foto Emanuele

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I gatti, un giudice internazionale della Corte costituzionale del Kosovo, le sue inaspettate dimissioni e il suo inaspettato ritorno a Pristina. Le faglie critiche dei rapporti tra élite politica kosovara e gli internazionali, in questo commento di Andrea Capussela

26/09/2014 -  Andrea Lorenzo Capussela

Fino a poco tempo fa, tre dei nove giudici della Corte costituzionale del Kosovo erano stranieri. Erano stati nominati dal supervisore internazionale, l'International Civil Office (l'organizzazione per cui lavoravo). Quando il loro mandato si è concluso, a fine agosto, la Presidente del Kosovo ha illegalmente esteso il termine del mandato di due anni (si veda anche il dibattito sul blog della London School of Economics ). Ma uno di loro, un giudice degli Stati Uniti, non ha accettato l'estensione del mandato, e si è dimesso. Per ragioni che sarebbe troppo complesso spiegare, questo ha rischiato di lasciare la corte in uno stato di stallo operativo, ovvero senza un numero sufficiente di giudici in grado di gestire i casi.

Il giudice USA si è dimesso dalla Corte costituzionale per motivi familiari. Ma a un paio di settimane dopo ha fatto sapere di essere sulla strada del ritorno in Kosovo . Si è trattato di una questione di cui si è discusso molto a Pristina. Io ho informazioni riservate su questo, che rivelo nell'unico interesse della comprensione di questa vicenda.

Il fatto in sé - ignorarlo equivarrebbe a rendere difficile capire questa storia - è che il gatto del giudice è morto. A dire il vero non era il suo gatto, o meglio, non lo era ancora diventato. Il gatto viveva in una fattoria in Minnesota, la terra lontana da cui proviene il giudice (non ci sono leoni laggiù, ma gatti sì). A sua insaputa - i gatti sono sempre all'erta, ma raramente consapevoli del contesto politico in cui vivono - il gatto stava entrando a far parte della famiglia del giudice, che a sua volta non sapeva che di lì a poco ci sarebbe stato un gatto. Ma lui voleva un gatto: ovvero, quando si è dimesso ha realizzato che precedentemente aveva desiderato un gatto, e quel gatto.

E, poiché ora quel gatto era morto, il giudice era diventato triste e - in modo molto responsabile - ha ritenuto che questa condizione potesse influenzare il suo operato. Dunque, erano queste le ragioni familiari per cui il giudice si è dimesso.

Il lettore attento - diciamo, la media dei propagandisti del Partito democratico del Kosovo (PDK) - si chiederanno se questo possa essere vero, e metteranno in discussione la mia lucidità mentale. Ma se potessero fermarsi, prima di arrivare affrettatamente alle conclusioni, e prendere il considerazione la seguente affermazione: se il gatto era un gatto medio del Minnesota, e se almeno un gatto è morto in Minnesota nel periodo che ha preceduto le dimissioni (assunto che possiamo dare per scontato) allora non ci sono problemi a concludere che il gatto fosse davvero il gatto che il giudice pensava di avere precedentemente desiderato.

Ma qualche settimana dopo il giudice ha avuto una rivelazione. Ha realizzato che poiché il gatto è un gatto medio del Minnesota, allora ce ne potrebbe essere un altro: quando questo pensiero illuminante ha dissolto le brume della sua melanconia, il giudice ha telefonato in Kosovo per comunicare che le ragioni personali erano state risolte. E dunque si dichiarava pronto a ritornare e riprendere il suo lavoro di decidere in modo imparziale sui casi costituzionali, basandosi soltanto sul proprio giudizio indipendente.

Adesso è chiaro: quelli che spiegano le sue dimissioni e il suo ritorno con altre ragioni si sbagliano completamente. Soprattutto quelli che pensano che: (1) il giudice ha realizzato che la reputazione della Corte costituzionale stava peggiorando velocemente, e ha voluto separare la sua reputazione da quella della Corte; (2) il giudice richiedeva un compenso più alto di quanto gli veniva offerto; (3) il giudice non era più considerato affidabile dalle fazioni dominanti della élite kosovara perché aveva dissentito sull'ultimo giudizio della corte. In particolare, quelli della terza opzione si sbagliano del tutto. Ma lasciate che vi spieghi prima la prima e la seconda ipotesi.

Il giudice non si era trasferito in Kosovo a tempo pieno in seguito alla sua nomina , effettiva dal primo settembre 2009, perché aveva altro da fare altrove: sul sito web dell'organo giudiziario del Minnesota si legge che durante il periodo finale del suo mandato in Kosovo il giudice era contemporaneamente al servizio come "Giudice della corte distrettuale, Distretto N.1, Hastings, Minnesota". Aveva chiesto un accordo speciale durante il suo periodo iniziale in Kosovo, che gli consentisse di spendere alcune settimane - un numero da lui specificato - in Minnesota: per fare il giudice lì, presumo.

Si tratta dell'unico giudice ad aver avanzato una simile richiesta all'ICO, l'istituzione che l'ha selezionato. Uno degli altri due giudici era già in pensione, e l'altro ha giurato di dimettersi da tutte le posizioni prima di arrivare in Kosovo. Si è trattato di una richiesta strana, fatta presumibilmente per consentirgli di continuare il suo lavoro di giudice in Minnesota. Ora, è possibile che sia anche legalmente ammesso per un giudice di sedere in due organi giudiziari allo stesso tempo, ma questo non suona moralmente, logicamente, e politicamente giusto: le fedeltà multiple sembrano problematiche per un giudice, soprattutto per un giudice costituzionale.

I miei colleghi dell'ICO incaricati dell'affare - due diplomatici USA - hanno accettato la sua richiesta, e il capo della missione ha attribuito al giudice una sorta di accordo flessibile per i primi cinque mesi: il servizio a tempo pieno sarebbe iniziato soltanto il primo aprile 2010.
La coincidenza con il giorno del il Pesce di aprile si è dimostrata infausta, e non avrebbe dovuto essere trascurata. E' infatti accaduto che il giudice ha sviluppato alcuni problemi di salute che gli impedivano di venire in Kosovo con la frequenza che ci si aspettava o su cui si era raggiunto l'accordo (non so quale dei due sia il caso). L'ICO ha iniziato a preoccuparsi, e ha cercato di chiarire con il giudice (che era nel libro paga dell'ICO). Per quanto ne so, non è mai stato accusato di alcuna scorrettezza, e io presumo che che i problemi di salute siano stati reali: ma ci sono state discussioni tra lui e l'ICO su questo, e i miei colleghi non ne erano del tutto felici. Ad ogni modo, il giudice si è poi trasferito in Kosovo a tempo pieno.

Stranamente, però, la stessa pagina web della Corte del Minnesota indica che il giudice è stato in servizio fino al "4 febbraio 2011". Ovvero dieci mesi e tre giorni dopo rispetto a quanto si era inizialmente concordato. Suppongo che l'ICO abbia accettato questa situazione. Ma il 4 febbraio è allo stesso modo un giorno strano per concludere una nomina: che cosa era accaduto a lui, alla sua salute, alla Corte del Kosovo e a quella del Minnesota? Forse il giudice - la cui buona fede è, e deve essere, data per vera, lo può spiegare (idealmente prima che faccia rientro in Kosovo).

La seconda stranezza è che la stessa pagina web non dice che il giudice ha lavorato anche per la Corte costituzionale del Kosovo: le sue precedenti posizioni (2) durante il mandato UNMIK sono menzionate, ma non questa, e la lista degli incarichi  rivela un vuoto tra il 4 febbraio 2011 e un'altra data lo scorso anno. Forse il giudice non è molto orgoglioso del servizio prestato in Kosovo, o non vuole mostrare di essere stato giudice in due posti allo stesso tempo. La spiegazione più naturale è che il giudice abbia semplicemente dimenticato di aver lavorato cinque anni in Kosovo (capita: per esempio, dove sei stato, attento lettore, negli scorsi cinque anni? Sono sicuro che ci metterai un po' per ricordarlo). Ad ogni modo, il giudice - la cui buona fede continua ad essere data per buona - può forse spiegare (idealmente, prima che faccia rientro in Kosovo).

Una terza stranezza è che sulla stessa pagina web della corte del Minnesota si scriva che il giudice è stato “nominato e assegnato ad operare in tutto lo stato come Giudice senior dal primo luglio 2013 al 30 giugno 2015”. Se si è dato seguito a quella nomina e a quell'assegnazione, che non è totalmente improbabile, il nostro giurista potrebbe, nuovamente, aver prestato servizio in due posti contemporaneamente: ma chi ha dato il suo benestare, dato che l'ICO non esiste più dal settembre 2012 e che i criteri di assegnazione dei giudici (almeno quelli datati 2009, di cui ho preso visione) sancivano la necessità di esplicita autorizzazione ICO se si volevano assumere in concomitanza più incarichi? Ancora una volta il giudice – la cui buona fede è (lo ripeto ancora una volta) data per scontata – potrebbe desiderare dare le sue spiegazioni sull'accaduto (idealmente prima che faccia rientro in Kosovo).

Quindi, la vera ragione delle sue dimissioni è il gatto. Non è una questione di reputazione, né di denaro: la capacità del giudice di servire due magistrature diverse e il dubbio sulla volontà da parte di una di queste (quella del Kosovo) di assicurarsi le sue attenzioni esclusive colmando l'inevitabile gap che ne sarebbe derivato rispetto ai due redditi aggregati, non ha giocato certo alcun ruolo.

Quelli che pensano invece all'opzione 3 sono ancora più in errore. Sono i fatti a dimostrare che – e lo sottolineo in un recente saggio – i tre giudici internazionali della Corte non hanno fatto niente per evitare che la corte venisse "catturata" dall'élite kosovara sin dai primi momenti di vita: tutti loro hanno votato a favore di diverse decisioni letteralmente indifendibili, e il nostro giurista USA è il giudice che apparentemente ha portato i suoi due colleghi stranieri lungo questa strada, quando si è diversamente dagli altri due, unito alla maggioranza nel voto di impeachement cpntro l'ex presidente Fatmir Sejdiu, nonostante l'assenza di qualsivoglia prova che supportasse le accuse mosse contro di lui. Poiché tutte queste decisioni e tutte le altre decisioni indifendibili erano piuttosto utili al PDK, dal punto di vista del partito di governo il giudice americano non è stato affatto un cattivo giudice.

Naturalmente, la fazione dell'élite che adesso vuole far sloggiare il PDK e i suoi alleati può vedere le cose in modo diverso. Ma neanche questo, credetemi, è il motivo delle dimissioni: al massimo, è, al contrario, la ragione del suo possibile ritorno. La relazione tra la Corte e la fazione dominante dell'élite politica kosovara, di fatto, non è una relazione né personale, né politica: è una relazione di potere. Dato l'attuale sistema di governo del Kosovo, la Corte è pronta a sostenere qualsiasi fazione che prenda il potere, e qualsiasi sia la fazione che assume il potere, essa potrà fare affidamento sulla Corte. Da un gruppo di giudici che ha sistematicamente votato a favore del PDK nei casi politicamente sensibili, indipendentemente dalle leggi e dalle prove, ci si può aspettare che voti a favore della prossima fazione in un modo altrettanto sistematico.

Per questo, il mio consiglio al giudice, e a quanti che ne vogliono il ritorno in Kosovo, è che dovrebbe piuttosto dedicarsi a badare al suo nuovo gatto in Minnesota. E non lo dico soltanto nell'interesse di quest'ultimo, che potrebbe rattristarsi per la partenza del suo padrone, ma anche nell'interesse di quelli che vorrebbero vedere un cambiamento nella Corte: un'evoluzione verso maggiore fedeltà alla Costituzione dei cittadini del Kosovo.

L'altro mio consiglio è di ricostruire tre serie temporali. Primo, le udienze che il giudice ha saltato in Kosovo (il dato è pubblico). Secondo, le udienze a cui ha partecipato in Minnesota, nel caso ce ne siano state (anche questo è pubblico). Terzo, i giorni in cui ha dichiarato di essere malato (un'informazione che che il ministro della Giustizia può ottenere tranquillamente), e infine vedere cosa emerge dalle sovrapposizioni temporali.

Forse, questa serie di dati verrà negata, o sarà giudicata inesistente. In questo caso, io consiglierei caldamente di parlare con il gatto. Poiché dare per scontata la buona fede è necessario io lo faccio: ma questo non è un problema mio, ma un problema del Kosovo, e io presumo che questo paese, o almeno le sue forze più progressiste, vorranno scegliere i propri giudici costituzionali non sulla base di un atto di buona fede, ma sulla base di una ragionevole certezza sulla sua esistenza.


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