Con l'approvazione della mozione di Belgrado all'Onu, il Kosovo incassa il primo stop diplomatico dalla dichiarazione di indipendenza dello scorso febbraio. Pristina, però, rilancia subito, grazie ai riconoscimenti arrivati quasi all'unisono da Montenegro e Macedonia
La prima sconfitta politica per il Kosovo sulla scena internazionale dalla dichiarazione di indipendenza dello scorso febbraio. A Pristina è stato vissuto così quanto successo a New York mercoledì 8 ottobre, quando l'Assemblea Generale dell'Onu ha approvato a maggioranza semplice la richiesta presentata dalla Serbia di inviare alla Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) di esprimere un parere sulla legittimità della dichiarazione di indipendenza di Pristina.
Piuttosto sorprendentemente, le critiche più dure rivolte ai deludenti risultati della diplomazia kosovara non sono arrivate dai partiti di opposizione, ma dai media, che hanno "crocifisso" il ministro degli Esteri Skender Hyseni e il suo team.
"Il Kosovo ha perso non perché la Serbia sia stata particolarmente convincente nel presentare la propria mozione, ma perché il Kosovo, nonostante gli sforzi dell'ultimo minuto, dal giorno dell'indipendenza ha fatto davvero poco sul campo della propria politica estera, limitandosi a lasciarla nelle mani dei paesi amici", ha scritto nel suo editoriale Agron Bajrami, caporedattore del Koha Ditore. "Se il Kosovo ha chiesto ai paesi membri di votare contro l'iniziativa di Belgrado, il risultato della nostra politica è senza dubbio deludente: solo sei paesi hanno votato contro la Serbia...".
"La leadership kosovara ha dato alla risoluzione di Belgrado un'importanza ingiustificata, sapendo a priori che si trattava di una battaglia perduta in partenza", ha commentato Berat Buxhala, caporedattore di Express. "Sarebbe stato più saggio ignorarla del tutto, per concentrarsi nel lavoro di lobby 'paese per paese' all'interno dell'Assemblea Generale dell'Onu".
Anche se il risultato di New York era previsto, (77 paesi hanno supportato la richiesta serba, 6 si sono opposti e 74 si sono astenuti), nel complesso Hyseni è alla ricerca di un risultato strategico più ampio: aumentare il numero dei riconoscimenti internazionali, sia in colloqui con i "liason office representatives" presenti a Pristina che con gli ambasciatori alle Nazioni Unite.
Al contrario di quanto fatto dal ministro degli Esteri kosovaro, la sua controparte serba, Vuk Jeremic, ha speso gli ultimi mesi in visita in tutti i continenti, per chiedere l'appoggio dell'iniziativa legale di Belgrado contro l'indipendenza di Pristina.
Il risultato della votazione viene letto in modo molto diverso dalle leadership serba e kosovara. Per la Serbia questo è un evento che deve portare alla riapertura di un processo negoziale sullo status del Kosovo. "Si è trasferito de facto l'aspetto più delicato della questione kosovara, quello dello status, dall'arena politica a quella legale", ha dichiarato Jeremic. Per Pristina, invece, Belgrado non contribuisce in alcun modo alla stabilità della regione.
Anche i principali sostenitori dell'indipendenza del Kosovo, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, sono rimasti sorpresi dal supporto ricevuto dalla Serbia, pur sottolineando che sull'indipendenza di Pristina non si può tornare indietro. L'opinione dell'ICJ, infatti non ha effetti vincolanti.
La procedura sul Kosovo, in quello che è il principale organo di giustizia delle Nazioni Unite atto a giudicare le dispute tra stati dovrebbe cominciare tra qualche mese, e potrebbe andare avanti per anni. Sebbene l'indipendenza del Kosovo non possa essere realmente messa in discussione dal giudizio della Corte, la "pendenza giudiziaria" verrà senza dubbio utilizzata dalla Serbia come strumento di pressione per prevenire ulteriori riconoscimenti.
La reazione dei leader kosovari all'iniziativa della Serbia non si è fatta attendere. "Non ci aspettiamo alcuna proposta positiva da parte di Belgrado", ha dichiarato il premier Hashim Thaci subito dopo la fine della sessione dell'Assemblea Generale. "Belgrado sarà sorpresa da una nuova ondata di riconoscimenti. Questa risoluzione non sarà un bastone tra le ruote di paesi che ci aspettiamo facciano presto dei passi verso il riconoscimento della nostra indipendenza", ha aggiunto poi lo stesso Thaci, in una dichiarazione congiunta col presidente Fatmir Seidju e col ministro degli Esteri Hyseni.
Le promesse di Thaci hanno avuto bisogno di un giorno appena per diventare realtà. Già martedì 7 ottobre era arrivato il riconoscimento del Portogallo, uno dei sei stati membri dell'Unione Europea che ancora mancava all'appello. Giovedì 9, appena 24 ore dopo la votazione a New York, arrivavano quelli di due stati vicini: il Montenegro e la Macedonia.
La decisione di Skopje e Podgorica, evidentemente, non è stata presa grazie all'influenza della diplomazia di Hyseni, ma è il risultato della scelta della strada verso l'integrazione europea dei due paesi balcanici.
La decisione del governo montenegrino di riconoscere il Kosovo, presa all'unanimità, arriva alcuni giorni dopo che il ministro degli Esteri di Podgorica, Milan Rocen, aveva dichiarato che il Kosovo indipendente è una realtà politica che il Montenegro non può permettersi di ignorare.
A Skopje, dopo che il parlamento ha adottato una risoluzione sul riconoscimento, il governo ha dichiarato che questa è una decisione importante per la Macedonia, sottolineando che questa non è stata presa "contro la Serbia".
Questi riconoscimenti portano a 50 il numero di paesi che hanno stabilito relazioni diplomatiche con Pristina. Per il governo kosovaro questi sono più che semplici riconoscimenti, "perché dimostrano che gli sforzi di Belgrado contro l'indipendenza del nostro paese non hanno alcun effetto".
Nello stesso tempo, il ministero degli Esteri del Kosovo ha annunciato la creazione di un gruppo di noti esperti legali per rappresentare il paese di fronte all'ICJ. Nonostante la sconfitta patita all'Onu, arrivata sebbene il Kosovo fosse appoggiato dagli Usa e dai principali paesi dell'Ue, e la gioia di Belgrado che questa volta è riuscita a prendersi le luci della ribalta, secondo molti analisti politici di Pristina questa si rivelerà un ostacolo che non sarà in grado di avere effetti concreti.
"Non credo che valga la pena di strapparsi i capelli per la disperazione, mentre aspettiamo il giudizio della Corte", è l'opinione di Berat Buxhala. "Alla fine del processo, non avremo che un'ulteriore opinione sull'indipendenza del Kosovo tra le tante accumulate all'ICJ da tutti gli angoli del mondo".
E' piuttosto remota, è l'opinione grandemente diffusa a Pristina, la possibilità che il giudizio della Corte possa rendere monca o cancellare l'indipendenza dichiarata sul campo.
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