In Macedonia la libertà di espressione subisce crescenti limitazioni, e i media appaiono sempre più controllati dall'esecutivo. A destare preoccupazione è soprattutto l'uso governativo della pubblicità come strumento di pressione e addomesticamento delle opinioni
Non più di quattro o cinque anni fa la Macedonia era considerato un paese democratico caratterizzato da media giovani ma vivaci, dove la libertà di espressione era sostanzialmente garantita. Oggi, secondo molti osservatori internazionali, questa valutazione sullo stato dei media macedoni non è più attuale né corretta. Evidentemente, qualcosa deve essere andato storto negli ultimi anni. Molti dei maggiori media del paese sono sempre più percepiti come controllati dal governo, e lo strumento usato dal potere esecutivo per assicurarsi il controllo dei media sembra essere soprattutto il budget destinato alla pubblicità.
Preoccupazione da Bruxelles
L'ultimo Progress Report della Commissione Europea, emesso lo scorso autunno, ha sottolineato ancora una volta che “nel paese lo stato relativo alla libertà dei media continua a peggiorare” ed ha espresso “preoccupazione sulla spesa del governo in pubblicità, che secondo alcuni osservatori è destinata soltanto ai media filo-governativi, i quali ne risultano avvantaggiati finanziariamente”.
Non molto diversa l'analisi del 2012 della stessa Commissione Europea, che esprimeva “preoccupazione sull'assenza di pluralismo e sulla pratica dell'auto-censura”, così come “sulle grandi cifre in campagne pubblicitarie che il governo destina ai media che lo sostengono”. Simili anche le conclusioni del rapporto della primavera 2013 del Dipartimento di Stato americano che, pur con un linguaggio più indiretto, notava come il governo fosse il “più grande acquirente di pubblicità nel paese, finendo col favorire media e giornalisti 'amici'”. Sempre in riferimento alla libertà dei media e al pluralismo informativo, il rapporto del 2013 di Freedom House definiva la Macedonia un paese “parzialmente libero”. Nella classifica stilata ogni anno dall'organizzazione, la Macedonia perdeva 22 posizioni, precipitando dalla 94esima alla 116esima posizione a livello mondiale.
Dibattito infuocato
La sessione parlamentare della scorsa settimana, dove i deputati macedoni hanno presentato al governo numerose interrogazioni, è stato soltanto uno dei sempre più numerosi episodi in cui l'interferenza del governo nella libertà dei media viene denunciata pubblicamente. Da parte sua il governo dell'Organizzazione Interna Rivoluzionaria Macedone (VMRO-DPMNE) non sembra aver preso le critiche particolarmente sul serio, mentre l'opposizione continua ad accusare l'esecutivo di corrompere i media attraverso le tante campagne di “informazione” che finanzia, i cui fondi sono destinati prioritariamente ai media amici.
I rappresentanti del governo hanno candidamente ripetuto che le campagne pubblicitarie sono uno strumento efficace per comunicare con i cittadini. La stessa settimana, Petar Silegov portavoce del Partito socialdemocratico (la SDSM), la principale forza dell'opposizione, ha presentato nuovi dati sull'ingente ammontare di fondi che il governo sta destinando alle televisioni filo-governative.
Il governo e la pubblicità
È noto in Macedonia che con l'esecutivo della VMRO-DPMNE, il governo è diventato uno dei maggiori “committenti di pubblicità” nel paese, come mai successo con i governi precedenti. Si tratta, piuttosto, di una chiara politica portata avanti dall'attuale leadership della VMRO. I fondi pubblici destinati ai media sono drasticamente cresciuti negli ultimi 6-8 anni. Contemporaneamente, secondo gli osservatori internazionali, la qualità della libertà dei media in Macedonia è costantemente peggiorata. Gli analisti leggono le due tendenze come parte di una stessa politica governativa volta a mantenere il controllo sui media nazionali.
Per presentare questa storia in modo oggettivo, va detto che il governo macedone ha speso grandi cifre per pubblicizzare il paese a livello internazionale con l'obiettivo di richiamare investimenti e turismo. Al riguardo, alcune voci critiche hanno ironicamente accusato il governo di aver tentato di corrompere persino i media stranieri. Leggermente diversa l'interpretazione di chi crede che al governo della VMRO piace spendere in pubblicità. Da potente cliente quale è, il governo si sarebbe poi reso conto di essere nelle condizioni di dettare i termini ai media finanziati.
Negli ultimi anni, il centro del dibattito sui fondi governativi destinati alla pubblicità si sta spostando. Se nel biennio 2007-2008 l'attenzione si concentrava su quanto il governo spendeva in pubblicità a livello internazionale, oggi gli occhi sono rivolti a come spende in casa. Mentre in passato la critica era rivolta all'opacità circa le somme spese, oggi il problema è identificato nella corruzione dei media, negli abusi e nella restrizione dello spazio per la libertà di espressione.
Guerra di cifre
Tuttavia, anche le somme spese dal governo del premier Nikola Gruevski non sono conosciute con esattezza. Esistono numerose stime, spesso molto diverse tra loro. Nel 2013 un rapporto sulla libertà dei media nei Balcani e in Turchia, finanziato dalla Commissione Europea, stimava che il governo macedone fosse il più grande finanziatore di campagne pubblicitarie, arrivando a spendere oltre venti milioni di euro l'anno. Uno studio precedente, risultato di una missione di organizzazioni internazionali attive nell'ambito dei media, indicava una cifra complessiva (inclusiva di tutti i tipi di pubblicità) di circa 39 milioni di euro.
Forse i dati più esaustivi, inclusi gli introiti pubblicitari e la situazione sui media elettronici, provengono dal rapporto del Consiglio per le Telecomunicazioni macedone, recentemente ribattezzato “Agenzia per i servizi radiofonici ed audiovisivi”. Il rapporto, concentrandosi sugli ultimi tre anni, indica, nonostante interpretazioni contrastanti, che attualmente il governo è uno dei maggiori finanziatori della pubblicità televisiva, mentre nel 2010 si collocava al 18esimo posto. Gli esperti hanno espresso dubbi circa il modo in cui il dato sia stato calcolato: in particolare alcuni hanno sottolineato che la metodologia usata dagli analisti ha sottovalutato la quota della spesa governativa.
Tuttavia, secondo lo stesso rapporto, nel 2011 il governo ha risalito ben 14 posizioni collocandosi al quarto posto per la spesa in pubblicità televisiva. Uno studio più recente, datato 2012, colloca il governo in cima alla classifica con un 4,03% di partecipazione sul totale della pubblicità televisiva.
Secondo lo spesso rapporto, il totale degli introiti pubblicitari dei canali televisivi nazionali nel 2012 è stato di circa 16 milioni di euro. La cifra è stimata sulla base dei prezzi della pubblicità televisiva moltiplicati per la durata effettiva della pubblicità. I dati riguardano soltanto le televisioni, lasciando fuori la carta stampata, i media online e le testate locali, anche se, secondo gli esperti, la tv copre la cifra più significativa spesa in pubblicità, che corrisponderebbe a circa due terzi del totale.
Se il dato è accurato, e ci sono ragioni per credere che lo sia, alcune delle cifre circolate sulla stampa possono essere sovrastimate. Secondo molti esperti i numeri dovrebbero essere aggregati. Se il governo è al primo posto nella classifica dei maggiori 50 committenti di pubblicità sulla televisione, con il 4,03%, l'esecutivo VMRO è “solo” all'11esimo con l'1,75%, il ministero delle Finanze al 42esimo posto con uno 0,62% e così via.
In Macedonia, il governo controlla i media
Ma il punto va ben al di là di queste cifre. Quanto il governo abbia realmente speso per rafforzare la sua influenza sui media non cambia la forza di un dato certo: in Macedonia il governo controlla effettivamente la maggior parte dei media nazionali. Ed utilizza questo potere per promuovere il suo operato (spesso senza pudore) e denigrare l'opposizione.
Le notizie sui canali pro-governativi sono spesso mera propaganda. Giornalisti indipendenti e analisti politici sono scomparsi dagli schermi televisivi. Al loro posto ci sono oggi soltanto banditori del potere. Gli unici dibattiti che la TV macedone è oggi in grado di offrire, mettono di fronte persone che la pensano allo stesso modo.
Ci sono sempre stati, e sempre ci saranno media pro-governativi, ovunque. Ma il problema è la dimensione che il fenomeno ha assunto in Macedonia. Le politiche editoriali sotto il governo VMRO sembrano essere affondate a livelli senza precedenti. Così come senza precedenti è la coordinazione di queste politiche, centralizzate come mai prima.
Dissenso messo a tacere
Per mettere le cose in chiaro, c'è da dire che alcuni dei programmi di notizie filo-governativi hanno ancora molto da lavorare per raggiungere il livello di disprezzo per la verità e di interesse particolare mostrato dal tristemente noto caso del canale televisivo “A1” nei suoi giorni finali. Un canale poi chiuso d'imperio dal governo, principalmente perché a favore dell'opposizione e per aver abusato della sua posizione, con il proprietario finito in carcere con accuse di frode. La vicenda di A1 è un promemoria di quanto potere i media avevano in Macedonia fino a tempi recenti. Ma anche di cosa accade a chi decide di andare contro il governo.
Quei tempi sono passati adesso. Le voci del dissenso sono state silenziate, le menti libere censurate, gli intellettuali zittiti. A dire il vero anche l'intimidazione ha giocato un ruolo. Ma il grosso del lavoro per controllare i media è stato fatto attraverso meccanismi di corruzione.
La Macedonia ha bisogno di regolamentare in modo stringente il sistema in cui i fondi governativi per la pubblicità vengono spesi. È inoltre necessario avere regole chiare su cosa questi fondi possono andare a finanziare, e fissare un limite a quanto il governo può spendere in campagne pubblicitarie. Certo, far conoscere ai cittadini le attività del governo può essere importante. Ma non più importante e degno del finanziamento di scuole pubbliche e rete stradale.
Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell'Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Safety Net for European Journalists. A Transnational Support Network for Media Freedom in Italy and South-east Europe.
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