La missione Eulex ha annunciato ad agosto l'intenzione di firmare un accordo di collaborazione con la polizia serba per la lotta al crimine organizzato. Ferma l'opposizione delle autorità di Pristina, al primo serio scontro con la missione europea. Scontenta anche l'opposizione in Serbia
I rapporti con la Serbia pongono la prima seria contesa tra Pristina ed Eulex. Nei nove mesi trascorsi dal dispiegamento ufficiale della missione europea, i rapporti tra quest'ultima e le autorità kosovare sono stati segnati da un clima di sostanziale collaborazione. A far crescere la tensione, però, è arrivata l'intenzione di Eulex, annunciata ad inizio agosto, di firmare un accordo con Belgrado per facilitare la collaborazione tra i rispettivi organi di polizia.
Questo scenario è stato fin da subito osteggiato apertamente dal governo di Pristina, sia perché le autorità kosovare sono state completamente escluse dalle trattative, sia perché a livello politico l'accordo presupporrebbe de facto lo scambio di informazioni con lo stato serbo, principale avversario dell'indipendenza del Kosovo.
I politici kosovari, seppur tra mille cautele e preoccupati di non mettere a rischio le relazioni costruite con Eulex a partire dal suo dispiegamento nel dicembre 2008, hanno espresso chiaramente la loro determinazione a fermare l'accordo. Sia il presidente Famir Sejdiu che il governo guidato da Hashim Thaci hanno dichiarato più volte che non può esserci nessun accordo senza il loro consenso e partecipazione nelle trattative. Pristina è arrivata a porre una condizione difficilmente accettabile per Belgrado, e cioè la firma all'accordo in cambio del riconoscimento.
Il capomissione di Eulex Ives De Kermabon ha dichiarato che accordi simili a quello proposto con Belgrado sono stati già firmati con il Montenegro, l'Albania e la Macedonia, portando a risultati immediati nella lotta al crimine organizzato. Per il Kosovo, però, la Serbia non è un vicino come tutti gli altri.
Confini, visti e "lista bianca"
Eulex ha intenzione di firmare un protocollo d'intesa con la polizia serba come parte di una politica regionale volta alla lotta contro il crimine organizzato, il contrabbando e il traffico di persone, droga e armi. A Pristina questa iniziativa ha dato vita a commenti di varia natura.
Una delle teorie che va per la maggiore sui media kosovari è che l'accordo mira a migliorare il controllo delle frontiere europee. Lo scorso giugno la Serbia, insieme alla Macedonia e al Montenegro ha ottenuto la raccomandazione della Commissione europea per essere inserita nella "lista bianca" di Schengen, che permette di viaggiare nell'Ue senza la trafila dei visti.
Con il protocollo, quindi, Bruxelles starebbe supportando la Serbia a raggiungere importanti criteri verso l'integrazione europea, come appunto la cooperazione regionale contro il crimine organizzato. Visto che Pristina sarebbe comunque, per ovvi motivi, contraria all'accordo, Eulex avrebbe deciso di preparare l'intesa senza coinvolgere minimamente le autorità e la polizia kosovare.
Se questo fosse lo scenario reale, però, come si può pensare che l'accordo sarebbe implementabile senza la partecipazione della polizia kosovara? E' più probabile che il suo destino somigli piuttosto al confine/linea amministrativa (dipende dal punto di vista) che separano il Kosovo dalla Serbia, dove persone e merci transitano indisturbate senza un effettivo controllo da parte delle autorità.
La polizia e i doganieri kosovari in realtà stazionano a 50 chilometri dal confine, e gli unici "guardiani" del confine sono gli ufficiali Eulex, che però si limitano a registrare le merci che entrano nel territorio kosovaro, e soltanto dallo scorso febbraio.
La missione europea al momento sta facendo i conti anche con l'altro "punto caldo" della lunga disputa tra serbi e albanesi in Kosovo: la regione di Mitrovica. Nei villaggi intorno alla città divisa molti albanesi stanno tentando di creare le condizione per costruire/ricostruire le proprie case, fronteggiando però la costante opposizione dei propri vicini serbi. Recentemente si è arrivati più volte a scontri a fuoco. In questo difficile ambiente multietnico la polizia Eulex è l'unica autorità in grado di separare i contendenti, vista l'incapacità di agire della polizia locale.
Pro e contro
Il protocollo d'intesa con Belgrado ha suscitato in Kosovo, ma anche in Serbia, più voci critiche che approvazione, critiche espresse in modo pacifico o più radicale.
L'opposizione serba ha ricordato al governo che raggiungere un accordo con Eulex significa anche accettare di fatto il piano Ahtisaari e l'indipendenza condizionata del Kosovo in esso prevista. Contraria anche buona parte dei serbi del Kosovo, che hanno annunciato una raccolta di firme per chiedere la fine della missione europea, accusata di supportare la realizzazione della dichiarazione unilaterale di indipendenza di Pristina.
Ancora più radicale l'opposizione di Pristina, che ha opposto all'accordo una lunga serie di argomentazioni e dichiarazioni ufficiali.
Alla fine della scorsa settimana un gruppo di hacker kosovari, noto col nome di "Kosovo Hackers Group", è riuscito ad infiltrarsi nel sito ufficiale di Eulex. Il gruppo, già noto per altre azioni del genere, ha postato sulla pagina l'aquila bifronte albanese, seguita dal messaggio "Non potete rivendere la nostra Patria alla Serbia. Noi, giovani del Kosovo, siamo stanchi delle vostre bugie. Eulex sta firmando un accordo che distrugge il futuro del Kosovo".
Le proteste più radicali sono arrivate da attivisti del movimento Vetevendosje (Autodeterminazione), che lo scorso 25 agosto hanno danneggiato e rovesciato 24 veicoli della missione europea nel centro di Pristina sotto gli occhi dei media, mentre la polizia kosovara, almeno in un primo momento, non ha reagito. La protesta è terminata con la resa e l'arresto di 22 manifestanti.
Vetevendosje sostiene che la protesta voleva ricordare agli ufficiali Eulex che la missione non ha alcun mandato di firmare alcunché in nome del Kosovo, ma anche per manifestare la propria opposizione alla neutralità di Eulex sulla questione dell'indipendenza.
Il piano in sei punti presentato alla fine del 2008 dal Segretario generale dell'Onu, Ban-Ki-Moon, e in seguito approvato dal Consiglio di Sicurezza ha riconfigurato la presenza internazionale in Kosovo, trasferendo molte prerogative dalla missione Unmik a Eulex. Da allora, Eulex ha spiegato sul terreno circa duemila uomini, sia europei che americani, al fine di sostenere le istituzioni kosovare che si occupano di polizia e legalità, per poter raggiungere i livelli delle proprie controparti europee.
Una delle eccezioni chiave alla sostanza del piano è stata la decisione di affidare alla polizia Unmik la supervisione delle aree a maggioranza serba, soluzione mai accettata dalla autorità di Pristina.
Le istituzioni kosovare hanno consentito a Eulex, la più grande missione civile mai dispiegata dall'Ue di ereditare da Unmik la repressione e la persecuzione dei crimini più gravi, come i crimini di guerra e il terrorismo. Il lavoro svolto nei campi della giustizia e delle dogane viene ritenuto il principale successo della missione europea in Kosovo.
Visto il percorso già sviluppato, è difficile credere che Eulex possa rinunciare alla firma dell'accordo annunciato con la polizia serba. Verosimilmente si cercherà una strada che possa consentire la firma su basi formalmente legali. Rimane comunque aperta la questione se la missione, con questo atto, non stia oltrepassando i confini determinati dalla sua neutralità rispetto alla questione dello status.
I politici e le autorità kosovare, a loro volta, temono di perdere credibilità sulla scena internazionale, soprattutto nei riguardi degli "amici" a Bruxelles e a Washington, scenario possibile nel caso di rifiuto categorico ad assecondare un accordo fortemente voluto dai principali fautori dell'indipendenza di Pristina.
Alcuni analisti suggeriscono al governo kosovaro di non seguire la strada dell'ostruzionismo all'occidente già seguita, con risultati disastrosi, proprio dalla Serbia, e di firmare l'accordo proposto, vista l'importanza vitale di non perdere "amici preziosi" nella lunga strada che resta da percorrere nella costruzione di uno stato più solido e stabile.
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