Kosovo, Thaçi chiede al PDK il “sì” sulla corte speciale UÇK

23 luglio 2015

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Ancora travagliato e incerto il destino della corte speciale sui presunti crimini commessi da membri dell'UÇK durante e dopo il conflitto armato in Kosovo, messi in luce dal noto “rapporto Marty”. L'istituzione della controversa corte voluta e sponsorizzata dall'Unione europea, deve però ricevere il via libera del parlamento di Pristina.

Un primo tentativo di far passare il provvedimento è però naufragato lo scorso 26 giugno, quando tredici deputati del Partito Democratico del Kosovo (PDK) che affonda le proprie radici proprio nel movimento armato, hanno fatto mancare il proprio supporto al provvedimento.

Mercoledì 22 luglio Hashim Thaçi, leader del partito e attuale ministro degli Esteri ha riunito i parlamentari PDK alla ricerca del consenso sulla corte. Thaçi ha più volte espresso il proprio deciso sostegno al tribunale, nonostante il suo nome venga indicato nel “rapporto Marty” come "personalità chiave della criminalità organizzata".

Le posizioni dei deputati ribelli, però, non sembrano essere cambiate. A riunione conclusa, Nait Hasani ha dichiarato: “Non voterò per una corte speciale, che giudica solo l'UÇK. Ci dovrebbe essere un tribunale per tutti i crimini commessi in Kosovo”. Sulla stessa linea anche Fadil Demaku, che ha preferito non partecipare all'incontro con Thaçi.

Nonostante la forte spaccatura nel partito, il leader del PDK ha mostrato ottimismo. “Credo che il parlamento non dovrebbe chiudere per la pausa estiva prima di portare a termine l'importante compito [della creazione della corte]. La posizione del PDK è chiara e dobbiamo rispettare gli impegni presi. Quindi, mi aspetto che la finalizzazione del processo avvenga nel prossimo futuro”, è stato il commento di Thaçi alla fine dell'incontro.