Secondo le autorità macedoni l'economia cresce poco perché non ci sono sufficenti investimenti esteri. E allora l'esecutivo lancia un campagna d'attrazione del capitale straniero
Dalla metà dello scorso gennaio il governo macedone ha lanciato un'aggressiva campagna per attirare nuovi investitori stranieri verso il "nuovo paradiso economico in Europa", la Macedonia.
Una delle maggiori cause della lentezza con cui cresce l'economia del piccolo paese balcanico è stata individuata proprio nel basso livello di investimenti diretti dall'estero verso la Macedonia, e per questo l'esecutivo ha deciso di correre ai ripari dando vita una serie di drastici cambiamenti nel settore fiscale.
Si parla di una forte riduzione delle tasse, di incentivi alle compagnie estere che investono in Macedonia e di una serie di campagne informative verso il mondo del business, condotte sulle pagine dei media leader nel settore, come l'Economist e il Financial Times. Il governo ha deciso di affidarsi inoltre a consulenti di livello internazionale, pagati per effettuare operazioni di lobbying nel mondo finanziario, con l'obiettivo di attirare capitali in Macedonia.
Diminuendo le imposte sui guadagni personali e d'impresa al 10% a partire dal 2008, (attraverso un abbassamento graduale al 12% nel 2007, contro l'attuale 18%) l'idea è quella di rendere la Macedonia il paese con la minor pressione fiscale in Europa.
L'iniziativa ha già suscitato reazioni nei paesi membri dell'Ue. La Commissione Europea ha già mosso i primi passi per verificare se gli enormi incentivi proposti dal governo macedone( terreni gratis per fini commerciali, esonero dall'obbligo di partecipare a gare d'appalto pubbliche per le grandi compagnie straniere) possano considerarsi una violazione delle regole del fair play economico in ambito europeo. In un recente dibattito nel parlamento francese, che ha avuto ampio risalto sui media macedoni, le iniziative intraprese da Skopje per aumentare la competivitità del paese, attraverso basso costo della manodopera e diminuzione delle tasse, sono state definite come il tentativo di creare "il nuovo idraulico polacco".
L'inizio della campagna è stato segnato dal lancio, nei cieli di Skopje, proprio sopra la sede del governo, di un dirigibile portante la scritta "Invest in Macedonia".
Ma l'iniziativa ha reali possibilità di riuscita? Oppure, si tratta per l'ennesima volta di "aria fritta", dopo le tante riforme annunciate e non portate a termine?
Alcuni fattori indicano che qualcosa si sta muovendo, ma nell'aria rimane un forte scetticismo. Molto è stato già scritto sulla scarsa capacità della Macedonia di attirare investimenti diretti dall'estero. Nel 2005 questi ammontavano a soli 116 milioni di dollari (contro i 260 milioni dell'Albania, ad esempio), ben 24 milioni in meno rispetto all'anno precedente. Il paese mantiene costantemente l'ultima posizione per questo indicatore in tutta l'Europa sud-orientale (Romania 6,3 miliardi di dollari, Bulgaria 2,2 miliardi, Croazia 1,6 miliardi, Serbia 1,4 miliardi, Bosnia 300 milioni).
Se guardiamo lo sviluppo da una prospettiva storica più ampia, dall'inizio della transizione le cose sono rimaste più o meno le stesse, con un investimento complessivo negli ultimi 15 anni di appena 1,4 miliardi di dollari, la metà dei quali fanno riferimento a due privatizzazioni molto controverse, quella della compagnia telefonica e quella della società elettrica nazionale.
Il ranking economico della Macedonia come possibile destinazione di investimenti è rimasto, altrettanto stabilmente, come uno dei più bassi. "E' rischioso lavorare in Macedonia e collaborare con aziende del posto", "Macedonia, raccomandata solo ad investitori che hanno voglia di rischiare", sono solo alcune delle definizioni del paese che è possibile ritrovare nelle guide internazionali per investitori.
Ma perché nessuno vuole investire in Macedonia?
"Direi che il principale ostacolo è l'amministrazione pubblica, che al momento non è in grado di rispondere alla sfida, mancando della necessaria capacità, ed è questa probabilmente la ragione per cui così tanti negoziati con potenziali investitori esteri non sono andate a buon fine", è il giudizio di un esperto internazionale impegnato in Macedonia.
Il paese è piccolo, e con una recente esperienza di conflitto, il mercato poco interessante, la buracrazia lenta, corrotta e inefficiente. Come se questo non bastasse, gli investimenti stranieri sono stati spesso attivamente scoraggiati nel passato. Il modello di privatizzazione scelto dalla Macedonia negli anni '90 è stato di tipo prevalentemente protezionistico, e i vecchi manager (che non avevano liquidità) hanno potuto privatizzare la maggior parte delle compagnie pubbliche. Spesso, però, gli stessi manager sono stati incapaci di gestire le aziende nelle nuove condizioni di mercato. Questo ha portato ad un enorme crescita della corruzione, e ad incassi insignificanti da parte delle aziende.
Le grandi compagnie straniere che hanno intravisto possibilità di investimento nel paese, sono state scoraggiate dall'ostruzionismo di interessi locali, che sono riusciti facilmente a rallentare ogni processo decisionale negli oscuri labirinti della burocrazia macedone.
Altre volte, invece, è stata la più totale incompetenza a fermare gli investimenti
Recentemente Dragi Velev, sindaco di Gevgelija, cittadina a pochi chilometri dal confine con la Grecia, divenuta negli ultimi anni un centro del gioco d'azzardo, ha protestato dichiarando che la città rischia di perdere 200 milioni di investimenti da parte di operatori economici greci perché il governo centrale ritarda nella concessione di terreni agli investitori. In Macedonia, infatti, a decidere sui terreni da costruzione è il governo di Skopje.
"Non riesco a capire perché la competenza sulle costruzioni è ancora nelle mani del Ministero dei Trasporti e delle Comunicazioni", ha dichiarato Velev. "Abbiamo avuto gli stessi problemi col precedente ministro, uno che non sapeva nemmeno trovare Gevgelija sulla carta geografica, e che decideva sulle gare d'appalto sui lotti da costruzione nella nostra municipalità".
Molti ritengono che l'abbassamento delle tasse, da solo, non porterà automaticamente all'aumento degli investimenti. Ad essere egualmente importanti, se non di più, sono chiari diritti sulla proprietà e un'amministrazione trasparente.
"C'è bisogno di altre cose", ha dichiarato ad Osservatorio Vlado Dimovski, dell'Università di Lubiana, ex consigliere del governo macedone al tempo del governo social-democratico. "Innanzitutto di una chiara strategia, che definisca in che settori specifici bisogna lavorare, e poi, altro fattore cruciale, chiarezza sulla questione della proprietà sui terreni. Molti investimenti sono falliti proprio per la poca trasparenza nel settore".
"La politica fiscale non è la cosa più importante", è l'opinione di Gligor Taskovic, vice primo ministro e responsabile per gli investimenti stranieri. Con la sua esperienza in campo economico internazionale, Taskovic è uno degli elementi di punta della task-force governativa per l'attrazione di capitali. "Per le aziende è più importante trovare spazio per lavorare e manodopera qualificata".
Secondo Libor Krkoska, esperto dell'EBRD, "una diminuzione delle tasse è meno importante della trasparenza e della gestione della politica fiscale".
Almeno su un punto, tutti sembrano d'accordo. I vari governi succedutisi a Skopje hanno cambiato continuamente la politica fiscale, creando un clima di imprevedibilità: una strategia sicuramente perdente.
Alcuni passi in avanti, però, ci sono stati. Una grande azienda americana, la Johnson Controls, sta costruendo un grande impianto di produzione nella "free economic zone" di Bunardzik, vicino a Skopje, e un produttore di componenti automobilistiche inglese ha annunciato l'apertura di una nuova fabbrica in Macedonia.
Ma c'è bisogno di molto di più, per dimostrare che non si tratta soltanto di aria fritta.
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