registrati 32 partiti per le elezioni, 8 per le politiche. Uno dei partiti che miete più consensi, La Lista serba per il Kosovo di Oliver Ivanovic, non si è registrata e non parteciperà. Da Belgrado è arrivato l'invito a boicottare ma secondo la Commissione elettorale centrale verranno aperti seggi in tutte le enclave e anche a Mitrovica nord.
Slavisa Petrovic, con il suo Partito democratico serbo del Kosovo e Branislav Grbic, con Iniziativa Civica Serbia sono le personalità più conosciute tra chi si presenta alle elezioni. Petrovic ha però ricordato che nel caso di dichiarazione unilaterale di indipendenza si ritirerà dalle istituzioni.
Nell'intero Kosovo, per le amministrative e le politiche, si sono registrati 96 soggetti politici. Gli aventi diritto al voto sono 1 milione e 500mila. Sarà permesso di votare anche a chi non si trova in Kosovo, tramite servizio postale.
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