Ramush Haradinaj

Il Kosovo è emozionato per la partenza di Haradinaj. Sembra che comunità internazionale, politici locali e cittadini del Kosovo abbiano imparato dai tragici scontri del marzo scorso. Molti analisti politici però accusano l'Aja di non aver potuto scegliere momento peggiore per rendere pubblica l'incriminazione

10/03/2005 -  Alma Lama

I guerrieri non tornano mai a casa. E' il titolo famoso di un film di Hollywood e ripreso in prima pagina da un quotidiano del Kosovo. Nella foto l'ormai ex-Premier Ramush Haradinaj che cammina lungo una strada senza fine. Lacrime ed orgoglio. Haradinaj ha emozionato tutti in Kosovo quando ha affermato - tenendo in mano l'atto di accusa del Tribunale dell'Aja - di partire per un po' di vacanza. Due fratelli uccisi in guerra, un altro in prigione, Ramush è il quarto uomo della famiglia Haardinaj che si sacrifica. "La libertà non ha prezzo. Se vado all'Aja è per l'indipendenza del Kosovo, per me è una questione d'onore", ha dichiarato.

"Datemi 100 giorni" aveva chiesto al momento della sua nomina a capo del governo, 100 giorni per poter dimostrare ai kosovari quanto valeva. E paradossalmente 100 giorni li ha avuti. Non un giorno in più. L'atto di accusa è infatti arrivato proprio nella riunione di governo durante la quale si facevano le valutazioni su primi 100 giorni d'operato. Forse solo una coincidenza.

Mentre nella capitale Pristina dimostravano molti studenti - che indossavano magliette con la fotografia di Haradinaj e la scritta "Il nostro Premier ha lavoro da fare qui"- Haradinaj ospitava a casa propria per l'ultima volta il Rappresentante speciale ONU Jessen-Petersen ed il comandante in capo della KFOR, forza multinazionale in Kosovo, Yves de Kermabon. Il Tribunale dell'Aja ha così nei fatti causato la fine di un rapporto non certo lungo ma sicuramente forte.

Ma, nonostante tutto, niente di nuovo è avvenuto in Kosovo.

Quella degli ultimi giorni è la cronaca di un'accusa che già aleggiava da cinque mesi, in particolare da quando Haradinaj era stato scelto come Primo ministro del Kosovo. Il 10 e 11 novembre scorsi i procuratori del Tribunale dell'Aja avevano già sentito Haradinaj per informazioni su crimini commessi tra il 1998 ed il 1999 contro 40 civili serbi ed appartenenti ad altre comunità. Da tempo si parlava di un suo possibile arresto anche se Haradinaj aveva spesso dichiarato, sia ai media nazionali che internazionali, che aveva chiuso con il Tribunale.

Nella fase dell'incriminazione di Haradinaj nulla è stato lasciato al caso. Si temevano infatti incidenti. L'imminenza dell'arresto emergeva dalle parole del Segretario generale della NATO Jaap De Hoop Scheffer che aveva richiesto maturità e calma ai kosovari nel caso di arresto di qualche loro leader. Dopo le parole i fatti: 1100 soldati della NATO erano arrivati in Kosovo proprio nelle scorse settimane.

Dagli scontri tragici dello scorso marzo sembrano aver imparato un po' tutti qualcosa. NATO, KFOR, UNMIK, i politici kosovari e soprattutto i cittadini del Kosovo. E si sono visti i risultati. La notizia dell'incriminazione di Haradinaj non ha "agitato" nessuno. Anche perché i media hanno trasmesso tutto il giorno la sua dichiarazione e la conferenza stampa nella quale lo stesso Premier annunciava l'incriminazione ed invitava alla calma.

Ma è sempre difficile placare le emozioni forti. Haradinaj, poche ore dopo aver appreso dell'accusa, si è recato nel proprio villaggio natale, Decan, per tranquillizzare la gente che voleva protestare in difesa del proprio eroe.

Gli studenti di Pristina sono scesi in piazza durante la notte di martedì, in modo del tutto pacifico. Le proteste, che hanno accomunato tutti gli schieramenti politici, continuano da tre giorni a Decan, senza alcun incidente. Marzo ha un significato del tutto speciale per i kosovari. Molti avvenimenti cruciali sono avvenuti infatti proprio in questo mese.

Blerim Shala, analista presso il quotidiano Zeri, ha scritto che "si dice che non esistano bei momenti per dare una cattiva notizia" però questa volta è vero che "l'Aja non ha potuto trovare momento peggiore per comunicare l'incriminazione. Proprio durante l'anniversario degli scontri di marzo dello scorso anno, la celebrazione dei primi cento giorni del governo Haradinaj, l'anniversario della guerra dell'UCK, dei bombardamenti della NATO e le migliaia di vittime della guerra. E per di più nel pieno del lavoro per il raggiungimento degli standard".

Enver Hasani, professore di diritto e di relazioni internazionali presso l'Università di Pristina, ha espresso molti dubbi sull'arresto di Haradinaj. "Il suo arresto può causare un'ulteriore destabilizzazione ed altri problemi legati alla sicurezza. I kosovari possono interpretare quest'arresto come un primo passo per il ritorno della Serbia in Kosovo". Secondo il professore questi arresti possono essere intesi come la volontà della comunità internazionale di eliminare coloro i quali vengono identificati con la guerra contro Milosevic.

Nei fatti è proprio questo il punto che la maggior parte dei kosovari non riesce ad accettare. Che Haradinaj finisca sullo stesso banco degli imputati calpestato anche da Milosevic, ritenuto colpevole della guerra e dell'uccisione di più di 15.000 kosovari. Per non citare la tragedia bosniaca.

Haradinaj ha definito l'accusa "una questione politica". "Le accuse contro di me sono state fabbricate a Belgrado" ha affermato descrivendo una giustizia internazionale troppo titubante.

Anche secondo Halil Matoshi, giornalista del tabloid Lajmi, il Tribunale dell'Aja sarebbe sotto pressione di poteri forti e vuole bilanciare le accuse contro i serbi a quelle contro gli albanesi. "Ma il tentativo istituzionale della Serbia di genocidio non può essere paragonato agli eventuali crimini di una manciata di guerriglieri albanesi".

Nelle valutazioni della gente comune prevale comunque l'emozione. Secondo Nexhat Bunjaku, di Pristina, si è trattato di una vera e propria ingiustizia "nei confronti di Haradinaj e di tutto il Kosovo". Mentre per Avdi Mustafa, sempre di Pristina "gli internazionali stanno abusando di noi". Ci sono anche coloro che non sono affatto d'accordo con l'atteggiamento conciliante assunto da Hardinaj.

Opinione non condivisa dalla maggior parte dei politici colleghi di Hardinaj e dagli analisti secondo i quali il comportamento costruttivo dimostrato sarebbe indicativo della personalità di Haradinaj. Per Matoshi il gesto di Haradinaj ha dato grande prestigio internazionale al Kosovo. "Le sue dimissioni e la partenza per l'Aja testimoniano come sia a conoscenza delle leggi internazionali e come sia un cittadino fedele dell'Europa". Secondo Matoshi il Kosovo ha perso temporaneamente un eroe di guerra ed un primo ministro molto energico ma ha guadagnato un'immagine di Paese pronto a rispettare le leggi.

Il merito di Haradinaj, sottolineato senza mezzi termini sia dalla KFOR che dall'UNMIK, è stata la gestione di una possibile situazione che poteva facilmente degenerare nella violenza. E' passato il messaggio "the show must go on" e Haradinaj è stato pronto a designare un suo successore, per non far crollare l'alleanza tra il suo AAK e l'LDK del Presidente Ibrahim Rugova. Nel caso di incidenti i negoziati per la definizione dello status sarebbero stati senza dubbio rimandati. Ora tutti si aspettano non sia così.


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