L'11 gennaio i giudici Eulex hanno definitivamente accantonato le accuse di corruzione e abuso d'ufficio nei confronti dell'ex direttore della Banca centrale del Kosovo. Un caso che ha portato alla luce seri problemi nella gestione della giustizia da parte della missione europea. Le riflessioni di Andrea Lorenzo Capussela, già direttore dell'ufficio economico dell'ICO
Il 23 luglio 2010, accusato di corruzione e riciclaggio di denaro Hashim Rexhepi, governatore della Banca Centrale del Kosovo è stato trascinato fuori dal suo ufficio davanti alle telecamere da poliziotti pesantemente armati, arrestato e trattenuto quattro mesi in carcerazione preventiva. L'indagine è stata condotta da Eulex, principale missione civile dell'Unione europea e fiore all'occhiello della politica estera comune.
C'è voluto più di un anno perché i procuratori Eulex emettessero un atto d'accusa, atto che peraltro aveva lasciato cadere tutte le accuse più gravi. Le accuse rimanenti sono state respinte da un giudice della stessa missione UE ancora prima di aprire un processo. I pubblici ministeri hanno presentato ricorso e hanno perso: l'undici gennaio, i giudici d'appello hanno confermato definitivamente che nessuna delle accuse ha retto l'esame.
La gravità di questo errore giudiziario non può essere pienamente apprezzata senza entrare nel dettaglio. Ho seguito questo caso molto da vicino, essendo allora a capo del dipartimento di Economia dell'organismo supervisore del Kosovo (l'Ufficio civile internazionale, ICO): la Banca centrale era uno dei miei principali interlocutori. Di questo caso ho scritto altrove, ma ora che è stato chiuso vorrei riassumere gli errori di Eulex e trarre alcune conclusioni.
Nessuna delle dozzine di accuse portate contro il governatore Hashim Rexhepi sembrava convincente o almeno plausibile: ad esempio, era stato accusato di aver preso una tangente da una compagnia di assicurazioni per emettere una licenza, ma la presunta tangente era di gran lunga superiore al fatturato annuale della società e il rilascio della licenza non era suo potere esclusivo.
Ho letto le sei sentenze dei giudici Eulex che ordinavano o confermavano la detenzione di Rexhepi: non discutevano le prove a suo carico, come avrebbero dovuto, ma semplicemente ne evocavano l'esistenza. Questo, ai miei occhi, le rende decisioni immotivate. Ora sappiamo che le accuse erano prive di fondamento, visto che i pubblici ministeri non le hanno nemmeno incluse nell'atto di accusa: se i giudici avessero studiato più attentamente le prove, avrebbero potuto chiudere il caso il giorno dopo l'arresto.
Alcune di queste prove erano indifendibili: per tre mesi, fino all'obiezione dell'avvocato di Rexhepi, procuratori e giudici Eulex avevano rispettivamente presentato e accettato lettere anonime come prove a sostegno di alcune delle accuse più gravi. E quando il giudice ha chiesto prove più solide, queste sono state consegnate e accettate fuori del tribunale, senza essere mostrate alla difesa.
Non riesco a pensare a nulla di più grave per una missione legale che rappresenta l'Unione europea: usare lettere anonime, prove segrete e decisioni immotivate per tenere un uomo in prigione. Un innocente, sappiamo ora. La questione ora è se queste violazioni del diritto ad un giusto processo siano state frutto di totale incompetenza o un deliberato tentativo di coprire l'errore iniziale.
L'interrogativo si pone anche perché i vertici Eulex sembrano avere un concetto distorto dell'indipendenza della magistratura e hanno i mezzi per influenzare giudici e pubblici ministeri, visto che decidono il rinnovo dei loro contratti annuali. Nel novembre 2010, infatti, è stata emanata una richiesta di informazioni preliminari su tutte "le azioni legali di una certa importanza ": presa alla lettera, questa direttiva copre indagini, arresti e sentenze ed è radicalmente incompatibile con l'indipendenza del potere giudiziario.
In questo contesto, è molto inquietante notare che tutte le accuse più gravi portate dai procuratori Eulex contro Rexhepi riproducono quasi esattamente quelle usate in una campagna mediatica scatenata contro di lui dalla stampa filo-governativa, pochi mesi prima dell'arresto. In realtà, era chiaro da tempo che l'élite del Kosovo voleva rimuovere Rexhepi dalla sua posizione per prendere il controllo della Banca centrale e del suo denaro. Secondo la stampa, l'élite del Paese si era rivoltata contro di lui anche perché aveva rifiutato di depositare il denaro pubblico in banche “amiche” e di emettere una licenza di assicurazione ad una società dubbia, usando una potente organizzazione illegale e segreta per costruire e diffondere un dossier contro Rexhepi. Questi resoconti sono molto plausibili e ritengo che questo dossier sia la vera origine di questo caso.
La prima domanda, dunque, è se Eulex abbia creduto in questo dossier e nelle lettere anonime per errore o se la sua leadership, che appare eccessivamente autonoma o troppo distrattamente supervisionata da Bruxelles, abbia voluto fare un favore a qualcuno. La seconda domanda è: chi, tra l'élite del Kosovo, ha cospirato contro la Banca centrale e il suo governatore? È a questa indagine che Eulex dovrebbe rivolgere la propria attenzione, perché i crimini in questione potrebbero essere gravi.
L'élite ha raggiunto solo uno dei propri obiettivi: Rexhepi è stato rimosso, ma è stato sostituito da un buon governatore. Mentre lui era in prigione, il consiglio della Banca centrale, che dovrebbe proteggerne l'integrità e l'indipendenza, ha prima cercato di attribuire alle istituzioni politiche il potere di destituire il governatore (mossa illegale che è stata bloccata dall'ICO) e poi ha proceduto a licenziare lo stesso con un falso pretesto (questa volta, contro il mio parere, l'ICO ha taciuto).
Ma alla fine, quando il consiglio ha cercato di forzare le regole per insediare il proprio presidente come nuovo governatore, proprio grazie all'intervento dell'ICO e con un processo trasparente, è stato scelto un candidato competente e rispettabile.
Da questo caso vorrei trarre cinque conclusioni.
- Pubblici ministeri e giudici Eulex hanno arrestato e detenuto un innocente sulla base di accuse infondate e implausibili, violando ripetutamente il suo diritto ad un giusto processo. Anche se i giudici hanno rimediato diciotto mesi dopo, questi errori sono così gravi e così tanti che equivalgono ad un atto d'accusa contro la missione stessa, soprattutto perché questo è l'unico caso di corruzione ad alto livello che Eulex ha aperto e chiuso (solo pochi altri sono stati aperti, e tutti languono), mentre proprio combattere questo tipo di crimine era l'obiettivo della missione.
Infatti, a tre anni dal suo dispiegamento, mentre tutti gli indicatori suggeriscono una corruzione diffusa e in crescita, l'interrogativo principale sulle prestazioni di Eulex è perché giudici e pubblici ministeri abbiano creduto per tanto tempo in quelle lettere anonime e nel dossier di cui probabilmente facevano parte.
Lascio aperta la questione, sperando che un'inchiesta indipendente stabilisca se sia stata grave negligenza o malafede. In entrambi i casi, non riesco a capire come Eulex possa riacquistare la propria credibilità come missione per lo stato di diritto senza riformarsi, cambiare leadership e sanzionare i responsabili di questi errori. Il mandato scade a giugno: sembra una buona occasione per migliorare la missione o evitare che arrechi ulteriori danni al Kosovo e all'Unione europea.
- Rexhepi ha perso quattro mesi di vita, reputazione e lavoro. Ma questa indagine ha danneggiato anche la Banca centrale, ampiamente considerata la migliore istituzione del Kosovo, e il suo bene più prezioso: l'indipendenza. Quando hanno visto Rexhepi trascinato via in manette dai guardiani UE dello stato di diritto, tutti in Banca centrale sapevano che era innocente e che il governo voleva sbarazzarsi di lui: come potranno reagire quando l'élite chiederà loro un favore illecito?
Sotto le pressioni della politica, il consiglio della Banca centrale ha letteralmente abdicato alla propria indipendenza: per ripristinare la credibilità della Banca e proteggere l'attuale governatore, questo consiglio dovrebbe essere dismesso immediatamente.
- Non sono stati solo i giornali filo-governativi ad attaccare Rexhepi. Ricordo in particolare un articolo apparso sulla prima pagina di Koha Ditore, il quotidiano più prestigioso del Kosovo, due giorni dopo l'arresto. Il titolo era: "Il Governatore, il 'Dio' delle compagnie di assicurazione". L'articolo andava anche oltre le accuse della stampa filo-governativa e citava fonti anonime secondo le quali Rexhepi possedeva alcune compagnie di assicurazione, ottenute attraverso il ricatto e l'abuso di potere. Su quali basi è stato scritto questo articolo? Chi era quella fonte anonima? Perché accuse tanto ridicole sono finite sulla stampa? Questo caso dimostra la vulnerabilità dei pochi media indipendenti del Paese alle informazioni false diffuse dalla fanteria governativa.
- Opposizione e società civile non hanno preso molto a cuore questo caso. Purtroppo, la percezione generale nell'opinione pubblica sembra essere che tutte le istituzioni sono corrotte quindi, quando una figura potente è accusata di corruzione, in pochi si chiedono se le accuse siano credibili o meno. Quelle contro Rexhepi non lo erano, ma in pochi se ne sono accorti e la stampa non ha aiutato. Questo è pericoloso, perché dove l'indipendenza della magistratura è fragile, le campagne anti-corruzione possono essere facilmente utilizzate dalle élite come copertura per attaccare gli avversari.
Naturalmente, non tutte le persone che lavorano nelle istituzioni del Kosovo sono corrotte: ho incontrato alcuni funzionari veramente ammirevoli, e mi auguro che la prossima volta che l'élite si scaglia contro uno di essi siano sostenuti dall'opinione pubblica attraverso un approccio più critico.
- Questo caso è stato il culmine del tentativo dell'élite di prendere il controllo della Banca centrale, a sua volta parte del disegno di mettere le mani su tutte le istituzioni indipendenti, e segna una grave debacle del sistema ibrido di governance. I supervisori internazionali non sono stati all'altezza: se Eulex ha fatto il contrario di quello che avrebbe dovuto fare, l'ICO ha fatto solo la metà del proprio lavoro.
Ancora più importante, nessuna delle garanzie di una società democratica ha funzionato: né il sistema giudiziario, né le istituzioni indipendenti, l'opposizione, i media o la società civile sono intervenuti per fermare l'attacco alla Banca centrale e l'ingiustizia che si stava perpetrando contro il suo governatore. Dopo quattro anni di indipendenza con supervisione UE, è una riflessione piuttosto amara.
Hai pensato a un abbonamento a OBC Transeuropa? Sosterrai il nostro lavoro e riceverai articoli in anteprima e più contenuti. Abbonati a OBCT!
Commenti
Log in or create a user account to comment.