Le delegazioni di Pristina e di Belgrado si sono incontrate nuovamente nella capitale austriaca per discutere dei rispettivi piani di decentralizzazione del Kosovo. L'incontro secondo alcuni è andato bene, ma non ha sortito alcuna decisione definitiva
A quasi un anno di distanza, la capitale austriaca diviene per la seconda volta il luogo di incontro per discutere della situazione in Kosovo. Un anno fa, ricordiamo c'era stato il primo incontro, dopo la guerra, tra la delegazione kosovaro-albanese e i funzionari di Belgrado. Ci si ricorderà che i punti principali emersi dal primo colloquio viennese furono la creazione di gruppi di lavoro sui temi del rientro degli sfollati, la libertà di movimento, l'energia e i trasporti. Nonostante l'ottimismo dei rappresentanti internazionali occorre sottolineare che lo storico incontro di Vienna fu più che altro un dialogo senza dialogo.
Ad un anno di distanza, con gli avvenimenti di marzo in mezzo, e sotto la pressione del Gruppo di contatto, martedì 28 settembre sono proseguiti i colloqui tra i funzionari di Pristina e Belgrado. Nell'ambito dell'incontro sono stati presentanti i piani per la decentralizzazione avanzati dal Consiglio d'Europa, del Governo serbo, dell'UNMIK e del Governo del Kosovo.
I colloqui sono terminati senza un accordo preciso su come intendere la autonomia della provincia e la conseguente decentralizzazione. Più che altro si è trattato di un inizio di dialogo per valutare le proposte di tutte le parti coinvolte e vedere di combinarle in una soluzione che sia accettabile per tutti.
"Abbiamo discusso, soprattutto di due piani, sulla possibilità di combinarli, ossia di come realizzare un piano comune di decentralizzazione, che sia soddisfacente per i Serbi del Kosovo e per tutti i cittadini di questa provincia" ha detto il consigliere del Premier serbo, Slobodan Samardzic, presente ai colloqui di martedì insieme con l'altro consigliere del Premier, Aleksandar Simic.
I funzionari serbi hanno accolto con favore l'avvio di un nuovo dialogo, "credo che sia stato dato un buon quadro di riferimento per la continuazione dei colloqui e per la soluzione dei problemi inerenti la sicurezza e la permanenza dei Serbi in Kosovo. Credo che ciò rappresenti l'inizio della continuazione dei dialoghi che devono condurre alla soluzione dei problemi sunnominati ed è molto importante che sia stata esposta la visione di Belgrado", ha ribadito Simic ai giornalisti del quotidiano belgradese "Danas".
Samardzic ha tenuto poi a precisare che l'incontro non era volto a persuadere i Serbi del Kosovo a partecipare alle elezioni del 23 ottobre. "Ciò che interessa la nostra opinione pubblica e la comunità internazionale è se questo incontro possa essere sufficiente per fare in modo che Belgrado chiami i Serbi del Kosovo alle elezioni. Noi abbiamo spiegato la difficilissima situazione e i problemi dei Serbi del Kosovo. E d'altra parte non crediamo che le due cose vadano collegate".
Dal punto di vista di Pristina le cose stanno un po' diversamente. Il rappresentante della delegazione albanese Hisni Bajrami ha riferito che il piano di Pristina è in accordo con la Convenzione europea sull'autonomia locale, mentre "il piano di decentralizzazione del Governo serbo non è un piano per la decentralizzazione, ma piuttosto per la cantonizzazione del Kosovo. Come abbiamo avuto modo di vedere, ci sono pochi elementi che potrebbero integrarsi col nostro piano. Il documento di Pristina ha una chiara piattaforma e strategia ed è stato stilato con un consenso trovato tra l'UNIMK, il Consiglio d'Europa e il Governo del Kosovo".
Secondo quanto riporta il quotidiano belgradese "Danas", Bajrami ha insistito sul fatto che "il piano di Belgrado prevede la formazione di territori autonomi con ampio potere, e come tale non si integra, perché è basato su criteri etnici. La nostra piattaforma non si basa su criteri etnici. Inoltre il piano di Belgrado conduce alla divisione del Kosovo, perché esclude dalla giurisdizione del Kosovo parti di territorio, e questo è il primo passo che potrebbe portar alla divisione. Ecco perché è inaccettabile e contrario a tutte le convenzioni".
Nonostante ciò, Dusan Janjic, del Forum per le relazioni interetniche considera che l'incontro di Vienna abbia comunque dato un segnale positivo ed è di particolare importanza, perché il piano del governo serbo è stato presentato in modo equivalente con gli altri piani, rispettando la condizione per Belgrado per poter continuare i colloqui. "Per Belgrado questo incontro può essere più che un buon inizio. Ciò significa che da domani il governo di Belgrado si troverà sotto la pressione della comunità internazionale per sì che si dichiari anche sulle altre questioni. Quindi, per primo dichiari se ciò che è stato fatto oggi e ieri a Vienna è soddisfacente, dopo di che se i Serbi parteciperanno alle elezioni". (B92)
Un invito formale a partecipare alle elezioni del 23 ottobre è giunto pure dal Rappresentante per la politica estera e la sicurezza dell'UE, Havier Solana. Giunto nel pomeriggio di martedì in Kosovo, Solana ha avuto modo di ribadire che la partecipazione dei Serbi alle elezioni del 23 ottobre è fondamentale e nel loro interesse. "Ogni altra scelta non è una soluzione che la comunità internazionale si attende", ha detto Solana. Parole che cozzano con le dichiarazioni di Oliver Ivanovic, membro della presidenza del Parlamento kosovaro, il quale afferma che solo un chiaro messaggio di Belgrado, potrà cambiare la posizione del Serbi del Kosovo, Il riferimento va in particolare al presidente Boris Tadic e al premier Vojislav Kostunica, i quali - secondo Ivanovic - dovrebbero quanto prima lanciare un chiaro segnale ai Serbi del Kosovo.
Vedi anche:
Colloqui di Vienna, un primo segnale positivo per il Kosovo
Kosovo: dialogo senza dialogo
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