Prima di essere costretto ad abbandonare il potere l'VMRO-DPMNE ha garantito 86 concessioni minerarie che incombono ora sull'agricoltura e l'ambiente del sud-est del paese. E il nuovo governo social-democratico per ora non le ha bloccate
(Pubblicato originariamente da Bilten , selezionato e tradotto da Le Courrier des Balkans e OBCT)
"Da quindici anni io e la mia famiglia investiamo nell'agricoltura biologica per lasciare alle generazioni future un ambiente sano. Senza averci consultati, noi che siamo i primi a subirne le conseguenze, avete piazzato una bomba a scoppio ritardato nei nostri giardini: la miniera a cielo aperto di Kazandol minaccia la nostra salute e la nostra possibilità di guadagnarci da vivere". Ecco parte del discorso fatto da Dimče Baleski, abitante e consigliere comunale di Valandovo, davanti ai deputati macedoni riunitisi per una seduta pubblica del Parlamento macedone dedicata alla riforma della legge sulle estrazioni minerarie.
Numerosi rappresentanti di iniziative civiche macedoni sedevano al loro fianco nel dibattito parlamentare.
Da un anno e mezzo gli abitanti della regione si stanno mobilitando contro l'apertura di miniere. Si sono già tenuti sei referendum locali e più di 40.000 votanti si sono opposti all'apertura di nuove miniere nei propri comuni.
Queste iniziative locali difendono un futuro basato sullo sviluppo sostenibile dell'area. Con 300 giorni di sole all'anno, il sud-est della Macedonia potrebbe in effetti puntare su energie rinnovabili, ecoturismo e agricoltura biologica. Tutte attività che sarebbero penalizzate dall'apertura di miniere, attività a forte impatto ambientale e a rischio.
Le promesse non mantenute del governo Zaev
In Macedonia un quarto della popolazione vive tutt'ora di agricoltura, contro il 17% impiegato nell'industria del quale solo l'1,5% nel settore minerario. Quasi un terzo della produzione agricola macedone proviene dal sud-est del paese, nello specifico proprio da dove il VMRO-DPMNE ha deciso di accordare nuove 86 concessioni minerarie.
Durante la campagna elettorale per le elezioni locali dell'autunno scorso il primo ministro Zoran Zaev aveva promesso agli abitanti del posto che avrebbe bloccato il cantiere di attivazione della miniera di Kazandol, promessa non mantenuta. In merito agli investimenti stranieri il governo social-democratico sembra avere la stessa linea dei predecessori, i nazionalisti-conservatori del VMRO-DPMNE, al potere nell'ultimo decennio. È stato sì creato un gruppo di lavoro che ha riunito tutti i differenti attori coinvolti (deputati, gabinetto del primo ministro, rappresentanti delle iniziative locali) per discutere del futuro di questi progetti minerari, ma si è riunito una sola vola lo scorso dicembre, senza arrivare ad alcun risultato concreto.
Dal suo arrivo al potere nella primavera del 2017, Zoran Zaev non ha fatto nulla per porre fine all'invasione mineraria che sembra profilarsi nonostante i vari appigli giuridici che potrebbero giustificare una moratoria. I giornalisti d'inchiesta di BIRN hanno scoperto e rivelato irregolarità nella concessione del diritto di sfruttamento della miniera di Kazandol. Elementi che si aggiungerebbero ad una violazione evidente del contratto da parte dell'investitore: Sardich MC non ha mai costruito, nonostante gli impegni presi, alcun impianto di produzione di catodi di rame con la capacità di trattare almeno il 50% del minerale estratto.
“Si rischia di scoraggiare gli investitori stranieri”
Mentre il governo sta lasciando fare, i militanti che si battono contro le miniere hanno trovato un alleato inaspettato nella persona del capo dello stato Gjorge Ivanov, membro del VMRO-DPMNE che ha pubblicamente condiviso la sua contrarietà a “concessioni minerarie che distruggono l'ambiente della Macedonia e la vita dei suoi abitanti”.
Una delle priorità del governo Zaev dovrebbe essere quella dell'adozione di alcuni emendamenti alla legge sullo sfruttamento del sottosuolo proposti da due deputati ecologisti. Nel 2012 la maggioranza di allora aveva favorito la trasformazione dei diritti di “esplorazione” in diritti di “sfruttamento” dei giacimenti individuati di rame, argento ed oro. Questi emendamenti mirano a cancellare quanto deciso nel 2012. Inoltre prevedono di vietare l'utilizzo di composti pericolosi come il cianuro o l'acido solforico nel trattamento dei materiali estratti.
Le iniziative locali inoltre richiedono un ulteriore emendamento alla legge in modo da far sì che l'eventuale attivazione di progetti minerari debba ottenere l'approvazione anche delle comunità locali attraverso un referendum. Un emendamento che obbligherebbe il governo ad attendere l'esito del voto locale prima di prendere una decisione.
Il dibattito prosegue in Parlamento ma in molti ritengono che questi emendamenti verranno perlomeno rivisti dato che contro di essi si è già espresso il ministero dell'Economia. L'argomentazione principale? “Rischierebbero di scoraggiare gli investitori stranieri”. Nel frattempo l'investitore Sartich MC, ha depositato presso il ministero dell'Ambiente e della Gestione del territorio una richiesta di permesso per poter avviare l'estrazione a Kazandol.
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