Lo si sostiene in un articolo apparso sul sito della ICFTU (International Confederation of Free Trade Unions). Lo abbiamo tradotto e pubblicato.
La ICFTU è una delle maggiori confederazioni mondiali di sindacati. Recentemente è stato pubblicato sul loro sito un articolo in merito ai processi di privatizzazione in Kossovo. Argomento che già in passato ha provocato un acceso dibattito. Di pochi giorni fa ad esempio, del 23 maggio, la notizia che alcuni membri del gruppo di coordinamento per il Kossovo, istituito dal governo della Serbia e con a capo Nebojsa Covic, si sono incontrati con rappresentanti del G8 per chiarire le proprie posizioni sul processo di privatizzazione in Kossovo. Il governo serbo ritiene quest'ultimo del tutto illegittimo sostenendo che non si possa procedere alla privatizzzazione di imprese statali senza tener conto dello Stato, che, almeno formalmente, è rappresentato dalla Serbia stessa.
Posizione diversa quella espressa nell'articolo tradotto qui di seguito dove si pone l'attenzione soprattutto sulla partecipazione in questi processi da parte di tutte le parti sociali, puntando l'attenzione sul ruolo dei lavoratori di ciascuna impresa, ruolo che secondo l'ICFTU era particolarmente pregnante soprattutto in virtù del fatto che si trattava di imprese autogestite. Resta da chiedersi in questo contesto quale spazio gli stessi sindacati si impegnino a garantire in favore delle minoranze che, se il processo di privatizzazione andasse avanti in questo momento, ne rimarrebbero del tutto escluse.
Mercoledì scorso è stata lanciata la seconda parte della Campagna promossa dall'Unione Indipendente dei Sindacati del Kossovo (BSPK) a favore di una maggior partecipazione e responsabilità delle parti sociali nei processi di privatizzazione in atto.
Obiettivo principale del BSPK è quello di essere coinvolta nelle decisioni prese in ambito di privatizzazione, cosa sino ad ora negata dall'amministrazione internazionale UNMIK: non è stata organizzata infatti in passato alcuna consultazione con i sindacati in merito ad esempio alla legge sulle privatizzazioni e nessuna è prevista per il futuro.
In Kossovo la maggior parte delle imprese sono autogestite. In pratica questo ha significato che in quasi 50 anni i lavoratori non solo hanno rappresentato la forza di lavoro e hanno provveduto con l'esperienza e competenza necessarie al buon andamento dell'impresa ma hanno anche investito nell'azienda. La maggior parte di questi investimenti sono andati distrutti nella guerra ma assetti significativi permangono.
L'UNMIK ha costituito un'agenzia che si occuperà delle privatizzazioni ed è costituita da sei membri, due dei quali kossovari. Quest'agenzia non riconoscerà reclami per quanto riguarda la proprietà sulle aziende che si prevede privatizzare negando così il diritto alla proprietà collettiva e di fatto rubando la ricchezza che i proprietari (i lavoratori) hanno accumulato.
"Non è la privatizzazione delle imprese statali che porterà investimenti in Kossovo" ha affermato Sandra Vermuyten, coordinatrice della campagna per i diritti fondamentali dei lavoratori per conto dell'ICFTU. "Senza un sistema giuridico funzionante, un buon governo e istituzioni che possano dare garanzie alle nuove strutture di proprietà la privatizzazione in Kossovo avrà gli stessi effetti che ha avuto in altri Paesi dell'est: mettere i lavoratori per strada, con le tasche vuote e nessuna compensazione per il passato, con la sola speranza di essere "riarruolati" dall'economia informale. Dipende dai kossovari decidere che via intraprendere per quanto riguarda le privatizzazioni e sino a quando non lo potranno fare nessun piano globale di privatizzazioni dovrebbe essere intrapreso".
Il presidente del BSPK, Bahri Shabani, ha richiesto all'UNMIK di "creare un tavolo di confronto al più presto" ed ha sottolineato la forte intenzione del BSPK di essere un partner rilevante nel processo di privatizzazioni.
"Non siamo tenuti solo moralmente a partecipare a questo processo" ha dichiarato quest'ultimo "ma ci spingono verso questa scelta tutti i nostri associati e le loro famiglie. E' un'opportunità unica per persone che hanno vissuto tremende difficoltà per intere generazioni. Non finiremo mai di sottolineare che le loro voci devono essere ascoltate in questo processo".
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